Dedicare o dedicarsi?
Mi sembra non ci sia ormai giorno dell’anno che non sia dedicato a qualcosa.
Si tratta in parte anche di una moda creata dal marketing: cosa ormai non si farebbe per ottenerne un guadagno. Magari anche soltanto di immagine. Per cui mi/vi risparmio l’elenco.
Il 25 novembre è dedicato da anni alla violenza sulla donna. Benissimo. Mi chiedo però perché anche gli altri 365 giorni non siano dedicati alla violenza. Alla violenza su tutto: sui bambini e gli anziani; su gli animali, sull’acqua, sull’aria. Su tutta la natura che in ogni istante viene violentata. Ma poi perché un giorno dedicato alle donne e non uno anche agli uomini? Certo, capisco, la donna (la femmina) è per sua natura più debole dell’uomo (il maschio). Ma oggi, in mezzo a questa confusione di generi («generi misti») avrebbero ancora senso certe distinzioni di sesso? E poi siamo sicuri che anche gli uomini non vengano a volte violentati, in certi casi proprio dalle donne. In forme forse non così brutali, evidenti. Magari però in modi psicologicamente invisibili, sottili, mo non per questo meno distruttivi. Mi rendo conto della complessità e delicatezza del tema. E del rischio che corro, anche solo accennandolo, di passare per un bruto maschilista. Ma ci si è mai chiesti perché avvengono sempre più femminicidi (omicidi di donne)? Non dipenderà anche da una violenza in tutti i campi sempre più diffusa? Se ciò fosse vero, quali le origini, le cause,i motivi? E quali semmai i possibili rimedi?
Per capire alcune cose dovremmo forse riandare all’inizio del secolo scorso. Alla Prima guerra mondiale e al ruolo che vi ha svolto la donna. Con la scomparsa a poco a poco di una società patriarcale. Dovremmo ricordare il passaggio da una civiltà agricola a una urbana industriale. E l’affermarsi di donne in vari campi: Curie, Montessori… E Freud con la psicanalisi. Per poi fare un salto al ’68. Con la “liberazione sessuale” (la minigonna) e la “creatività al potere” (le barricate). Certo, schematizzo e semplifico al massimo. Ma questi sono stati alcuni topici momenti di passaggio. Senza naturalmente dimenticare la bomba atomica, la pillola anticoncezionale, la penna a sfera… e, per i cattolici, il Concilio Vaticano II.
A partire circa dalla metà del secolo scorso è poi iniziata la più grande trasformazione antropologica dell’essere umano: quella digitale (dall’analogico al numerico). Ora, in mezzo a tutta questa gran confusione mi sembra quasi normale che a qualcuno sfugga la bussola. Che qualche donna e/o uomo non sappia più come orientarsi in mezzo a un così rapido cambiamento. Con sostituzione/sovrapposizione di ruoli, di responsabilità, di autorità, di gestione dei poteri.
Ricordo come alcuni decenni orsono pontificassero psicologi, sociologhi, pedagoghi di ogni scuola e tendenza, ma sopprattutto da sinistra. Professoroni che dall’alto degli scranni della loro garrula scienza dispensavano a larghe manciate umanistico sapere. Orbene, dove sono finiti oggi tutti questi guru del tempo della pacifica e allegra convivenza? E da chi sarebbero stati rimpiazzati, sostituiti questi soloni. Da qualcuno in cerca a sua volta di poter fare oggi soldoni…?
Orio Galli