Da Praga – Impressioni di una crisi

Pubblicata a puntate su L’Osservatore, dal 21 marzo al 14 maggio, “Da Praga – Impressioni di una crisi” è una rubrica diaristica che ripercorre dalla capitale ceca la cronaca di un paese dell’Europa Centrale afflitto dal Covid-19. Nelle lunghe, ma produttive, settimane confinato a casa – la bellezza di sessantatré giorni (10 marzo-14 maggio), con cinque uscite da mezz’ora l’una – ho cercato di riportare storie, impressioni, opinioni, valutazioni, notizie e dati che mi hanno accompagnato nell’avventura casalinga.

Dal 16 marzo al 24 aprile la libera circolazione delle persone in Repubblica Ceca è stata interrotta, ma il “blocco casalingo” è durato ancora diversi giorni: e non finirà fino alla fine degli esami universitari, in giugno. Nel piccolo “taccuino da appartamento”, pagine (web) della crisi vissuta nelle mura domestiche, ho tentato di vedere – con l’aiuto di fonti primarie, impressioni “da supermercato”, osservazioni costanti dalla finestra di casa – movimenti e abitudini dei praghesi durante le varie fasi della pandemia di coronavirus.

Un piccolo diario nell’ambiente domestico – dove ho compiuto ventitré anni –, tra tentazioni da frigorifero, lunghe passeggiate nel salotto (media di 11.8 chilometri al giorno, per oltre due mesi), letture a più non posso, preparazione degli esami, scrittura, radio. Gestita dai cittadini boemi e moravi in maniera esemplare, la crisi del Covid-19 che ha tartassato l’Europa e il mondo intero, in Repubblica Ceca – mantenendo la tragicità dei fatti e la commozione per chi ha perduto i propri cari – non ha falcidiato la popolazione.

Primi segnali di crisi in Boemia e Moravia – 21 marzo 2020

Il sudore si mischia al vapore contro il panno che copre naso e bocca: una sensazione “umida” che ricopre e avvolge la parte inferiore del volto. Ogni respiro è un’impresa: chissà come fanno “quelli con la mascherina”, si pensa. E non dev’essere un pensiero che fanno in pochi: la Repubblica Ceca di mascherine non ne ha molte a disposizione. Tanto vale stare a casa e non rischiare: I “copri-faccia” che erano disponibili fino a pochi giorni fa ora sono esauriti.

Quelle semplici coperture elastiche, flessibili, sono altresì un lusso che i più prudenti e lungimiranti (specialmente gli anziani – teoricamente la categoria più saggia, ma al contempo più fragile) hanno acquistato giorni fa, prima dell’entrata prepotente del virus nel piccolo Stato dell’Europa Centrale. Questa, non toccata eccessivamente dal Covid-19, se comparata ad alcuni drammatici scenari ad Ovest.

In Repubblica Ceca – dove da giorni le barriere si sono alzate e il passaggio delle frontiere è diventato complesso e sconsigliato (per cechi e non) – sono oltre novecento gli infettati di coronavirus, meno di diecimila i tamponi effettuati (questi, scarsi o quantomeno insufficienti per fronteggiare lo stadio avanzato del contagio), in un paese di dieci milioni di persone.

Il virus non è “razzista” e non guarda al passaporto: getta il suo contagio anche sulla rigogliosa Praga – epicentro, si capisce, della malattia – che negli ultimi anni ha accumulato notevoli successi economici (grazie, ricordiamolo, ai generosi fondi concessi dall’Unione Europea). I primi casi di Covid-19 nella capitale ceca sono stati registrati diverse settimane fa, quando operatori di taxi hanno iniziato ad avvertire i sintomi del grande flagellatore …

Minaccia al boom economico ceco – 23 marzo 2020

La capitale ceca è cresciuta molto negli ultimi dieci-quindici anni e non solo a livello economico. Attratti dalle possibilità concrete di fare business, molti imprenditori (molti dei quali italiani) si sono recati nelle terre ceche (più in Boemia che in Moravia) per far fruttare i loro investimenti in un paese che, del post-crollo del Muro nel 1989, sente ancora i lividi della dittatura para-sovietica.

Anche se al momento Praga non sta soffrendo la drammatica sorte del Nord Italia, nuovi contagi da Covid-19 si registrano ogni giorno: oltre mille contagi, un morto. Il virus si abbatterà potentemente sull’economia del paese, il cui mercato del lavoro è florido, la disoccupazione è al tre per cento circa su scala nazionale (circa il due nella capitale); e rispetto al 2017 c’è stato un incremento del sette per cento del reddito netto delle famiglie.

L’inflazione è ad un livello contenuto; negli ultimi due-tre anni a Praga c’è stato un boom dei prezzi di case e appartamenti. La Repubblica Ceca cresce, ma a fronte dell’emergenza-virus alcuni sindacati locali hanno previsto che se il contagio dovesse continuare per tre mesi a ritmi intensi il Prodotto Interno Lordo potrebbe segnare meno cinque-meno sette per cento quest’anno.

La bella Praga, dal canto suo, non si è ancora fermata del tutto: certo, anche andare a fare la spesa potrebbe creare disagio per chi è trafitto e confuso dall’accavallarsi di notizie dal “West”, focolaio della pandemia. La maggioranza dei cechi non ha sottovalutato il virus e si è attrezzata di conseguenza e disciplina. Sono molti, troppi, i cittadini che tengono ai progressi economici di cui sopra e di cui sono stati diretti artefici e beneficiari: seguire diligentemente le misure di contenimento del morbo è un modo per non buttare tutto alle ortiche.

Sofferenza nel secondario, tra dibattiti e carenze – 25 marzo 2020

Il governo di Praga ha riconosciuto che il sistema sanitario ceco è messo a dura prova dal virus: diverse sono le carenze materiali. Gli ospedali hanno già rinviato molte operazioni chirurgiche non essenziali. La penuria di mascherine è visibile: anche i respiratori non sono molti. L’esecutivo si sta mobilitando e contatta la Cina per un afflusso massiccio di forniture: stretti i legami tra Praga e Pechino …

L’economia ceca sarà toccata non poco dalla pandemia di Covid-19: è solo una questione di tempo e il picco di infettati verrà raggiunto anche a Praga (ad oggi due morti e circa millequattrocento casi). Essendo basata essenzialmente sul secondario – cioè sull’industria – l’economia ceca avrebbe gravi ripercussioni se il virus si protraesse a lungo nel tessuto sociale del paese.

Nel ramo secondario – di cui il Centro-Est Europa è il massimo esponente nel Vecchio Continente – i danni potrebbero essere notevoli. Spenta la produzione, come si sosterranno le piccole medie aziende? Il telelavoro – praticabile solo da poco più di un terzo dei lavoratori cechi – è un “lusso” da Paesi in cui il terziario è avanzato. Aiuti di Stato ad imprese e ristoranti sono già stati intavolati dal governo di Praga.

