“Cucitura” del nastro al Festival delle Marionette

Con i suoi numeri da Antologia, neppure il secondo spettacolo di Jordi Betran e ultimo del Festival, domenica pomeriggio, ha deluso le aspettative. Fili e ironia tutta catalana. Si comincia con l’effervescenza surreale e provocatoria di Dalì che usa una bocca come divano, per proseguire con un classico della musica nera; il fachiro che si divide a metà e non riesce ad unirsi alle sue gambe che danzano per conto loro; il violoncellista Palo Casals. Ma il piatto forte è la marionetta del maestro delle bolle di sapone Pep Bou. E non è tanto il fatto di creare queste effimere, evanescenti sfere, che contengono sempre qualcosa di magico e poetico, quanto che a produrle sia proprio una marionetta. Con il suo boccale che immerge nell’acqua e a cui sembra dare fiato. E poi anche lo strumento che produce fumo, preparato dal burattinaio, ma utilizzato dalla marionetta per realizzare globi opachi. Un incanto per gli spettatori, destinato a svanire nel tempo di un istante. E poi lo scheletro rockettaro (deve essere una mania dei marionettisti, lo abbiamo visto anche tra i numeri dei russi Fifth Wheel) che qui perde i pezzi.

A gran richiesta il bis del clown che dichiara la conclusione dello show e vorrebbe che il pubblico lasciasse la sala: “ma non avete niente da fare?” (nel pastiche italiano-iberico di Bertran… ). E che si cimenta nel salto mortale da uno sgabello…

Dato che il Festival il 13 ottobre si era aperto con la gag del taglio del nastro, per questa conclusione Michel Poletti ha proposto, con i suoi ospiti, la “cucitura”, l’annodamento dei due pezzi di nastro… Dando appuntamento al 2019. Una edizione da ricordare questa per il livello degli spettacoli, l’affluenza e il gradimento del pubblico. Peccato che non se ne accorga la nostra politica culturale.

Manuela Camponovo

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