A Dante e Guccini: la Commedia umana del Maestro

Il canzoniere di Francesco Guccini è ricco di riflessi ed echi letterari, mai banali, ora evidenti ora celati, che con abilità di alchimista il “maestrone” modella ad arte per ricondurli alla propria e alla nostra realtà, facendo rivivere gli antichi versi nel “qui ed ora”. «Burattinaio di parole» e «agnostico inquieto», così si è definito il cantautore emiliano, rifiutando sempre il titolo di poeta e perfino di cantastorie – è questa l’“alternativa” che gli aveva proposto il maestro Ezio Raimondi, di cui fu allievo e sotto la cui guida avrebbe dovuto laurearsi. Un’occasione mancata, pur avendo completato tutti gli esami, che gli costerà l’iniziale perplessità dei genitori («Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante / Mia madre non aveva poi sbagliato a dir: “Un laureato conta più d’un cantante”», L’Avvelenata) e la fama di «eterno studente», come scrive nel suo “testamento” poetico.

Ed è proprio da un Addio, la canzone scritta «nell’anno Novantanove di nostra vita», che conviene iniziare per rintracciare Dante nell’universo di Guccini e per svelare la sapiente tessitura di richiami letterari da lui ordita.

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