Diversi i miliardi di corone previsti dall’esecutivo per aiutare le piccole-medie imprese: il debito pubblico – basso in Repubblica Ceca – salirà di conseguenza, ma il dibattito sui media è un altro. Sono abbastanza i soldi stanziati per fronteggiare la crisi sanitaria? Alcuni critici hanno già fatto presente che le misure governative sono timide. Dal ramo sanitario a quello economico: crisi o non crisi, anche in Cechia, gli economisti si scontrano in merito alle ripercussioni di una spesa pubblica massiccia.

Mascherine: quando la protezione è un obbligo – 27 marzo 2020

La penuria di mascherine chirurgiche ha indotto pochi giorni fa il governo ceco a concedere la riapertura delle mercerie, in modo che i più abili e fantasiosi, con ago e filo, potessero fabbricarsi una protezione “fai da te” per naso e bocca. Al momento, ancora, in Repubblica Ceca sciarpe e maglioncini a collo alto sono gli escamotage più comuni vista la carenza di mascherine per arginare un potenziale contagio.

In tempo di crisi, si dice, tutto fa brodo: anche una semplice sciarpa o uno scialle possono salvare la vita. L’indumento da girare intorno al collo è una “costante ceca”. A causa del virus, molti cittadini lo sciarpino non se lo sono tolto da mesi, visto che l’inverno ceco inizia presto e finisce tardi. E appena c’è stato uno spiraglio di primavera, è arrivato il virus che senza pietà ha imposto il “rinnovo” della protezione collo-mento, con estensione fin sopra il dorso del naso.

Protezione di cui molti negozi – i pochi che non hanno chiuso battenti – non sono ancora munito i loro impiegati (in alcune carceri ceche i detenuti sono al lavoro per ovviare alla penuria di mascherine). L’obbligo di protezione delle vie aeree è obbligatorio in Repubblica Ceca che, a differenza di diversi stati europei, ha già predisposto una multa di diecimila corone – circa quattrocento franchi – a chi è in giro senza panno in volto o mascherina.

Questa, oggetto al centro di un piccolo scandalo praghese successo qualche giorno fa (e che ha visto scendere in campo anche l’ambasciata italiana a Praga). Diversi pacchi di mascherine, provenienti dalla Cina e destinati all’Italia, sono stati trattenuti in Repubblica Ceca. Panico nella penisola per qualche istante; il tutto si è risolto nel giro di qualche giorno con l’arrivo nel Belpaese dei noti pacchetti cinesi passati alle cronache in quanto targati “Forza Italia”.

Vita in strada, tra colonne umane e deserto – 29 marzo 2020

Oramai non fanno neppure più notizia le lunghe code fuori dai supermercati: molti cittadini per tutta l’Europa si sono quasi abituati a mantenere una distanza ragionevole tra di loro, nei rarissimi momenti di libertà – quasi fosse l’ora d’aria riservata ai carcerati – fuori dalle mura domestiche. A Praga, tuttavia, di code di fronte ad ogni negozio non se ne vedono tante al momento.

Laddove le catene umane si ammassano fuori dalla bottega del macellaio, piuttosto che dalla filiale bancaria, un metro e mezzo abbondante è rispettato da tutti i cittadini. Non serpeggia il panico nelle strade praghesi, ma i passanti sono pochi e spesso con il cane al guinzaglio. Talvolta, anche nella capitale ceca si vedono i “corridori della domenica”, aggiratori professionisti dei controlli polizieschi che si improvvisano sportivi pur di uscire di casa.

Anche le auto in circolazione sono pochissime: le lunghe colonne di Škoda che nei giorni lavorativi, in tempi “normali”, si ammucchiano ordinatamente al semaforo, sono scomparse. Škoda sta alla Repubblica Ceca come Fiat sta(va) all’Italia: è “l’auto nazionale”. Oggi non sono tante quelle che spavaldamente corrono sul manto stradale: molte riposano silenziosamente nei parcheggi all’aperto sotto i palazzi del centro; così come i taxi.

Le strade vengono disertate da praticamente tutti i cittadini: ogni uscita è una “toccata e fuga” verso un luogo preciso. Gli spettacoli del “grande vuoto” delle piazze, anche a Praga, conferiscono tristezza; anche quando si è protetti e sigillati nel calduccio delle proprie abitazioni. Non c’è ancora il deserto totale tra le strade praghesi, ma lo scenario romano, piuttosto che parigino o newyorchese, è probabile che sia prossimo.

Medicine (e code) alle “Lékárny” – 31 marzo 2020

Nelle strade di Praga si respira tranquillità: ad oggi, la Repubblica Ceca presenta meno di tremila casi, sedici morti e undici guariti; come in molti degli altri paesi europei, le attività commerciali sono state ridotte all’osso, ma ci sono segnali apertura. Le attività di prima necessità rimangono sempre aperte e tra di esse le farmacie, ben fornite e dove un buon flaconcino di disinfettante non manca mai (ne viene prodotto “artigianalmente” ogni giorno, con scadenza a tre mesi).

Le “lékárny”, così si dice “farmacie” in ceco, obbligano i clienti a fare a fila fuori dal negozio, onde evitare sovraffollamenti e spargimenti di potenziali “goccioline nocive” anche sulle vetrine. Nel freddo praghese di marzo, i clienti aspettano ordinati e in silenzio fuori dalla farmacia: al telefono. Si guardano intorno: nessuno si vergogna di indossare la mascherina; questa, ritenuta uno stigma sociale quando ad indossarla sono quelli che tutti identifichiamo ignorantemente come “cinesi”, a passeggio nelle città europee.

Nel caso delle farmacie praghesi è direttamente il commesso – al quale è richiesta la conoscenza quantomeno elementare dell’inglese, dal momento che non tutti gli abitanti praghesi parlano ceco – che, vestito tutto di bianco, esce dal negozio e fa segno al primo della fila di entrare: è solo così che si ha accesso al “tempio della cura”, della consolazione, del risanamento.

Alle eleganti corone ceche – il cui valore rispetto al franco elvetico è crollato da 0.42 medio a 0.38 negli ultimi giorni – si preferisce la carta di credito. Preferibilmente, contactless. Il “beep” emesso dalla macchinetta delle transazioni rassicura il cliente. Che, il più delle volte, torna immediatamente a casa, dove si disinfetta per bene, proprio – verrebbe da dire – come fanno gli scienziati dopo aver maneggiato materiale sensibile.

Supermercati: l’impresa di fare la spesa (per un anziano) – 2 aprile 2020

I supermercati sono ancora pieni: non c’è stata la ressa per “sfondare” le vetrine di BILLA o Tesco, come accaduto in altri paesi del continente. Certo, rispetto all’Europa dell’Ovest la Repubblica Ceca è stata meno toccata dal Covid-19: la quarantena imposta a partire dal 12 marzo scorso – e prolungata recentemente – sembra aver dato i suoi frutti. In altri termini, le autorità non hanno perso tempo e hanno operato uno shutdown prematuro delle attività: il caso italiano ha fatto scuola. E i cechi hanno imparato.

