“Como in ogni senso”: Dal cinema muto al cinema sonoro
Complice la bellezza della location scelta, l’interesse degli argomenti trattati, il potere coinvolgente ed evocativo dell’orchestra, l’abilità dei cantanti lirici, e perché no, l’eleganza dei loro abiti, che insieme all’esecuzione dal vivo delle canzoni d’epoca hanno trasportato il pubblico in atmosfere di altri tempi, il Festival multidisciplinare “Como in ogni senso” – realizzato in partenariato con il Gruppo Caronte e l’Associazione Giosuè Carducci – ha fatto decisamente il centro.
Stasera canta il cinema. Dal cinema muto al cinema sonoro, è questo il titolo del secondo appuntamento, svoltosi nel Palazzo Lambertenghi di Como. Precisamente, l’evento è avvenuto nella Sala Recchi, sul cui soffitto campeggia uno splendido affresco seicentesco, realizzato dai pittori comaschi Giovan Battista e Giovan Paolo Recchi, attivi nelle zone del comasco e della Valtellina. A chiarircelo è stato il Prof. Manlio Siani, il quale ha esaurientemente soddisfatto ogni curiosità del gremito pubblico. Dopo aver fornito qualche delucidazione sui Lambertenghi, illustre famiglia longobarda del comasco, il cui discendente più noto fu Luigi Renato Porro (che ebbe come segretario e precettore dei suoi figli niente di meno che Silvio Pellico), ha svelato al pubblico il significato iconografico del trompe l’oeil (posteriore al 1618). Attorno all’imponente affresco centrale, rappresentante la dea greca dell’Aurora, si susseguono dieci nicchie in cui sono contenute le personificazioni di: Luna, Marte, Mercurio, Giunone (con i capelli al vento, simbolo dell’aria), Venere (che cavalca un delfino, simbolo dell’acqua), Giove, Eros e Apollo, Saturno, Vulcano (dio romano del fuoco), Bacco (i cui lineamenti femminili ricordano Cerere, divinità della fertilità e della terra).
Si è poi entrati nel vivo della conferenza musicata con il Prof. Luigi Monti, che ha ripercorso i film novecenteschi di maggiore successo, non prima di aver specificato che «il cinema vide la luce muto», ossia con il cinema muto, periodo cinematografico riconducibile al periodo antecedente l’avvento del sonoro (1895-1930). In realtà, i film non erano del tutto “muti”, era infatti costume, dal grande teatro di città a quello di periferia, accompagnare le proiezioni con musica dal vivo, eseguita inizialmente da un pianista o da un organista, e, successivamente, anche da un’orchestra. In Italia, come all’estero, in origine si fronteggiano due sistemi di consumo delle immagini: il Kinetoscopio, giunto nella primavera del 1895, e messo a punto dallo statunitense Thomas A. Edison con la collaborazione di William L. Dickson (che consentiva la visione di un brevissimo film solo a uno spettatore per volta), e il Cinématographe brevettato da Auguste Marie e Louis Nicolas Lumière (che permetteva invece una visione collettiva tramite la proiezione delle immagini sul grande schermo), diffusosi nel dicembre 1896, e che ebbe maggiore successo. Uno dei film muti più noti fu Cabiria. Visione storica del terzo secolo a.C. (1914), diretto da Giovanni Pastrone con la collaborazione di Gabriele D’Annunzio: si tratta del più lungo e costoso film italiano dell’epoca, e il primo film straniero ad essere proiettato alla Casa Bianca.
Ad essere “coinvolto” nel primo film sonoro italiano fu un altro grande scrittore, Luigi Pirandello. La canzone dell’amore (1930) di Gennaro Righelli si basa infatti sulla novella In silenzio. La grande popolarità che ha accompagnato il film sin dalla sua apparizione è stata dovuta in parte anche alla canzone di Cesare Andrea Bixio lì eseguita: Solo per te Lucia. È stata così proposta una rapida panoramica dei maggiori successi cinematografici italiani, le cui colonne sonore sono state abilmente ed efficacemente rievocate dall’orchestra (Sabina Concari, pianoforte; Giulia Alessio, violino; Vassilia Chachlakis, violoncello) e dai due cantanti lirici che ora apparivano, ora “scomparivano” dalla Sala Recchi, come in uno spettacolo teatrale: la soprano Elena D’Angelo e il tenore Francesco Tuppo. Un vero e proprio viaggio in un’atmosfera di altri tempi, sulla scia delle più note canzoni italiane, conosciute da tutti, ma di cui si è ripercorsa anche la storia e il contesto in cui divennero popolari, spesse volte più degli stessi film ove erano accolte: Parlami d’amore Mariù, cantata da un esordiente Vittorio De Sica (in Gli uomini, che mascalzoni…, Mario Camerini, 1932); Canto per te, eseguita da uno dei maggiori tenori di grazia della storia dell’opera, Tito Schipa (in Tre uomini in frak, Mario Bonnard, 1932); Non ti scordar di me, cantata dal tenore Beniamino Gigli (nell’omonimo film diretto da Augusto Genina, 1935); Vivere, cantata da Tito Schipa (om. film di Guido Brignone, 1937); Mille lire al mese, nell’interpretazione dell’attrice Alida Valli (om. film di Max Neufeld, 1939); Mamma, nell’interpretazione di Beniamino Gigli (om. film di Guido Brignone, 1941); Voglio vivere così, evocata dal tenore e attore Ferruccio Tagliavini (om. film di Mario Mattoli, 1942); Ma l’amore no, cantata da Alida Valli (in Stasera niente di nuovo, Mario Mattoli, 1942); Bellezze in bicicletta, cantata dall’attrice Silvana Pampanini (om. film di Carlo Campogalliani, 1951); ‘O surdato ‘nnammurato, interpretata dall’attrice simbolo del cinema italiano Anna Magnani (ne La sciantosa, Alfredo Giannetti, 1971).
Una formula davvero vincente quella del Festival “Como in ogni senso”. L’auspicio è che iniziative culturali come queste possano essere sempre più copiose in una città come Como, la cui bellezza paesaggistica, e la ricchezza storico-artistica ha pochi eguali, e tuttavia offre poco spazio ad eventi di questo livello. Il prossimo appuntamento è per il 21 settembre, alla sede dell’Associazione Carducci di Como: l’astrofisico Fabio Peri, direttore del Planetario di Milano, terrà una conferenza dal titolo: Guarda che Luna. 50 anni dall’allunaggio.
Lucrezia Greppi