Mediocrità mediatica

Orio Galli, galligrafia "Costruiamo per secoli, distruggiamo per sempre"

Orio Galli, galligrafia “Costruiamo per secoli, distruggiamo per sempre” (Stanislaw Jerzy Lee).

Ormai oggi a farla da padrone in questo mondo in continua accelerazione sono i media elettronici: i padroni del virtuale. I nuovi killer che dall’America – dopo aver salvato l’Europa in extremis dall’ultima Guerra mondiale (e dopo averla invasa di dollari negli anni ’70 subito poi svalutandoli) – distruggeranno forse il Vecchio Continente con il colpo di grazia dell’arma del digitale. Ma attenzione ai cinesi, cari yankee: che chi di digitale ferisce domani magari perisce. Bel tema per “Scienze della Comunicazione”, professor Cantoni, non le sembra?

Ma chi fa oggi una seria critica ai mass media, soprattutto a quelli dell’ultima generazione, quella digitale; e a tutto ciò che sta loro attorno? Quasi nessuno, tanto siamo globalmente invischiati come mosche in quella micidiale rete: “la rete delle reti”. Anche i giornali cartacei – che sono diventati un po’ la Croce Rossa dell’Informazione dei nostri giorni – strizzano oggi l’occhio al Grande Fratello che tutto ingoia ed espelle in continuazione come un immenso buco nero in continua espansione. Così che pure sui giornali cartacei, come su i sopravvissuti due quotidiani locali, ce ne sarebbero di cose da dire, e anche di poco esaltanti. Ma per il momento – per carità d’Avvento – soprassediamo.

Passiamo invece al monopolio della nostra RSI. Nella sua bella rivistina “Cult” (mensile culturale di Rete 2) – un raro fiore per contenuto (testi) e forma (grafica) in mezzo a cotanta spazzatura – nel numero di questo dicembre mi ha colpito l’editoriale della produttrice Sandra Sain: “Darci del tempo… per non restare indietro”. Il testo contiene alcune osservazioni critiche che vale la pena di andaRSI a leggere. Posizioni in antitesi con certe strategie di programmazione/comunicazione da – tout va bien madame la marquise – del nostro massimo Ente Culturale di Servizio Pubblico (editore di “Cult”). Per ciò che tocca le mie competenze professionali legate alla comunicazione visiva trovo per esempio scadente – senza pensare a ciò che sarà costata – la “nuova” immagine grafica aziendale. Soprattutto in un paese come la Svizzera che nel campo del graphic design ha conquistato fama mondiale attorno alla metà del secolo scorso (in questi giorni in predicato per entrare a far parte del patrimonio immateriale dell’UNESCO). Quest’anno ricorre tra l’altro il centenario di fondazione del Bauhaus. Perciò ho scritto alla signora Sain: «…non vedo l’ora che, in mezzo a tale intasamento multimediale a livello planetario, si affoghi finalmente tutti abbracciati nella massima allegria». Sono in attesa di un riscontro.

Orio Galli

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