Al supermercato pane, pizzette, panini e baguette devono essere imbustati nella plastica trasparente. Fino ad un mese fa, le colonne di donut à-la-Homer Simpson erano esposti al respiro dei passanti. In Repubblica Ceca l’assalto ai forni non c’è stato: il pane si trova; non è (più) merce rara (lo era sotto il Comunismo). Alcuni “buchi” negli scaffali della pasta o del riso ci sono anche a Praga: è normale per gli alimenti a medio-lunga conservazione.

Agli anziani – dai settant’anni in più – il governo ha chiesto di non uscire sin dall’inizio dei primi casi di virus in Cechia. I più agés che s’incontrano al supermercato fanno un semplice ed innocuo spesino; protetti dall’immancabile mascherina e dalle “coccole” a distanza dei commessi empatici (in molte catene di supermarket, questi, destinatari di bonus straordinari) che tentano in qualche modo di aiutarli nel trasporto della merce alla cassa.

Fanno quasi un po’ di compassione gli anziani che debbono recarsi più volte al supermercato, visto che non possono fare lo “spesone” che peserebbe troppo nel tragitto verso casa. Al supermercato, gli anziani sono gli unici che in questo periodo di pandemia usano ancora massicciamente i contanti; ricevuti dai commessi che, per ordine della casa madre, indossano guanti trasparenti in lattice.

Praga spenta: il sole che c’è, il turismo che manca – 4 aprile 2020

È tornato l’inverno a livello di temperature, ma il sole non vuol saperne di andare via. Provocatore, con i suoi raggi che si abbattono sui palazzi multicolori di Praga, sembra prendere in giro i “reclusi” dietro i vetri di casa. Le giornate soleggiate stimolano la voglia di uscire: insopportabile l’aria domestica per tutte quelle ore; ore riempite da ogni genere di attività e che lasciano spazio all’evolversi della fantasia. Tra tutorial su YouTube e attività artigianali.

Mentre i “ghiacci” cechi si stanno sciogliendo – e questo avrebbe dovuto essere positivo per l’industria turistica e alberghiera del paese – tutti sono meticolosamente a casa. E nessun contrordine da parte del governo. La quarantena sarà ancora lunga (qualche giorno il l’esecutivo ipotizzava un ritorno alla “normalità” verso inizio giugno). Chiusi i castelli, i musei, le pinacoteche: che peccato sprecare la bellezza dietro ad un portone chiuso o una saracinesca spiegata.

Praga è spenta: non è scintillante, non è dinamica: è buia, nonostante il sole brilli. Nella capitale ceca i mezzi di trasporto oltre le 22, in particolare tram e metro, hanno registrato una diminuzione di poco meno dell’ottanta per cento dei passeggeri. Le poste continuano ad operare: uno dei simboli della Repubblica Ceca manda ancora i suoi agenti, i mitici – e coraggiosi – postini, porta a porta anche se la frequenza si è abbassata notevolmente.

Ciononostante, anche in Repubblica Ceca è aumentato il traffico postale, così come quello telefonico, per non parlare di quello Internet: si fa quel che si può per togliersi dalla testa la martellante omogeneità mediatica nel raccontare ogni singola dinamica sociale, politica, economica, culturale del Covid-19. Elemento di paura, anche nei media cechi esso è l’oggetto di attenzione mediatica spasmodica quasi senza precedenti: altro che Brexit, nell’autunno 2019.

Studenti in quarantena: svago o studio? – 6 aprile 2020

Pare che in Repubblica Ceca le scuole riapriranno in settembre, ma non c’è ancora nulla di ufficiale. Agli studenti che pensavano: “Bene, la scuola è finita, andiamo in pace” (pronti a spararsi quella serie tv che non erano riusciti a vedere su Netflix per via del grave dello studio) c’è una brutta notizia. Quella riguardante i “compitini” aggiuntivi. A tutti i livelli, dalle elementari alle medie, dal liceo all’università, gli studenti si trovano confrontati con una mole notevole di lavoro … Ad hoc! E in una modalità del tutto nuova.

I seminari e le lezioni universitarie che dovevano svolgersi in forma orale sono stati sostituiti da ingombranti “pdf” di decine e decine di pagine che riempiono i già intasatissimi desktop del computer. Doppio lavoro quindi: regolari letture di contorno previste per le lezioni e ora anche quelle di ripiego. Gli esami ci saranno, ma la confusione dettata dall’averli preparati senza essere andati a lezione o quasi non è proprio confortante.

Da sommare poi il fatto che alcuni studenti avvertono quasi una sorta di disagio a contattare il docente per chiedere chiarimenti: nonostante anch’egli sia nella stessa situazione dello studente, lavora da casa e dunque è nel suo privato. Non ricopre il ruolo pubblico che avrebbe a scuola: ne deriva dunque la “timidezza” di alcuni studenti nel chiedere informazioni.

La quarantena che tutti viviamo da settimane è anche una prova di maturità, specialmente gli studenti: come useranno il loro tempo a disposizione? Si porteranno avanti per la resa dei conti in giugno (gli esami) oppure daranno il via ad un intenso programma di fatti propri? In altri termini, saranno responsabili verso le mansioni scolastiche – che non sono sospese – o spalancheranno le porte al divertente cazzeggio?

Docenti e Covid-19: l’insegnamento sull’insegnamento del futuro? – 8 aprile 2020

Anche i docenti di scuole e università hanno dovuto più o meno tempestivamente attrezzarsi per dirigere le lezioni da remoto a causa del Covid-19. Per la gioia di alcuni studenti, che hanno creduto i loro insegnati “razza estinta” a causa del virus, le lezioni continueranno in altri formati, diversi da quelli tradizionali. Molti professori non hanno esitato ad abbracciare positivamente il cambiamento di circostanze. Come si fa lezione in tempo di quarantena?

Alcuni docenti mandano audio compressi e slides Power Point via e-mail agli studenti (che fino all’ultimo hanno confidato in una soppressione totale del corso); altri hanno rimediato con una sorta di “Skype” di gruppo; altri, quelli più volenterosi, addirittura video-lezioni artigianali su YouTube; altri ancora hanno trasformato e ribaltato il corso vero e proprio, obbligando gli alunni a scrivere paper e a rispondere a domande per iscritto per ovviare alla loro “mancanza fisica” in classe.

Tutti si adattano, anche il mondo scolastico: caratteristica di certi atenei cechi, d’altra parte, è la bassa età media del corpo insegnati; per i quali – conseguentemente – non è stato poi così difficile conformarsi alle tecnologie che hanno sostituito le scritte in gesso alla lavagna o la voce squillante di chi ha imparato a memoria la slide della lezione e la presenta alla mandria studentesca.

