Lettura, danza e percussioni per la Eva di Mark Twain
Multimediale e multidisciplinare, per un trittico di donne (da 8 marzo ma per fortuna siamo in aprile: come dire, l’altra metà del cielo va ricordata anche il resto dell’anno…) è la nuova produzione di Patrizia Barbuiani che ha debuttato ieri al Teatro Foce di Lugano. Accompagnata da due bravissime artiste, Veronica Torre, alla batteria e percussioni, Donia Sbika alla danza. Una fila di mele sul proscenio (che Sbika, ad un certo punto distribuirà in platea). Una mela su un fascio di bastoni come simbolico albero. La regista e attrice ha letto un forse meno noto racconto di Mark Twain, Il diario di Eva, dedicato alla proto-icona del femminile che, in una visione terrestre e laica, con ironia, sottigliezza e allo stesso tempo profondità, viene riscattata dai giudizi negativi da cui è condannata per la sua colpa originaria. Qui, lei si sente un esperimento, un prodotto da laboratorio e descrive il mondo, gli atti biblici, le stelle, la luna che scivola sempre fuori dall’immagine, dal disegno, come una scenografica finzione architettonica, come fosse su un palcoscenico di cartapesta. Ma i suoi sentimenti sono reali, è narcisista, un po’ frivola, ambiziosa e civetta, romantica, irrefrenabile chiacchierona (secondo gli stereotipi), però dotata di una perenne curiosità e amante di ogni aspetto della natura, dai fiori agli animali, per la semplice passione e contemplazione della bellezza che l’affascina prima di trovarne qualsiasi utilità. Non solo scopre il mondo ma lo inventa e lo nomina per i suoi interessi ma anche intuizioni linguistici. È a lei che si deve il fuoco anche se non sa ancora che farsene, ma è bello il fuoco, con le volute di fumo, la brillantezza della fiamma…
Al suo confronto, l’uomo, quando appare, le sembra un rettile, rozzo, poco intelligente, persino pauroso, indifferente ed egoista, intento al possedere e non all’essere, alle sue attività che solo devono produrre, ottenere dei risultati, avere uno scopo, incapace di capire le ragioni del cuore o del semplice godere contemplativo, le virtù dell’ozio. Patrizia Barbuiani, dalla sua postazione, legge, sottolineando con incisività le sfumature del testo nei passaggi sarcastici come in quelli più riflessivi; fanno da alternanza o da ulteriore sottolineatura le sonorità evocanti, visto che siamo all’inizio del tutto, echi tribali, ora più cupe ma in certi momenti di sogno e chiarezza, dolci e sibilanti con notevole plasticità. Quando la voce tace, ecco la danza interpretativa, anche mimica di Sbika che sembra possa fare qualsiasi cosa con la duttilità del proprio corpo, s’alterna tra la leggerezza fisica e farfallina, imitativa di Eva e la brutalità troglodita, scimmiesca di Adamo. Il pubblico, molte donne in platea, ride alle descrizioni sia testuali, sia coreografiche, del maschio, dando così la sua adesione, perché probabilmente conoscono il tipo, ne hanno già incontrati… La comicità scaturisce dalla somiglianza, anche.
Rivestendo la narrazione di un significato più marcatamente politico, la regista utilizza anche un video sul quale compaiono scritte, aforismi di donne oppure frasi che riportano le statistiche attuali di ogni tipo di violenza di cui sono vittime, e volti di figure rappresentative di tutta la storia dell’umanità, artiste, scienziate, eroine, nei millenni… Dalla capostipite in poi…
Ma dopo la caduta, quando tutto sembra perduto, ecco l’amore, lei ama quell’essere con il quale aveva giocato a rimpiattino attraverso un primitivo corteggiamento, spie e spiati, inseguito e seguiti. Ma quando scatta la scintilla, nulla sarà più come prima, lei dichiara assoluta devozione, lo amerà anche per i suoi difetti, anche se non è un granché, non è gentile, non è delicato, e se fosse peggio di quello che è lo amerebbe comunque, disposta a subire tutto da lui, ad ogni sacrificio, anche se la picchiasse, se la maltrattasse, solo perché è l’inevitabile legge dell’amore (magari questo messaggio, alla luce della nostra contemporaneità, sarebbe da evitare). E siamo a quarant’anni dopo e lei l’unica cosa che chiede è di morire per prima se non si potrà farlo assieme, perché non potrebbe sopportare di vivere senza di lui. Sarà accontentata. Il racconto termina con le parole di Adamo sulla tomba di Eva, con quella che è considerata tra le più belle dichiarazioni d’amore di un uomo: Ovunque lei sia stata, quello era il Paradiso.
Non moltissima gente ma applausi convinti Per Il diario di Eva – 3 donne sound drums dance 3 mele. Si replica oggi alle ore 20.30 e domani alle 18.00, sempre al Teatro Foce di Lugano.
Aggiungiamo che l’eclettica Patrizia Barbuiani è anche scrittrice: è appena uscito il romanzo Il canto degli antenati (Memoranda, Edizioni Ulivo di Balerna), composto da due piani, il diario di un cantante lirico che ripercorre la sua vita a ritroso e, in forma narrativa, la storia della sua famiglia emigrata dal sud Italia in Svizzera, all’inizio del secolo scorso: “le voci dei personaggi come note su un pentagramma di linee temporali, spaziano nei luoghi e nel tempo liberandosi da silenzi costrittivi e da segreti generazionali”. Il romanzo sarà presentato sabato 13 aprile (ore 17:30) a Villa Saroli (Viale Stefano Franscini 9), con la partecipazione della stessa autrice, Patrizia Barbuiani, dell’onorevole Roberto Badaracco (titolare dicastero Cultura, Sport, Eventi di Lugano), di Alda Bernasconi (editrice Edizioni Ulivo) e dell’attore Daniele Bernardi.
Manuela Camponovo