Con la scuola a distanza attenti al pericolo di descolarizzazione
La macchina della scuola è partita per il viaggio che la porterà al giugno 2021. “Come” sarà la corsa dipenderà dalle circostanze, cioè dall’andamento della “Covid-19”. Intanto c’è stato un ritorno che era importante da molti punti di vista: istruttivo, formativo, relazionale, solidale e – al tempo stesso – di recupero d’ottimismo, di fiducia… Era necessario questo riacclimatamento dopo l’isolamento forzato. Inutile voler guardare troppo avanti, spingersi in là nelle previsioni. Sarà determinante e decisiva per l’andamento la curva dei contagi. In queste settimane si farà il test anche all’aggressività del virus, che è tornata preoccupante su scala globale. C’è da esser pronti a variabilità di scenari: scuola classica, con lezioni dal vivo tra i banchi, a tempo pieno per tutti; scuola metà-metà, vale a dire un po’ in aula e un po’ a distanza; infine, se i pericoli per la salute saranno alti, si continuerà con le video-lezioni, con tutti i problemi che tale opzione rappresenta. È innegabile che anche la cyber-scuola ha le sue luci, ma nell’esperienza fatta da marzo in poi, molte sono state le ombre per svariati motivi e con il rodaggio accumulato saranno da dissipare. È risaputo che un’ampia costellazione di docenti, studenti e rispettive famiglie avevano un bagaglio lacunoso non solo dal punto di vista tecnico (disponibilità di computer e di piattaforme) ma anche come familiarità con i mezzi dell’insegnamento-apprendimento online. Quest’anno dovrebbe comunque andar meglio, in virtù dell’esperienza acquisita sia in cattedra che tra i banchi e nelle case.
Sul ritorno a scuola procediamo con il focus tra gli addetti ai lavori, a vario titolo.
Oggi sentiamo giudizi e valutazioni della prof. Marianna Colavolpe, docente ed esperta di Storia e Filosofia.
Dal marzo scorso il popolo della scuola, con tutte le famiglie coinvolte, ha visto un improvviso e radicale cambio di… registro. Isolamento coatto per proteggersi da un nemico misterioso, mutevole e letale. Mai vissuta e neppure immaginata una tale esperienza. Cosa resta di quello choc, Marianna Colavolpe?
Siamo rimasti attoniti quando, inattesa, la catastrofe Covid-19, che ha sconvolto e sbaragliato ogni nostra certezza, si è abbattuta su di noi. Abbiamo fatto ricorso a tutte le nostre forze per venirne fuori. Quel ciclone con la falce di morte è passato oltre, anche se ancora se ne sentono gli strascichi; ma nessuno ne è uscito del tutto indenne. Sopportare lo strazio delle tante vite recise, la separazione anche dalle persone più care, la sospensione dai luoghi di vita e di lavoro, dalle abitudini e persino da bisogni primari come camminare e respirare liberamente, ha lasciato segni e ferite profonde; ma ora, senza sentirsi in colpa, si deve tornare a vivere, a sperare e a sognare. E fondamentale sarà soprattutto per i bambini e gli adolescenti tornare pienamente alla normalità. Anche loro, e certamente più degli adulti, hanno subito l’isolamento forzato, l’improvvisa mancanza di figure chiave per la loro crescita e di quell’ambiente in cui trascorrono gran parte delle loro giornate: la Scuola.
Ancora non è dato sapere come. È uno scenario ondivago…
Il nuovo anno scolastico è cominciato con una certezza: questa volta, nulla sarà come prima. Il nuovo registro contempla anche misurazioni di distanza, mascherine e disinfettanti, test e tamponi all’occorrenza, entrate scaglionate, saluti col gomito, col piede, con gli occhi… guai con le mani! E niente sorrisi, tanto non si vedrebbero. Divieto per tutti di tossire, starnutire, sentirsi un po’ giù… pena la quarantena. E non parliamo poi dell’insegnamento! Didattica per gruppi, didattica a distanza, didattica mista, didattica innovativa?! Un turbinio di idee, lanciate come freccette in un’esercitazione sportiva.
Andare avanti ma guardare anche indietro
Si deve guardare avanti, non dimenticando di volgere però anche lo sguardo indietro, a quanto appena vissuto…
Bisognerà vedere – e dare un voto – all’esame di quanto è avvenuto durante il periodo in cui, a causa del lockdown e obtorto collo, si è attuata la “Didattica a distanza”. Quanti alunni hanno effettivamente potuto usufruire delle lezioni da remoto? Qualcuno ha definito eccellente l’attuazione della didattica digitale e, da docente con lunga esperienza, ne rimango quanto meno stupita. Si conosce la condizione dei tanti ragazzi, impossibilitati ad avvalersi di sussidi tecnologici, per condizioni familiari o per carenze del contesto ambientale in cui si trovano? Si sa quanti docenti sono stati costretti a improvvisare una didattica a cui non erano preparati? Ci si è informati sulle difficoltà che anche docenti molto competenti hanno riscontrato nell’effettuare collegamenti e lezioni?