“Adobe connect”, “ZOOM”, “loom”, “Meet” di Google o al limite anche WhatsApp sono i sistemi più comuni per continuare a intrattenere il filo diretto con gli allievi: le lezioni continuano in un formato diverso. Insegnare tramite queste tecnologie potrebbe essere utile in futuro. Che sia questo il prossimo formato d’interazione professore-studente? Le circostanze imposte dalla quarantena possono “insegnare” ai docenti ad insegnare nella scuola del futuro.

Frigorifero: non aprire quella porta! – 10 aprile 2020

Le lunghe ore casalinghe, sui libri – di svago e di studio – fanno inevitabilmente sorgere una tentazione pericolosa: quella di aggrapparsi alla maniglia del frigorifero. E così, dopo giornate lunghe in casa, negli stessi metri quadrati c’è quasi la necessità di un buon dolcino. Peccato, dicono i più golosi, non poter uscire e andare per le vie di Praga a comprarsi un buon Trdelník, manicotto alla cannella su brace ungherese, scippato dai praghesi.

Pazienza, si può ovviare altrimenti: dopo essere andati cautamente al supermercato, è quasi d’obbligo rincasare con una potente fornitura dolciaria. Cioccolato, caramelle, biscotti di ogni tipo sono la tentazione che bussa alla testa ad ogni ora quando si sta troppo tempo in casa. La permanenza forzata entro il perimetro domestico è altresì una battaglia contro la dispensa, una guerra contro il frigo, una lotta dentro se stessi.

La quarantena certamente obbliga a prestare più attenzione alla nostra attitudine verso le vivande: le date di scadenza vengono controllate più spesso, si cerca di consumare tutto e buttare via nulla; il segreto che accomuna fantasia ed etica del consumo (cioè il non sprecare gli alimenti) è quello di saper mischiare vari gusti e cibi, dato che l’accesso al supermercato è diventato per tutti più “complesso” a livello logistico.

E chi diceva: “voglio dimagrire dopo le feste natalizie”, si ritrova in aprile – a poche settimane dall’inizio dell’estate – confinato a casa, con lui. Quell’armadio bianco, stimolatore di desideri nutrizionali. Dieta addio: è quasi impossibile resistere al richiamo della torta al cioccolato, del biscottino alla vaniglia, dello yogurt alla frutta. Ed è così che, tra le piccole privazioni di libertà quotidiane dovute alla quarantena, i programmi per mostrarsi tonici e in forma al momento della “prova costume” saltano.

La tradizione ceca della lettura – 12 aprile 2020

Tutti a casa davanti a Internet o con un libro in mano. Nel primo caso, il traffico è aumentato notevolmente in Repubblica Ceca, mentre a proposito del secondo device – quello analogico – si può tranquillamente dire che i cechi sono un popolo che legge molto a prescindere dal Covid-19. Oggi è un mese esatto dal cosiddetto lockdown, ma fino ad un mese fa, le carrozze della metropolitana di Praga erano piene di gente, di tutte le età, con un libro in mano.

Quasi tutti. Il pendolarismo dei più veniva dunque allietato dalla lettura di un bel libro di carta; e, in alcuni casi, anche di un giornale. Spettacolo che non si vede più nelle capitali europee d’Occidente: non che i cechi non abbiano gli smartphone, ma culturalmente sono affezionati ai loro libri. I cechi leggono molto: a differenza di altre culture, non è dunque un “sacrificio” imbracciarli per più ore al giorno.

La pandemia è anche un’ottima occasione per riscoprire antichi e dimenticati autori e poeti seppelliti nel frenetico ritmo della vita degli anni Venti del Duemila: troppo di corsa per rileggere attentamente la letteratura boema e morava. Per i più volenterosi, la pandemia che si abbatte oltre le finestre nelle proprie case, la permanenza forzata “chez soi” è l’ultima chance per leggere quei tomi che mai, nella frenesia della vita quotidiana in condizioni normali, verrebbero letti.

La quarantena induce il lettore paziente e volenteroso ad impugnare gli enormi volumi che altrimenti non verrebbero mai letti. E mentre le librerie e i librai soffrono anche in Repubblica Ceca, in molti hanno previsto che non ci sarà una ripresa prima di Natale, periodo tradizionalmente piuttosto florido per il settore editoriale.

Igiene e dormitori: vita da cani o di comunità? – 14 aprile 2020

Si parla poco dei dormitori studenteschi, potenziali veicoli di diffusione del Covid-19. Certo, le “hall of residence” dei giovani universitari non sono l’unico spazio comune dove molti individui passano lunghe ore di quarantena: ambienti camerateschi ci sono anche in campo militare e per le persone indigenti, ma dal momento che sono oltre un miliardo gli studenti costretti a casa, vale la pena concentrarsi su di loro.

A Praga, i dormitori che ospitano gli studenti si contano sulle dita di una mano: molti ricordano l’epoca sovietica. Disposti in vari punti della città (metropolitana), sono considerati non confortevoli dalla comunità giovanile. E lo squallore non può che aumentare quando nell’aria c’è il “nemico invisibile”. Negli spazi comuni, sarebbe doveroso mantenere rigide norme d’igiene per il bene di tutta la popolazione che ne fa uso.

Gli spazi comuni – potenziali ricettacoli del virus – devono essere sistematicamente disinfettati. L’università Carlo IV ha di recente diramato un comunicato in merito: nelle sale comuni – come le cucine – ci si presenta solo con la mascherina protettiva, ma anche quando l’emergenza da Covid-19 passerà sarebbe comunque responsabile mantenere ordine e pulizia nelle “hall of residence” studentesche.

Lo spazio comune è di tutti, dunque non “non di nessuno”: preservandolo si fa in primis un favore a se stessi. La vita di comunità si basa sulla tolleranza reciproca e bilaterale: senza igiene, si pratica più una vita da cani, che da umani. E sebbene molti giovani (studenti e non) credono di essere come i cani – largamente immuni al Covid-19 – la prudenza, anche nei dormitori, non è mai troppa.

Food & Travelling: due industrie in difficoltà – 16 aprile 2020

Secondo le previsioni dell’Associazione e ristoranti della Repubblica Ceca, il settore della ristorazione perderà circa il quaranta per cento del fatturato rispetto all’anno scorso. Stime gravi e non incoraggianti. A remare a favore del Covid-19, sembrerebbero esserci inoltre anche le temperature: sia in Boemia che Moravia queste hanno fatto su e giù per settimane, compromettendo diverse tipologie di frutti.

In Boemia meridionale, ad esempio, albicocche e mele hanno risentito dell’improvviso raffreddamento meteorologico di qualche giorno fa, cosa che inevitabilmente ha già danneggiato molti agricoltori e rivenditori. Brutte notizie anche per gli amanti della birra: la produzione di pivo è crollata da giorni; di pari passo, è aumentato dunque il consumo di quella in bottiglia di plastica del supermercato.

