Como candidata all’UNESCO Creative City
Il progetto Città creative dell’UNESCO nasce nel 2004 con lo scopo di unire una lista di città che hanno fatto della creatività il motore dello sviluppo economico. La Rete delle Città Creative dell’Unesco è stata creata per promuovere la cooperazione tra le città che hanno identificato la creatività come elemento strategico per lo sviluppo urbano sostenibile ed è divisa in sette aree corrispondenti ad altrettanti settori culturali (Musica, Letteratura, Artigianato e Arte Popolare, Design, Media Arts, Gastronomia, Cinema). Delle attuali 180 Creative Cities che già sono state riconosciute, 9 sono italiane (Roma per il cinema, Alba e Parma per la gastronomia, Bologna e Pesaro per la musica, Fabriano e Carrara per le arti popolari e l’artigianato, Torino per il disegno industriale, Milano per la letteratura). Al primo posto in Europa si trova il Regno Unito con dieci città. Ma nel mondo il Regno Unito è appena superato da Cina e Stati Uniti che si contendono la palma. D’altra parte, nella scelta contano anche i criteri geopolitici. La Germania ne conta comunque quattro, come la Francia e il Portogallo, sei la Spagna. Per il prossimo bando ogni nazione potrà come al solito presentare al massimo due candidature di città, non nello stesso cluster. Dunque, la prima selezione sarà a livello nazionale per scremare i “contendenti”. Per l’Italia è stata ufficializzata questi giorni la candidatura di Como per l’Unesco Creative City, mentre già si è parlato delle ipotesi di Bergamo per la gastronomia e di Biella. Nel mese di febbraio ci sarà il bando Unesco e a giugno l’ufficializzazione delle candidature mondiali presentando sintetici dossier predisposti mentre per fine anno è attesa la scelta dell’Unesco. La candidatura di Como, presentata questi giorni dal sindaco della città lariana Mario Ladriscina, poggia le sue basi storiche e artistiche sulla magia della seta, coi i suoi artigiani, l’eccellenza del suo design, simbolo di qualità, prestigio e raffinatezza a livello internazionale. L’eccellenza in questo campo contraddistingue Como dalla fine del 1400 quando sotto il ducato di Milano guidato da Ludovico il Moro, la città avviò la produzione della seta. I primi documenti che ne attestano l’arte, e i resti di opifici risalgono al 1510, ma da secoli ormai Como è la capitale mondiale della seta. Ricordiamo per inciso come anche Renzo e Lucia nei Promessi Sposi di Manzoni erano operai della seta. Tra l’altro, Como è l’unica città al mondo con un bellissimo Museo della Seta dove è documentato il ciclo completo della lavorazione del tessuto di seta dal baco fino alla nobilitazione. È l’unica città con una scuola dedicata (il Setificio) fondata 150 anni fa (nel 1868) che promuove corsi unici. Ha oggi legami con l’Università di Chimica e il Centro Volta. Resta il solo distretto dove la filiera della seta è presente dal primo all’ultimo passaggio, prima di arrivare nelle sartorie e griffes della moda in tutto il mondo. Per presentare la candidatura, si è svolta questo mese la manifestazione La luce di Volta illumina la seta, l’arte della lavorazione serica alla presenza di rappresentanti di quattro città già presenti nel gremio delle Creative Cities Unesco. La via della seta, dalla lontana Cina anche oggi ha un vaglio insostituibile a Como, tra le città più belle al mondo e porta verso la Svizzera e dei maestri campionesi ove si coltiva la cultura della bellezza. I primi ambasciatori nel mondo di Como non a caso furono gli imprenditori tessili che nella valigetta dei campionari accompagnavano nel mondo le immagini del Lario illustrando la cultura del lavoro e le trasformazioni in opere d’arte. Paesi addirittura nacquero attorno alle fabbriche seriche. A metà del ‘700, il 25% del reddito agricolo comasco proveniva dall’allevamento dei bachi da seta. Nella metà dell’Ottocento a Como erano attive 800 filande che lavoravano 2500 tonnellate di bozzoli l’anno e vi erano inoltre 2200 telai a mano per una produzione di 2 milioni di metri di tessuto. Insomma, la seta per Como non è solo un prodotto di eccellenza per camicie, drappi, foulard e cravatte, ma una cultura. Tradizione, formazione, qualità, bellezza, ricerca e innovazione sono i caposaldi della candidatura di Como tra le città creative dell’Unesco.
Corrado Bianchi Porro