Arte come scienza del pensiero
Sferico è un artista con un suo tratto distintivo, una sua particolare attitudine esistenziale che lo caratterizza, per il suo modo di pensare, di creare, di plasmare, di vivere l’arte fino in fondo, ma soprattutto di essere la persona che è, nella sua espressività, fuori dagli schemi, spogliata dai condizionamenti e così intrisa di umanità. Perché il suo credo di vita vissuta e spirituale è autentico, lontano dalle tendenze, dal materialismo, dalla vacuità. Sferico personalizza il suo modo di vestirsi, la sua musica pop, la quotidianità che non affronta mai senza darle un senso, senza riferirsi a qualche cosa di più elevato, e di più eccelso. Il suo sguardo, celato dietro le lenti scure degli occhiali, non perde mai di vista l’essenziale, la bellezza delle cose, la loro collocazione in un universo che guarda con stupore e ammirazione.
Ha fatto la gavetta a Parigi in un crescendo espositivo tutto francese, sperimentando la potenza della pittura, della scultura e del design, aspetti questi che ha affinato attingendo alla carica espressiva del suo stile. La dimensione del viaggio, di mobilità, per Sferico, ha una valenza di vitale importanza per non smettere di crescere. Già adolescente parte per il Medio Oriente, lavorando nei campi archeologici di Chorazim vicino a Cafarnao, in Israele. Attualmente realizza grandi sculture in basalto, marmo e arenaria in Vietnam, mentre ha scelto Venezia per aprire il suo atelier nel sestiere di San Marco.
Hai inventato lo Sferismo perché cercavi un nuovo linguaggio?
Lo Sferismo è una conseguenza naturale del mio lavoro artistico. Il volere blocca l’atto creativo, l’arte appartiene al respiro che aleggiava sugli oceani nella genesi, non possiamo imprigionare il soffio creativo in un pensiero razionale. Lavori e cerchi di migliorarti attraverso materia e pigmenti. Non decidi tu di fare l’artista, capita come una missione da compiere.
Lo Sferismo esprime rotondità in corpi armoniosi. Utilizzi dei colori specifici per ogni significato?
Idealizzo i corpi in una linea flessuosa che serve a condurre l’occhio attraverso la narrazione del tema. L’“uomo sferico” è ogni persona completa del cielo. I colori hanno valenze simboliche corrispondenti all’atto percettivo.
Sei confinato per lunghi periodi in solitaria nel tuo atelier. Per produrre un’opera ci impieghi anni. La tua è una ricerca nel tempo?
Il mio lavoro è di trincea e non concede distrazioni, nemmeno quando hai fame o sonno. Sì, per lunghi periodi sparisco dalla circolazione. Creare il nuovo, e parlo anche di linguaggio, costa ricerca ostinata, molta concentrazione e abbandono, non devi arrenderti anche se tutto ti ostacola, come un combattente per una buona causa. Capita che, dopo molte bozze per tentativi di una figura, esasperato lasci correre e, quando meno te l’aspetti, la matita completa la parte mancante e ti accorgi che sono le 4 del mattino e non hai mangiato da 12 ore filate.
Perché in Ticino fai fatica a farti ascoltare?
Sono scomodo, non scendo a patti con il mondo, immettendo furbate nelle opere come scimmiottare le news per fare altre news, come è in uso oggi. So di essere un selvaggio. In più sono ticinese…
Cosa intendi per furbate?
Concentrare gli sforzi sul marketing, anziché su una ricerca umanistica-artistica, che costa inventiva e sforzi costanti. Ed è un vero peccato perché si crea un’arte artificiale d’ufficio, vuota. Oggi non si spendono più 4 anni su uno stesso dipinto. Un tempo le opere avevano una storia intrinseca, io cambio di continuo per ottenere equilibrio, l’opera deve vivere, soffrire, cambiare fino al raggiungimento della maturità o pienezza. Spesso riprendo lavori già ultimati, stravolgendoli.
C’è una forte dimensione spirituale nelle tue opere, un richiamo all’infinito, cosa ti guida in tutto questo?
Se ti abbandoni puoi lavorare disinteressato e operare per il bene collettivo della conoscenza. L’infinito si concretizza per facoltà propria, noi si può essere solo più o meno aperti alla sua bellezza dirompente.
