Bixio Candolfi: un uomo in ombra che fece la differenza

Giovanni Orelli e Bixio Candolfi.

«Bixio Candolfi è tra coloro che per tanti anni si sono preoccupati (non sono molti), e ancora si preoccupano di migliorare il cosiddetto “linguaggio della tribù”, cioè di migliorare la convivenza civile nel paese: l’onesto e retto conversar cittadino desiderato da Giacomo Leopardi» – così Giovanni Orelli in un articolo di Politica nuova, uscito il 24 novembre 1989, in occasione dei settant’anni di Bixio Candolfi.

La mostra Da Comologno al mondo, Bixio Candolfi senza confini. Omaggio a cento anni dalla nascita, inaugurata il 25 novembre alla Biblioteca Cantonale di Lugano e aperta al pubblico sino all’11 gennaio, riprende la tradizione orelliana, ossia quella di omaggiare Bixio Candolfi al cadere dell’anniversario di nascita. Il noto scrittore e poeta svizzero gli dedicò infatti alcuni articoli anche in occasione dei suoi ottant’anni (Regione) e novant’anni (Giornale del Popolo); non riuscì però a celebrare i cento anni di Candolfi, essendo scomparso poco dopo aver festeggiato i 99 anni, con doppio dispiacere: Danilo Baratti, curatore della mostra, durante la conferenza svoltasi per l’inaugurazione, ha infatti sottolineato che Candolfi aveva ben fermo il valore di quel numero simbolico, sperando di arrivare ai cento anni, età che avrebbe raggiunto il suo bisnonno.

Da sin.: L. Falobba, B. Candolfi, F. Conti, F. Primavesi, 1959.

L’allestimento – la cui realizzazione ha visto anche la collaborazione di Patrizia CandolfiDiana Rüesch e Karin Stefanski – si propone di far conoscere al grande pubblico la figura di un uomo umile, che fece la differenza agendo dietro le quinte. Nato nel 1919 a Locarno, Candolfi fu un lettore vorace e un appassionato di cinema, docente di lingue e produttore di programmi culturali.

Nel 1942, in piena guerra, è docente di lingua alla Scuola commerciale di Chiasso, e inizia la sua collaborazione con la Radio della Svizzera italiana, dove crea e adatta radiodrammi, promuove programmi culturali e concepisce con Gabriele Fantuzzi la fortunata trasmissione La costa dei barbari, la più longeva della storia della RSI. Pensata come una «guida pratica e scherzosa per gli utenti della lingua italiana», il visitatore della mostra alla Cantonale può saggiarne i contenuti, essendo qui esposti numerosi copioni della trasmissione, documentazione a stampa, lettere degli ascoltatori e una selezione dal fondo librario di oltre duecento volumi di linguistica.

Atti a promuovere un illuminato concetto di pedagogia radiofonica sono anche i Corsi serali, proposti alla radio nel 1946, e a cui saranno affiancati dal 1950 anche i Corsi di cultura, realizzati grazie a una fitta rete di contatti-amicizie che Candolfì strinse con importanti intellettuali dell’epoca. Vittorio Sereni, Carlo Bo, Giuseppe Ungaretti, Aldo Borlenghi, Sergio Solmi, Pio Fontana, Ettore Lo Gatto… sono solo alcune delle amicizie dell’indimenticato Candolfi, testimoniate in parte nelle bacheche della mostra, arricchita inoltre da alcuni pannelli che ripercorrono le fasi salienti della sua carriera.

 

Alcuni documenti della mostra alla Biblioteca Cantonale.

Fino alla metà degli anni ’50 l’intellettuale locarnese è molto attivo nell’adattamento per il microfono di opere letterarie (in cui spiccano le sue preferenze per autori quali Stevenson, Hemingway e Saroyan) e di film (da Rossellini ad Hitchcock). Candolfi «ha saputo declinare le esigenze del grande pubblico con una grandissima professionalità», ha commentato Raffaella Castagnola Rossini, Direttrice della Divisione della cultura e degli studi universitari del Cantone Ticino. «L’uomo dalla matita rossa», ha aggiunto l’economista e giornalista Silvano Toppi, ricordando una maligna definizione di un collega di Candolfi, era un «fautore della buona lingua», un grande ed abile promotore culturale.

Dopo il ciclo sui pellerossa, scritti per la Radioscuola, nel 1963 Candolfi inizia a collaborare alla televisione. Quattro anni dopo assume la carica di direttore del settore culturale; nel 1977 è nominato direttore dei programmi radiotelevisivi, incarico che ricopre fino al pensionamento, nel 1984.

A partire da questa data, ha sottolineato lo storico Danilo Baratti, il mondo radiotelevisivo si è trasformato «da fucina creativa» ad azienda «poco attenta alle relazioni personali», non puntando più all’«intrattenimento formativo» ma alla «soddisfazione del cliente». Questo regresso è determinato sì da dinamiche di portata planetaria, sottolinea Baratti, ed era già in atto al momento del pensionamento di Candolfi, ma questi vi ha sempre opposto resistenza, promuovendo un’informazione di qualità.

Si segnala che la RSI in occasione della mostra ha realizzato un corposo dossier online, con documenti radiofonici e televisivi conservati nelle Teche RSI, relativi a Bixio Candolfi: laNostraStoria.ch

Lucrezia Greppi

n/a