Sempre a livello di consumi, occorre ricordare che circa un quinto dei cechi non avrebbe sufficienti risparmi per coprire un mese senza lavoro (cioè senza percepimento di stipendio, fonte La Pagina), cosa che tocca in particolar modo l’industria del food. Questa, gravemente azzoppata in tutto il paese, nonostante a Praga ci sia un boom del cosiddetto delivering, la spedizione di cibo a casa).

E se il settore alimentare non procede bene, quello del travelling va ancora peggio: un duro colpo è previsto anche per il settore della mobilità aerea. A inizio aprile l’aeroporto Václav Havel ha segnato meno ottantasei per cento rispetto ai voli dell’anno scorso. Un settore molto esposto, dal momento che la quarantena ha ridotto in primis una libertà che da anni abbiamo dato per scontata: quella di viaggiare.

Piccoli ricordi praghesi dal sapore antico – 18 aprile 2020

Sembrano lontanissimi i giorni in cui si usciva di casa e si osservavano i bellissimi palazzi di Praga 2, dove l’art nouveau d’inizio Novecento svetta sulla grisaglia da Politburo e morte infrastrutturale di quasi mezzo secolo di Comunismo. E quei cantieri che davano tanto fastidio improvvisamente mancano: come fanno molti anziani, in tanti – pur di evadere dalla quarantena – volentieri andrebbero a fissare i buchi in strada e le gru in azione, col cappello in testa, il giornale in mano e un leggero accenno di gobba.

La birra artigianale è un gusto oramai sconosciuto: quella ceca è come l’espresso italiano; va bene quasi a tutte le ore del giorno, perché diventa una necessità, un costume. La birrata con gli amici, lo schiocco del vetro dei grossi boccali al bar durante il brindisi, un cartoccio di patatine fritte belle unte mentre si passeggia al Můstek… Tutto quasi dimenticato: ricordi sbiaditi. E pensare che siamo solo alla quinta settimana di quarantena …

Ciò che è chiaro sin da ora è che al termine dell’emergenza sanitaria molte piccole azioni che davamo per scontato subiranno un cambiamento quasi radicale a livello di percezione individuale. Anche a Praga: tollereremo meglio il cingolare dei tram, gli uccelli che rovinano le foto sul Ponte Carlo, il cane del vicino che abbaia per uscire a fare una passeggiata a Karlovo náměstí, la coda alla Česká pošta o alle banche …

Tutti segnali di vita, di una vita che ancora oggi è malinconicamente repressa nelle case. Mentre il sole ci guarda, oltre i vetri della finestra. Finita la quarantena riprenderemo prepotentemente il nostro “quotidiano”, ma con una percezione diversa: avremmo sperimentato il taglio dei legami sociali e altro non vorremmo che ri-entrare in contatto con gli altri. Per quanto solitari si possa essere, l’isolamento perpetuo non è sano.

Ottimismo: le storielle di una Praga che si adatta – 20 aprile 2020

Sono molte le modifiche comportamentali che la pandemia ha imposto a tutti i cittadini del mondo. Ognuno ha dovuto adattarsi come ha potuto a questa nuova sfida. E i cittadini della Repubblica Ceca hanno reagito nel complesso molto bene. Si sono attenuti rigorosamente alle regole previste dall’Esecutivo, le hanno fatte proprie – con sacrificio notevole, vista l’economia del secondario su cui si basa il paese – e ciò ha consentito un livello di infezioni e di morti molto basso.

Sono tante le storielle di un paese che ha reagito efficacemente alla sfida del coronavirus. A Praga, ad esempio, i vagoni della metropolitana sono stati disinfettati e puliti per bene con speciali anti-batteri e antivirus in grado di scrostare anche le muffe. Un trattamento che durerà due anni. Nelle newsletter che le università mandano ai propri studenti, c’è l’invito esplicito di prendersi una piccola passeggiata, fatta con prudenza e diligenza.

Alcune aziende produttrici di birra si sono coalizzate online per vendere buoni ai clienti che, dopo la fine della quarantena, potranno andare ad acquistare il loro prodotto al negozio. Piano piano i ghiacci si stanno sciogliendo: il governo rinnova ogni giorno i permessi di apertura ad alcune categorie, specialmente nel mondo della fornitura, visto che il paese non può stare chiuso in eterno (il Ministero delle Finanze già prevede un calo del 5.6 per cento del PIL per quest’anno).

E a Malá Strana (lato Ovest della città) anche il celebre e pasticciatissimo muro con il volto di John Lennon – punto di riferimento e di raccolta di molti giovani praghesi in epoca di dominio comunista del paese – si è adattato al Covid-19: qualche giorno fa sul volto dell’ex leader dei Beatles è stata dipinta una mascherina. Let it be.

Praga apripista: ritorno alla “normalità”? – 22.04.2020

Pur con diverse barriere e limiti, il ritorno alla cosiddetta normalità nella Repubblica Ceca avviene molto prima rispetto ad altri paesi dell’Europa occidentale alle prese con il virus. Praga è stata una delle città europee in cui il contagio di Covid-19 è stato gestito in maniera quasi esemplare: certo, molti settori economici hanno pagato o pagheranno per mesi la chiusura forzata, ma il sacrificio ha risparmiato i lutti e le lacrime dei più.

Alimentari e farmacie non sono mai stati chiusi: piano piano il governo, fortificato dal bassissimo numero dei decessi per tutto il corso della malattia e dalla disciplina che la stragrande maggioranza dei cechi si è autoimposta, ha deciso di aprire diverse attività. Petit à petit. Cartolerie, negozi di biciclette: ritorna nei giardini dei cechi anche la mania del bricolage, attività aiutata dalla sole raggiante che, quanto meno a Praga, in queste settimane non ha smesso di dare forza agli abitanti rinchiusi a casa.

Anche le attività sportive riprendono: molti, come in tutta Europa, hanno scoperto una vocazione da maratoneti, sepolta nel profondo dell’animo ed emersa nei giorni della quarantena forzata. Ci auguriamo, siamo sicuri, che i nuovi Usain Bolt de noantri continueranno a fare jogging e lunghe corse nei parchi (i più disciplinati durante la quarantena hanno percorso chilometri in soggiorno) anche dopo il lockdown.

Riprendono anche altre attività sportive, come il tennis. Riprende, per molti, semplicemente quella “voglia di stare insieme”, quel senso di comunità che, contrariamente all’individualismo ceco, è mancato a molti ed è stato sopportato da alcuni. Il ritorno alla cosiddetta normalità è ancora lontano, ma Praga reagisce aprendo attività e tenta con prudenza di ricominciare a correre.

