Addio Sergio Fantoni, gentiluomo e attore del cinema e del teatro

È scomparso ieri Sergio Fantoni, una di quelle figure che fanno dell’interpretazione un’arte tanto raffinata quanto invisibile.
Apprezzato e incoraggiato da maestri autorevoli come Luchino Visconti, agli inizi puntò su Cinecittà dove gli fu maestro un artigiano di solida esperienza come Pietro Francisci che lo iniziò ai film spettacolari, peplum o avventura che all’inizio degli anni ’50 erano prediletti dal pubblico e attiravano a Roma anche i produttori americani. Di lì a poco sarebbe cominciata l’epoca della “Hollywood sul Tevere” e Sergio ne avrebbe approfittato per farsi apprezzare, imparare l’inglese, creare alternative ai personaggi stereotipati dei B-movies italiani. Già nel 1954 Visconti lo chiamò per Senso e cinque anni dopo con Nella città l’inferno di Renato Castellani cominciava per Fantoni una seconda carriera nel miglior cinema italiano. Intanto a teatro era ormai un protagonista e pur approfondendo i classici o Shakespeare mostrava sempre più curiosità per gli autori moderni, da Pirandello a Beckett, da O’Neil a Tom Stoppard.

Sullo schermo è stato amato da Rossellini, Maselli, Damiani, Montaldo e molti altri, anche se la sua popolarità cresceva grazie a quasi tre anni spesi a Hollywood all’inizio degli anni ’60 lavorando con Blake Edwards e Mark Robson. E ha prestato la sua voce a divi come Marlon Brando in Apocalypse Now, Henry Fonda in Meteor, Rock Hudson in Il gigante e Ben Kingsley in Gandhi.

In quello stesso decennio Sergio Fantoni è stato anche tra i primi a capire le potenzialità della televisione e sarebbe diventato presto (alla scuola di Anton Giulio Majano) un protagonista popolarissimo dei grandi sceneggiati. Così entrò nelle nostre case per non uscirne più, tanto che la sua ultima interpretazione fu quella del maestro di violino Barreca per la prima serie del Commissario Montalbano nel 1999, nell’episodio La voce del violino. (Fonte ANSA).

 

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