Varietà di voci a Poestate e un dibattito con polemica finale
Due i punti forti della seconda serata di Poestate, il Premio omonimo che Armida Demarta ha consegnato ieri a Gilberto Isella, un riconoscimento dovuto ad una delle voci poetiche e critiche più originali e importanti in lingua italiana (peccato che manchi una precisa motivazione). Ricordiamo che giovedì c’è stata la consegna a Franco Buffoni. Sono sempre annunci che arrivano inaspettati agli stessi interessati.
E poi l’atteso dibattito serale già dal titolo provocatorio Cultura di stato e cultura indipendente tra autoreferenzialità e apertura – per una politica culturale armoniosa e realmente inclusiva atta a valorizzare lo straordinario potenziale culturale e artistico della Svizzera italiana. Sull’armonia e la disarmonia ha insistito molto l’organizzatrice. Invitati, hanno brillato per la loro assenza rappresentanti degli organi istituzionali, cantonali e comunali che ancora una volta hanno voluto sfuggire al confronto, coloro che decidono e dovrebbero anche promuovere cultura, dal DECS all’USI, alla Città di Lugano (solo il sindaco Borradori era presente in platea e alla fine è anche stato protagonista di un battibecco con la stessa Demarta). Com’è la situazione oggi, come vengono distribuiti i sostegni, con quali criteri? I principali interrogativi.
Ma procediamo per ordine, riferendo le opinioni dal palco. Con passione e ottimismo Marco Solari, partendo addirittura da Dante, ha patrocinato una idea di cultura fondata sul “fare”, più che sulle parole, “In principio c’è l’azione”, ed è quello che conta, il buono che c’è da noi viene da persone che hanno creduto nelle loro idee e che le hanno messe in pratica, hanno agito… Ha sottolineato il presidente del Locarno Film Festival.
Dal canto suo Renato Martinoni, già professore a San Gallo, si è trovato su entrambi i fronti, all’interno di commissioni che devono decidere e anche in qualità di richiedente di finanziamenti per libri e ricerche e più si ottiene, più si è apprezzati all’interno delle università, ha sottolineato. L’ideale per lui è sempre e comunque “un giusto equilibrio”: tra pubblico e privato; tra orientamenti locali, nazionali, internazionali (quindi occuparsi anche delle iniziative minime legate al territorio, non solo dei grandi progetti e, in questo senso, va bene anche una certa tanto denigrata politica ad “innaffiatoio”, salvando il merito, naturalmente); tra il vecchio e il nuovo, cioè tra tradizione e sperimentazione; tra grande e piccolo… Martinoni è contrario in ogni caso ad una regolamentazione troppo rigida e soprattutto: “la promozione va vista in termini di molteplicità e non di mode” (la questione “gender”, le minoranze, le donne ecc…).
Dall’altra parte della barricata si trovano gli artisti, coloro che propongono anche dei progetti, come un archivio online per rendere accessibile a tutti lavori di grandi fotografi, i cui nomi oggi sono sconosciuti soprattutto ai giovani, come Flammer… Esito? Progetto respinto, bocciato. Questa l’esperienza portata da Roberto Raineri-Seith, che è anche il curatore di LocarnoOFF, una sorta di amarcord di tendenze e personaggi in Ticino degli anni ’80 e ’90. Informandosi su quale fosse il meccanismo pe ottenere finanziamenti, la scoperta piuttosto preoccupante: tutti gli hanno risposto che ci erano arrivati attraverso conoscenze personali… E quello che ha auspicato è anche un ricambio più frequente delle persone che siedono nelle varie commissioni.
Dire Arminio Sciolli è come dire Rivellino che, dopo varie polemiche, è diventato un punto di riferimento “alternativo”, interessante e riconosciuto, grazie alla personalità del suo direttore e anche ai contatti personali sui quali può contare. A lui non è mai stato rifiutato nulla, perché non ha mai chiesto nulla! Anche se lui la vede come una “Guerra della cultura”, non crede all’innaffiatoio, non crede che gli scrittori debbano ricevere soldi… Lui è dalla parte dei deboli pur avendo portato e a costo zero grandi nomi a Locarno. Quindi si è fatto anche difensore di Poestate, in questo dibattito.
Noah Stolz, curatore e critico d’arte indipendente, ha parlato della sua esperienza con La Rada, di cui si è occupato per nove anni, ha promosso produzioni di film, piccole pubblicazioni, ha avuto un riconoscimento federale ma, come tanti, afferma che è difficile trovare un dialogo con il Cantone, con persone capaci di visioni. Motivazioni dei rifiuti: troppo sperimentale. Una malattia della provincia?
Sandra Sain, produttrice, responsabile di Rete Due ha raccontato che il ruolo della RSI non è quello di fare politica culturale ma divulgazione, sviluppare conoscenza e crescita culturale nel paese, cercando di coprire ogni genere, classico, popolare, giovane e collaborando con enti. Importante è la multivettorialità, cioè cercare di coinvolgere pubblici diversi. E proprio mentre sta nascendo il discusso Dipartimento Cultura e Società (solo la “cultura”, ci chiediamo noi, fa paura?).