Le vitamine di frutta, verdura e libri – 24.04.2020

Vitamine per tutti? Pochi giorni fa in Repubblica Ceca è ricominciata la vendita di frutta e verdura fresca, dunque la riapertura dei mercati all’aperto: un passo importante che aiuterà i piccoli commercianti e lenirà il fatturato in questo campo dei supermercati (gli unici a poter rimanere aperti durante il periodo di lockdown). A beneficiare dall’apertura dei mercati saranno anche i contadini, molti dei quali lavorano nelle periferie boeme e in Moravia.

Il settore agricolo-primario ceco ha registrato gravi perdite economiche a causa del Covid-19 nelle ultime settimane. I gestori dei mercati hanno promosso la vendita al dettaglio per i cittadini, che contattavano i rivenditori chiedendo loro di riservare frutta e verdura al momento della riapertura. In questo modo la produzione agricola continuava (a rilento), i fornitori lavoravano, i venditori erano remunerati. E adesso i clienti passano all’incasso: vitamine dopo settimane di verdura surgelata!

Ma a dar contenuto nutriente, potremmo dire all’anima, sono anche i libri. Dopo aver letto e riletto i “compagni cartacei” di casa, sottolineatone i passaggi importanti, averli ripresi dopo giorni per scolpirli ulteriormente nella mente, c’è quasi la necessità di nutrirsi di nuove pubblicazioni. A Praga le librerie non hanno ottenuto alcun trattamento di favore durante il lockdown: a differenza di molti paesi, queste nella capitale ceca Praga sarebbero state discretamente affollate, in ossequio alla lunga “tradizione libraia” nelle terre boeme.

Il mercato editoriale ceco, già in difficoltà come altrove (teniamo presente che i libri in ceco sono letti da poco più di undici milioni di persone al mondo), subirà importanti cali a livello di fatturato. Molte associazioni di librai prevedono un calo del trenta per cento rispetto all’anno scorso e hanno pertanto chiesto al governo circa un miliardo di corone (poco meno di trentanove milioni di franchi svizzeri) per aiutare il settore.

Debito e mascherine del futuro – 26.04.2020

Si è parlato molto di solidarietà in questi mesi: recentemente, alcuni paesi – in pseudo bancarotta – l’hanno scambiata con il diritto di fare ancora più debito da scaricare sulle generazioni future, ma altri invece – che hanno un debito rispetto al PIL molto basso – hanno dato e promosso un significato diverso della parola. È il caso della Repubblica Ceca. In questo senso, in nome del gemellaggio Praga-Taipei, i taiwanesi hanno recentemente donato venticinque ventilatori al paese dell’Europa Centrale.

Secondariamente, in una recente comunicazione del Ministero degli Esteri ceco, sotto l’etichetta “aiuti umanitari”, ha spiegato che prossimamente Praga aprirà i cordoni della borsa per aiutare i paesi affetti da Covid-19 in Europa. Secondo fonti interne, i paesi destinatari di venticinque milioni di corone ceche (poco meno di un milione di franchi svizzeri) saranno principalmente Bosnia ed Erzegovina, Moldavia, Ucraina, ma anche Cambogia.

Con il rilassamento delle misure governative di confinamento (e lo si sente dai cantieri che pian piano stanno riaprendo sotto il cielo azzurro primaverile), anche in Repubblica Ceca c’è stato un generale incremento di violazione dell’utilizzo di mascherine per coprire naso e bocca. Desiderosi di tornare in fretta alla cosiddetta normalità (cosa impossibile per ancora molto tempo), tanti continuano a credere che la mascherina non sarà un tratto distintivo del genere umano per i prossimi mesi.

Si sbagliano: il presidio di protezione delle vie orali dovrà restare attaccato ai nostri volti ancora per un bel po’. Molte case di moda hanno già progettato modelli permanenti in questo campo e hanno incluso le mascherine con il loro marchio chic come indumento nelle prossime collezioni, anche se è abbastanza improbabile che con l’innalzamento della calura estiva si vedranno folle di umani con mascherine di Gucci piuttosto che di Vuitton. Ma mai sottovalutare il potere di acquisto.

Mobilità e ritorno alla libera circolazione – 28.04.2020

Fine delle misure ristrettive sulla libera circolazione: cittadini, residenti e lavoratori transfrontalieri possono da oggi entrare e uscire liberamente in Repubblica Ceca; ai turisti è ancora imposto il fermo alla frontiera. In caso di positività al test del coronavirus, sarà comunque necessario trattenersi presso il proprio domicilio per due settimane in quarantena; in caso di negatività la libera circolazione è garantita.

Lo stato di emergenza doveva concludersi il 25 maggio, ma il governo ceco ha anticipato il tutto al 30 aprile; da ieri la gran parte dei negozi ha già aperto. Praga torna a risplendere, a fiorire: i rumori dei motori, risate, bambini che urlano; brusio di sottofondo da città … Sebbene il Covid-19 non sia scomparso, la capitale ceca si rinnova e si reinventa: pronti gli sconti per i turisti, con programmi scontati in diverse attrazioni.

Libertà di movimento dunque: dopo sei settimane sono in molti a reagire in maniera euforica. Sebbene piano piano apriranno tutte le categorie commerciali, i danni al tessuto economico sono notevoli: il segno negativo nella prima metà del 2020 sarà la norma non solo per la Repubblica Ceca. Il settore automobilistico ha sofferto molto durante i quasi due mesi di chiusura forzata delle attività.

All’undici per cento i crolli delle produzioni automobilistiche nel primo trimestre 2020 rispetto al 2019. Piano piano le aziende stanno riaprendo e nelle catene di montaggio sono già state predisposte misure igienico-sanitarie. Ancora scarse le notizie circa il movimento tramite aereo (possibile che per riassorbire le perdite, i prezzi dei biglietti saranno più alti). D’altronde, la libertà – riacquisita – ha un prezzo …

Salute e democrazia: i rischi del post-Covid-19 – 30.04.2020

Ad uscire rafforzati dal periodo di lockdown saranno i regimi autoritari o con tali tendenze. Questi, in molti casi prossimi alla bancarotta nonostante sempre inclini a voler mostrare i muscoli, sfoggeranno e manipoleranno i bassi bilanci di morti di Covid-19, dovuti alla gestione brutale – proprio perché autoritaria – dell’infezione virale, efficace per via della sospensione dei diritti individuali. Bilanci contraffatti, censure, falsificazioni di ogni genere saranno all’ordine del giorno.

Quanto alle democrazie, molte usciranno dal periodo di pandemia con le ossa rotte e una ricostruzione da avviare al più presto come negli scenari post-bellici oppure saranno salde dal punto di vista sociale, vista una riscoperta forza collettiva nel momento dell’emergenza. Ma una terza categoria di stati è quella di coloro che stanno abbracciando l’autoritarismo strisciante e ammirano i regimi che fanno uso di metodi pre-tirannici nella gestione della cosa pubblica.