Come si fa a intuire e a dare forma all’infinito, come si fa se si intuisce Dio a rappresentarlo?
Dio non è un’astrazione, al Nazareno dobbiamo la rivelazione del cielo. In una scultura ho figurato Dio nell’atto di creare la terra. È naturale “immaginare” il Creatore.
La filosofia si basa su idee e su concetti. Nella tua arte che posto occupa la filosofia?
Ho dato origine alla Pittura Filosofica perché il dipingere contemporaneo dovrebbe almeno corrispondere alle scoperte operate nel campo scientifico, mistico, filosofico. Invece si è rimasti fermi a una visione materialista. L’arte stessa dovrebbe essere scienza del pensiero.
La scienza però, nella sua accezione, implica un procedimento. L’arte non dovrebbe essere espressione di tutto ciò che è libertà e rifiuto delle convenzioni, al di fuori di qualsiasi raziocinio?
Non si può creare arte con il solo istinto, ci vuole tanto lavoro e costanza. Nel passato gli artisti facevano una trentina di opere e le approfondivano, oggi si predilige restare in superficie.
A cosa stai lavorando? Ci sono nuovi sviluppi nella tua arte?
Sto ridisegnando e realizzando modelli-pilota per una sedia “Music” che avevo realizzato con una falegnameria di Parigi, erano vendute nelle gallerie francesi in colori pastello e forma organica, in più erano comode. Ho approfondito il design per estetica e funzionalità. Siamo in produzione ora.
La prima esposizione a partire sarà quella di Wuhan, che era stata rinviata per il coronavirus. Sto tornando alle mie canzoni di musica pop, sto riscrivendone le liriche, nel frattempo ho scritto molto e i tempi si sono accelerati in messaggi urgenti. Ho in cantiere due libri, uno ha uno spessore consistente accumulato a furia di scrivere, correggere o cestinare e rifare, sono racconti stringati di mistica per il tempo che stiamo vivendo e vivremo, il titolo ancora non lo conosco. L’altro è Sferismo & Pittura Filosofica sarà interamente a colori, nel quale tratto approfonditamente tre tele. Con la gioia del traduttore inglese ho già cambiato quattro volte tutti i testi e sono piuttosto articolati….
A che punto siamo con l’arte contemporanea?
A punto e a capo.
Chi gestisce il mercato dell’arte?
Il mondo della finanza ha messo mano sull’arte, così si è mutata in solo business d’investimento e manovre su artisti-prestanome. Serve al riciclo di denaro, a muovere capitali e altri trucchetti vecchi come il mondo. Per questo nascono “opere fantasma” o assenti di umanità correlate da lunghi testi di critica… oppure oggetti quotidiani decontestualizzati posti su basamenti museali sono fatti passare per arte. Per questo l’arte agonizza, non c’è più meraviglia, i troppi soldi uccidono la creatività in favore di un prodotto seriale.
Qual è il ruolo dei curatori?
Spesso si sostituiscono agli artisti, l’artista ubbidisce al curatore, io non ho firmato contratti che avrebbero potuto mettere fine, sì, alla precarietà con una produzione forzata in centinaia di dipinti e sculture all’anno, ma anche alla fondamentale ricerca artistica.
È il mercato che decide cosa è arte e cosa non lo è?
Sì, l’arte è come un vaccino, se si può utilizzarla per farci della grana la si fa passare. Deve costare poco in produzione, il resto lo si crea attorno. Sono manovre speculative studiate da staff di marketing che compiono ricerche di mercato e affini.
Quando l’arte è un’industria come lo è oggi dove va a finire l’intuizione?
Non c’è né spazio né tempo per un fattore che assorbirebbe troppo dispendio di energie e tempo.
Hegel dice che l’arte disaliena, e si basa sull’intuizione. Lui già diceva che l’arte è morta…
L’arte è morta poco dopo la conclusione della seconda guerra mondiale con slogan come “tutto è arte”… Ora raccogliamo i risultati di un’arte qualunquista, non c’è più ricerca di linguaggi artistici possibili, o perlomeno non si scrive più una lingua parlata. Solo concetti astratti realizzati da terzi.
Nicoletta Barazzoni