Seconda tornata, in cui è stata rilevata l’importanza della messa in rete delle eccellenze, di fare insieme e di lavorare in ambito formativo (con le scuole, dando gli strumenti per beneficiare della cultura).
Il sindaco Maro Borradori, sollecitato, è intervenuto per portare anche l’esperienza positiva del LAC, all’inizio fonte di disturbo, oggi struttura inclusiva anche se non si può accontentare tutti. Ma Sciolli vede un forte dirigismo, uno scivolare verso le oligarchie. È a questo punto che il dibattito, finora tranquillo ed equilibrato, ha preso altri toni polemici, da parte di Armida che ha parlato di “inquinamento”, soprattutto preoccupata per le sorti di Poestate, perché non ha ricevuto ancora risposta dalla Città di Lugano per la prossima edizione. E si è lamentata, essendo il primo festival, imitato poi da tutti gli altri, di non ottenere i riconoscimenti che meriterebbe anche a livello finanziario. Accusata la città d’insensibilità, se Sciolli ha ribadito che questo Festival va salvato, Marco Borradori ha stigmatizzato questo piangersi addosso e la piega che stava prendendo il dibattito, un pro e contro Poestate. Anche da parte di qualcuno che seguiva dal fondo si sono manifestate voci di dissenso.
Ma di fronte a tutto questo e anche alle molte sedie vuote del Patio, ci si domanda: e il pubblico? E gli altri? Artisti o persone “comuni”? Manca questa parte, al di là dei progetti, dei finanziamenti, la cultura si regge sulle persone che la fruiscono, che partecipano, che la vivono. Ma purtroppo oggi il condizionamento è tale che si accorre solo quando c’è il nome noto e altisonante e questo vale per il LAC come per tutte le altre istituzioni, perché la verità è che attraverso, questo sì, un inquinamento mediatico, la gente non vuole più conoscere ma solo ri-conoscere.
La giornata di ieri non è solo stata il dibattito. Si è aperta alle 18 con Vincenzo Guarracino che ha presentato la raccolta di Gilberto Isella Arepo, entrando nel merito della lingua, della ricchezza delle citazioni, di una poesia che non ha paura dell’oscurità. Forse allargandosi un po’ troppo, il relatore, ha limitato la possibilità di lettura dei testi, visto il tempo limitato, perché Poestate è soprattutto questo, grande spazio alle opere stesse. Poi ancora Isella con Marco Vitale per la raccolta La poesia degli anni e le sue relazioni crepuscolari. Del premio a Isella si è detto. Sferico e Sara Sovrani si sono alternati nella Lettura dei geroglifici, opera del primo ispirata all’antico Egitto.
Il presente, l’attesa, il rimpianto, condotto da Francesco De Maria, ha messo a confronto due poetesse, la giovane italiana Chantal Fantuzzi, “alfieriana” appassionata, al punto da dedicarsi alla tragedia, nel nome della bellezza e dell’armonia, senza preoccuparsi del difficile anche in termini linguistici, e la moderna Daniela Patrascanu che vive nel Ticino, nota opinionista RSI. È stato quindi il turno dell’editore Mauro Valsangiacomo e dei curatori di Mercati generali del compianto Leonardo Marcacci, Daniele Bernardi e Massimo Daviddi, scoperta tardiva e omaggio ad un poeta di esperienza e valore, graffiante e malinconico. E poi, tra psichiatria e versi, in bilico, Giancarlo Stoccoro: Le parole della poesia. E Il deserto di parole di Michele Vannini (giovane esordiente presentato ancora da Isella, al cui centro c’è musica, natura, libertà e una modulazione di tipo classico) e Le parole come pietre di Gerri Mottis, appena uscito per le Edizioni Ulivo, il peso delle parole ma anche pietre reali come quelle del collegio ridotto in macerie, una memoria del territorio. In una varietà di generi, quasi un rap è il Dancing Queen di Luca Dattrino.
Altro momento alto della serata è stato quello con Cristina Castrillo che ha presentato, anzi dimostrato nel suo Scrivere con il corpo, uno spaccato del suo metodo di lavoro, di come si discosta da un pensiero tradizionale di un teatro che nasce dal testo, dall’autore. Cosa succede invece quando la parola non è più centrale, viene dopo, come un elemento tra gli altri, suggerito anzi dal gesto, dal movimento, dal corpo stesso? Con una lettura espressiva meno facile, più simbolica? È un po’ in fondo come la storia dell’arte, quando si passa dal figurativo a qualcosa che sembra meno riconoscibile ma che in realtà è più vero, perché non è solo una rappresentazione, descrizione, illustrazione della realtà, ma ne coglie il cuore, il senso profondo, ne trasmette l’autenticità dell’emozione. La parola allora è alimentata dal corpo, è il corpo che le dà forma, come all’origine.
Oggi ultimo appuntamento con Poestate, ancora in una varietà di stili, generazioni, personalità (www.poestate.ch)
Manuela Camponovo