Stregati dai modelli autoritari e apparentemente vincenti, molte democrazie (come quella magiara, non lontano dalla Repubblica Ceca) hanno approfittato o approfitteranno delle misure eccezionali dei cosiddetti poteri di emergenza per dirigersi verso un sistema illiberale. A Praga ci si ricorda troppo bene cosa sono i “poteri speciali”; essi sospendono lo Stato di diritto, la democrazia e le libertà fondamentali.

Il pretesto della salvaguardia della salute dei propri cittadini può e potrà trasformarsi in un annichilimento delle libertà individuali nei regimi tendenzialmente già allergici alla democrazia e dunque portare alla costituzione di un “comitato di salute pubblica” in stile periodo del Terrore francese; altrimenti detto, di un sistema a gestione autoritaria della nazione. Questo è uno dei temi del periodo post-Covid 19. Ed è uno scenario che va evitato. Per la nostra salute. Per la nostra democrazia. Per la salute della democrazia.

Silenzio (che manca) e riaperture a gradi – 02.05.2020

Il mercato del lavoro ceco sarà particolarmente segnato dagli effetti del Covid-19: nelle scorse settimane molte catene commerciali hanno assunto diverse migliaia di persone, molti delle quali erano state licenziate da bar e ristoranti oggi ancora sigillati. Si tratta di lavori cosiddetti precari: i contratti sono tutti a breve termine; il futuro è dunque aperto a nuovi licenziamenti. La certezza del posto fisso è paradossalmente diventata rara.

D’altra parte, non è chiaro quando riapriranno le frontiere: bar e ristoranti dovrebbero farlo prima della stagione estiva; le scuole a metà maggio (con buona pace di chi pensava di saltare gli esami). A premere per un’anticipazione della riapertura totale è evidentemente il settore alberghiero, gravemente colpito dal mancato afflusso turistico proveniente dall’estero.

Praga sta resuscitando, ma è come se fosse stata addormentata per anni: la chiusura delle attività aveva imposto un silenzio a cui non si era abituati. Conseguentemente, la percezione del silenzio cittadino in pieno giorno è cambiata. Da una parte, la pace per le orecchie; dall’altra, il disagio non solo di non potere uscire e godersi quell’“udibile nulla”, ma anche il pensiero verso chi lavora all’aperto ed è impedito in tale attività.

La riapertura graduale delle attività commerciali in Repubblica Ceca comporta inevitabilmente una sorta di nostalgia paradossale: dopo averlo maledetto implicitamente per sei settimane, ironicamente oggi – a fronte di martellate sui sampietrini, betoniere e gru in azione, urla degli operai edili e dei bambini con il gelato in mano, ragazzotti che sghignazzano – il silenzio cittadino a cui ci si era abituati è tornato ad essere merce rara.

Rinascita ceca: buone notizie da un lungo disgelo – 04.05.2020

Lentamente la tanto agognata “normalità” cittadina sta catturando ogni strada e attività commerciale e sociale. Va da sé che le abitudini di tutti i cittadini dovranno necessariamente mutare, ma nel complesso – lo abbiano notato diverse volte in queste righe – la popolazione ceca ha reagito piuttosto bene alla pandemia di Covid-19, con una gestione quasi esemplare. Bravi cechi, che oggi raccolgono i meritati frutti, con pochissimi decessi.

Diverse le recenti buone notizie post-lockdown. Già verso l’ultimo terzo del mese di marzo ai cittadini cechi era stato consentito di andare in merceria per fabbricarsi mascherine fai da te, cosa che è stata emulata in diversi paesi del mondo e rilanciata da diversi media nazionali che hanno enfatizzato l’originale artigianalità boema nel campo della protezione delle vie orali (fenomeno ripreso persino da CNN).

Assieme alla rinascita del paese, è “rinato” anche il concetto di nascita. Un gioco di parole per dire che da metà marzo a metà aprile i padri non erano ammessi nelle sale parto. Oggi invece, con le dovute precauzioni, essi possono assistere allo schiudersi degli occhi del proprio piccolo e condividere la gioia di essere diventati papà con la compagna o moglie. Quasi fosse un premio dopo gli ultimi mesi di angosciante gestazione.

Un altro effetto positivo del post-quarantena lo nota la sezione praghese del sito web della Polizia: in Repubblica Ceca le rapine sono crollate di un quarto rispetto al marzo dell’anno scorso (fonte La Pagina). Va da sé che con meno gente in giro i ladrocini domestici sono complessi per i ladri, dal momento che a presidiare case e appartamenti sono proprio i proprietari.

Ma la cura siamo noi! – 06.05.2020

Non sarà mai un decreto governativo, la riapertura di un negozio, il riavvio delle scuole o del proprio impiego lavorativo o più in generale una data che decreterà la morte del Covid-19. Non sarà una combinazione di giorno e mese che disattiverà il carico virale che turba il mondo intero. Molti governi hanno predisposto aiuti alle imprese e alle famiglie – la Repubblica Ceca è uno di questi –, ma tocca a tutti i cittadini continuare a fare la propria parte anche nel post-lockdown.

In altre parole, ogni singolo individuo dovrà impegnarsi a convivere con una malattia di cui per ora non esiste vaccino e di cui non è stato sviluppato un enorme tasso di immunità. Ognuno di noi può fare la differenza: in questo periodo più che mai – e si parla di mesi, non di giorni – se davvero si tiene a se stessi, ci si protegge e si adotta con le necessarie misure di protezione quando si è a contatto con gli altri.

Non è ancora chiaro se sarà la mascherina il device sanitario più idoneo da adottarsi al “vivere civile” nel medio-lungo periodo. Di fatto, i contatti sociali e tutta la fisicità a cui molti sono affezionati anche in pubblico dovranno saltare ancora per un bel po’. Passeggiate per mano, sbaciucchiamenti o strusciamenti nei centri cittadini potrebbero diventare più rari proprio come conseguenza della necessità di “stare lontani”.

Ed è proprio quella distanziazione sociale – che impone quasi una schizzinosità autodifensiva – che, ancora per un po’ di tempo, potrà scongiurare l’arrivo di una nuova ondata del nemico invisibile. Lui, che non rispetta le date imposte dai governi o le tanto celebrate frontiere e barriere internazionali. La soluzione siamo noi: ognuno, come sempre nella vita, ogni singolo, ogni individuo farà la differenza. La nostra cura siamo noi.

Cinema al chiaro di luna: il ritorno del drive-in – 08.05.2020

La Repubblica Ceca – fino ai primi anni Novanta ancora Cecoslovacchia – ha una lunga tradizione cinematografica: la dittatura comunista perseguitava gli artisti non in linea con il regime, ma d’altra parte ne assoldava altri per spargere il virus totalitario nella popolazione. La cultura cinematografica ceca – in gran parte d’autore – è di pregio, specialmente quella del secolo scorso.

