Andreotti, gli ultimi misteri nei diari

Gli attesissimi diari dell’ex presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti sono finalmente pubblici, editi da Solferino e curati dai figli Stefano e Serena.

Giulio Andreotti in un’immagine del 1987.

I rapporti con Gianni Agnelli, Bettino Craxi, Enrico Berlinguer, Sandro Pertini, ma anche con leader stranieri come Ronald Reagan, Fidel Castro, Mu’ammar Gheddafi o Michail Gorbaciov. Le missioni internazionali, il terrorismo, il Medio Oriente, i grandi temi dell’economia e le polemiche della politica italiana. C’è un pezzo della storia del Novecento nel libro I diari segreti. Giulio Andreotti, in uscita oggi con Solferino. Migliaia di appunti presi giorno per giorno dall’ex presidente del Consiglio, figura centrale della Seconda Repubblica, che raccontano tanto della sua personalità, ma contengono anche riferimenti a questioni politiche di cui si dibatte ancora oggi.

Si discute del numero dei parlamentari. Sono troppi? Quale è il riferimento con gli altri Paesi, eccetera – scrive ad esempio Andreotti nel 1986, su un tema di strettissima attualità -. Fa impressione in effetti il rilievo che lo stesso lavoro è compiuto a Palazzo Madama da 323 persone e a Montecitorio da 630. Ad un capo di Stato che domandava quante persone lavorassero in Vaticano Giovanni XXIII rispose «la metà»”.

Il libro, curato dai figli Serena e Stefano Andreotti con un’introduzione di Andrea Riccardi, fornisce uno spaccato della storia italiana dal 1979 al 1989 attraverso i pensieri privati e mai pubblicati prima dell’uomo che per mezzo secolo ha dominato la vita politica italiana.

In occasione del viaggio a Mosca per la morte di Andropov nel febbraio 1984, Andreotti racconta il viaggio in aereo, con immancabile scopone, con Pertini e Berlinguer, rimasto allibito quando, nella gelida Piazza Rossa, il rappresentante degli scrittori ha reso grazie al defunto perché “aveva insegnato loro quel che dovevano scrivere e quel che non dovevano scrivere”.

Nello stesso anno un vertice con Gheddafi, che, ricordando il suo anticomunismo, gli consegna due suoi libri pregandolo di portarli a Reagan. Poi ancora l’incontro con Madre Teresa e un rosario recitato insieme, descritto come “un momento di paradiso”.

È invece del 1981 l’incontro con Fidel Castro, che lo ringrazia per per aver visitato i luoghi storici del loro movimento. “Ringraziamento quest’ultimo non meritato – precisa Andreotti -, perché la scelta di trascorrere la domenica a Santiago invece che alla spiaggia di Varadero è stata dettata dal timore che il sole e il mare (peraltro bellissimo) mi accentuassero l’abituale emicrania”.

Spaccati di vita pubblica, ma anche considerazioni sul suo carattere, come nell’appunto nel quale risponde alle accuse di cinismo rivoltegli da un politologo alla moda su un quotidiano. “Secondo il dizionario Palazzi, cinico vuol dire sprezzante, beffardo, indifferente. Sono categorie nelle quali non mi riconosco – scrive in un appunto -. Il suddetto politologo però ha modo di informarsi della verità dei fatti senza uscire dalla sua casa editoriale dove non erano certo estranei personaggi più che competenti in proposito, che io ho avuto il privilegio di non conoscere. Anche l’indifferenza del cinico ha un limite”.
(Fonte: ANSA).

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