Domande che lasciano percepire un giudizio critico, anche in prospettiva…
Mi sembra si finga di non sapere che l’esito della Scuola a distanza è stato, per molti aspetti, davvero insoddisfacente. E per il futuro, cosa si prepara? C’è da chiedersi come si possa pensare di stravolgere un sistema didattico basato su una visione valoriale ampia e consolidata, per andare verso un sistema in cui trionferebbe solo il pragmatismo tecnologico, ma verrebbero impoveriti tutti gli aspetti educativi e formativi che sono invece la grande specificità dell’Istituzione Scolastica. E sebbene qualche osservatore accorto abbia segnalato il grosso problema della “descolarizzazione” durante il lockdown, la sua è rimasta solo una “vox clamans” in deserto. Così, mentre per anni psicologi e pedagogisti hanno denunciato ai quattro venti l’impoverimento dei linguaggi e della vita emotiva dei più giovani, danni provocati dagli eccessi nell’uso di computer, chat e relazioni virtuali, adesso si vorrebbe addirittura gettare un’intera generazione nelle fauci del “drago rete”, e privarla in tutto o in parte di quei rapporti personali con i compagni e i docenti, che sono bisogni primari per chi deve formarsi nella pienezza del suo essere persona.
Comunità scolastica e comunità virtuale
Quali le conseguenze che teme maggiormente?
La funzione didattica ed educativa della Scuola non si può affidare a una piattaforma, a un monitor, a una voce online, a un collegamento virtuale tra docenti e alunni. È forse necessario ricordare che la lezione è fatta anche del calore di un’emozione, della passione nella voce che si modula sul racconto, del gesto di chi insegna, dello sguardo del docente che punta dritto agli occhi dei suoi alunni, del confronto tra compagni, e che solo così si potrà lasciare una traccia durevole nella mente e nel cuore dei giovani allievi. Tutti i mezzi tecnologici inventati per comunicare, possono essere utilmente usati nella Scuola, come si è fin qui fatto e magari ampliati, ma solo come integrazioni e sussidi didattici che non sostituiranno mai la profondità e la completezza di un rapporto didattico che si svolge nella realtà effettiva. Non si può trasformare la comunità scolastica in una comunità virtuale!
L’insegnamento esige un contatto vero
Se però la paura del contagio, con tutto l’arsenale di dubbi, spaventi, prevenzione a oltranza dovessero portare a un nuovo isolamento, saranno inevitabili le video-lezioni…
Ora la sicurezza sembra essere l’unico criterio da seguire, per la tutela dal rischio per la salute. Certo, non tutti gli innumerevoli rischi! Ma, dopo quanto vissuto, per gli alunni piccoli e grandi, sicurezza vuol dire soprattutto ritrovare radici, riprendere quel percorso di conoscenza e di formazione intrapreso insieme a docenti e compagni e bruscamente interrotto. Richiamarsi ad una situazione di emergenza, continuamente evocata, per derogare a metodi e valori del processo educativo, esaltando lo sviluppo dell’innovazione digitale, non meglio identificata e sperimentata, potrebbe essere irreversibilmente deleterio per i nostri giovani.
Prof. Colavolpe, un confronto e un bilancio della sua scuola e dell’attuale: che valutazione si sente di esprimere?
Ho trascorso nelle aule scolastiche tanta parte della mia vita e ho preso per mano i miei alunni, anno dopo anno, iniziandoli alla riflessione filosofica e guidandoli alla scoperta della conoscenza; abbiamo sorriso, ci siamo commossi, abbiamo discusso e li ho visti affezionarsi a me, come io a loro; ogni tanto li rincontro, sempre con l’emozione del ricordo del tempo trascorso insieme. Tutto questo non sarebbe stato possibile “da remoto”, perché l’insegnamento e l’apprendimento hanno anzitutto bisogno di contatto vero. La didattica più entusiasmante, efficace e formativa è quella che si fa sul campo. Altro è ciò che si deve fare nelle situazioni eccezionali e di conclamata emergenza, che speriamo non tornino più a oscurare il nostro orizzonte.
Giuseppe Zois