Oggi, il crollo in tutto il mondo del settore cinematografico – come testimoniato dai tanti tg che hanno mostrato i boulevard di Hollywood deserti e interrogativi sull’industry del cinema americano post-Covid-19 –, ha toccato anche Praga. Come altrove, l’industria degli eventi culturali è in grave crisi, ma un ritorno al passato è possibile. No, non al passato recente (quando eravamo liberi di andare al cinema senza curarci del respiro altrui), ma quello quasi remoto.

L’idea di vedere i film “al cinema” in modalità drive-in riporta a molti la mente indietro alla propria giovinezza, quando – con il/la proprio/a partner – guardavano le proiezioni su tela dai sedili dell’auto (spesso sgangherata). È dunque così che da fine aprile anche a Praga, al mercato di Holešovice e presso la stazione merci di Žizkov sarà possibile assistere a diverse proiezioni cinematografiche.

Insomma: c’è voluta la pandemia globale per riportare indietro l’orologio di diversi decenni e guardarsi, come succedeva negli Stati Uniti, un bel film al chiaro di luna. Se molti cresciuti oltre la cortina di ferro potevano solo immaginare sbaciucchiamenti in macchina come avveniva nell’America di un tempo, oggi – decenni dopo – molti cechi possono rifarsi di quell’esperienza.

Nuvole grigie in cielo e sull’economia – 10.05.2020

Dopo lunghe giornate “estive” trascorse in casa e ad invidiare qualunque forma di vita che potesse stare sotto il sole caldo di un cielo azzurro senza nuvole, al cadere delle misure restrittive sulla mobilità personale il cielo si è tinto di grigio: e quando c’è il sole, è un via-vai di nuvole. Sono giorni che a Praga – Praga libera – dopo la fine del lockdown pochi si godono un lento ritorno alla cosiddetta normalità.

Purtroppo, sotto le nuvole e non sotto i raggi del sole. Nel frattempo, lo zoo ha riaperto (i biglietti sono vendibili solo online per evitare lunghe code agli sportelli) e la gratuità delle zone di parcheggio centrali è conclusa. L’ora di fare i conti con le nuvole nere che stazionano sull’economia ceca è arrivata: nel 2020 questa potrebbe vedere una contrazione del PIL del 6.2 per cento; la media europea è stimata a 7.4% rispetto all’anno scorso (fonte: La Pagina).

Il Ministero del Lavoro ha attestato un mezzo punto percentuale d’incremento della disoccupazione, in febbraio al tre per cento su scala nazionale. Relativamente bassa sin dall’inizio della crisi, questa – per il momento – è destinata ad aumentare, ma senza creare scenari apocalittici all’americana. Secondariamente, il debito pubblico salirà entro il 2021 da poco più del trenta per cento (2019) al quaranta per cento.

Un debito relativamente basso, cosa che è servita nel periodo di emergenza. Questo a dimostrare che il governo di Praga, non spendaccione in passato, nel momento del bisogno ha avuto le risorse di cui necessitava, senza devastare l’economia. Altri colleghi europei invece si sono lanciati per anni in considerevoli sperperi e mancette elettorali di ogni tipo: non stupisce che non abbiano potuto aumentare la spesa pubblica senza recare danni consistenti alle casse dello Stato.

Il virus totalitario e le reazioni dei cechi – 12.05.2020

La Repubblica Ceca ha una storia travagliata: non sono passati così tanti anni dalla fine del sistema totalitario comunista – tre decenni, un granello di sabbia nella spiaggia del tempo e della Storia dell’uomo –, ma i danni della dittatura hanno lasciato segni permanente visibili e invisibili sulla pelle dei boemi e dei moravi. Lo spirito patriottico e il ripudio dell’estremismo politico fanno oggi parte del patrimonio culturale comune dei cechi.

E se si guarda come hanno reagito nel complesso i cittadini di fronte all’emergenza del Covid-19, la reazione e la disciplina dei cechi è stata nel complesso notevole. Certo, i furbetti che hanno arginato le regole – alcuni per necessità di portare a casa il pane, occorre ricordare – altri per ripudio dell’ordine ci sono stati, ma si tratta di una scarsissima minoranza.

Si potrebbe azzardare un paragone tra il virus e il sistema totalitario: entrambi hanno colpito la Repubblica Ceca, entrambi sono stati mal sopportati dai cittadini, entrambi hanno aiutato a creare gli anticorpi sociali e uno spirito di resistenza. Il virus, come il Comunismo finito nel dicembre 1989, ruba l’anima, corrompe il fisico, installa la paura dell’altro, nutre i pregiudizi. Diventa sempre più irrespirabile. E può uccidere.

In questo senso, la pandemia di Covid-19 non è stata una novità per il popolo ceco. Da entrambi i virus (quello totalitario e quello odierno) si può imparare. La differenza è che il primo ha fatto danni difficili da cicatrizzare e con cui fare i conti per generazioni; il secondo, con forza e volontà, apertura di menti e frontiere, sprigionamento del libero mercato e della forza dell’individuo, riporterà il benessere che a Praga iniziò trent’anni fa con la Rivoluzione di velluto.

La libertà e la fine, quindi l’inizio, del virus – 14.05.2020

Il Covid-19 si è esteso in tutto il pianeta ad una rapidità impressionante: ha certificato le diverse reazioni di diversi popoli di fronte all’emergenza, ha punito maggiormente chi non ha rispettato le regole della convivenza civile (per cui stando a casa, chi può, fa innanzitutto un favore a se stesso prima che agli altri), ha dimostrato che se c’è un obiettivo comune è possibile fare sforzi straordinari (costo: il benessere economico) per fronteggiare il grande nemico.

In Repubblica Ceca il settore secondario ha sofferto e soffrirà molto, ma l’idea di aver un malessere economico nel lungo termine anziché nel breve, ha spinto l’ultra maggioranza dei cittadini a rispettare le misure del governo: libertà di movimento sospesa e ripristinata in tempi rapidi. Il rispetto delle regole è quantomeno dovuto per puro egoismo e spirito di sopravvivenza: prima si rispettano le regole, prima il virus verrà arginato, prima si tornerà al lavoro e l’economia, piano piano, ripartirà.

Non sarà mai un decreto governativo a stabilire l’inizio o la fine della pandemia. Nelle scorse settimane molti paesi hanno visto rinnovarsi periodicamente i periodi di isolamento dei propri cittadini, nonché strette sui controlli, chiusure e limitazioni. Non è una data e un bollo del ministero che sancisce la morte del virus. Non appena è dichiarato il “liberi tutti”, è possibile riprecipitare nella spirale infettiva.

Il virus non conosce confini o frontiere: acchiappa potenzialmente tutti, dai malati ai sani, dai ricchi ai poveri, dai religiosi agli atei, dagli sciocchi ai savi. Il virus è uguaglianza e ciò che impone l’uguaglianza dall’alto (che siano ideologie totalitarie, leggi disumane o quant’altro) d’imperio o per decreto, alla fine non fa altro che eliminare la libertà individuale. Il bene più prezioso che abbiamo, l’ossigeno che ci è mancato in questi mesi.

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