Debutta nel Ticino la giovane compagnia Astragalo

Astragalo è una giovanissima compagnia, dalla geografia composita, che debutta con il suo primo lavoro nel Ticino questa sera.

Ivana Di Salvo è siciliana (ma con una esistenza itinerante, formazioni teatrali diverse, tra cui master class con Danio Manfredini che considera il suo maestro), oggi vive a Basilea, dove il gruppo ha la sua base di riferimento, il musicista, Tassos Tataroglou proviene dalla Grecia, svizzero tedesche sono Ursina Natalia Früh (coreografa e danzatrice) e Dominique Lüdi. La loro lingua franca comunicativa è naturalmente l’inglese…

Chiediamo a Ivana Di Salvo, che è anche l’autrice del testo che viene messo in scena, Deriva: quando è nata Astragalo.

Nel gennaio 2018, questo è il nostro primo lavoro.

Deriva è uno spettacolo di danza? Perché leggo la trama molto particolareggiata…

In realtà è uno spettacolo teatrale in cui ci sono parti danzate. C’è molto testo e musica dal vivo. I dialoghi sono metà in italiano e metà in tedesco e anche un po’ d’inglese.

Il tema?

Ci sono tre temi importanti. Il primo riguarda la produzione di armi, abbiamo fatto interviste tra la popolazione del Sulcis-Iglesientes, in Sardegna, dove c’è una fabbrica che produce armi, ha fatto molto scalpore perché vengono vendute in Arabia Saudita che le utilizza nello Yemen.

Per l’esportazione delle armi, vi occupate in qualche modo anche della Svizzera?

I luoghi geografici nello spettacolo restano non definiti. Si parla ad esempio di un’isola senza specificare. L’altro luogo è la Mitteleuropa. Perché sono situazioni che si possono trovare ovunque… Non volevamo incriminare nessun paese preciso.

L’altro tema?

Abbiamo fatto interviste ad altre persone che sono emigrate. Un altro tema importante infatti è quello di lasciare il proprio paese e di adattarsi ad un nuovo posto. Il terzo tema è quello della maternità. A confronto sono due sorelle, una, Sulcis, lavora nell’industria di armi, l’altra, Teulada, ha lasciato la sua terra e si è adattata al nuovo posto in cui vive, tanto che non vuole più parlare l’italiano e si esprime in tedesco. Quindi c’è questa incomunicabilità tra le due sorelle che passa anche attraverso la lingua. Non abbiamo messo sottotitoli proprio perché vogliamo lasciare questa eventuale incomprensione. Ma essendo un dialogo si riesce a ricostruirne il senso e ciò che non si capisce fa parte del gioco. Abbiamo avuto incontri con il pubblico che chiedeva chiarimenti. Ed è bello anche questo.

Come si legano i temi delle armi e dell’emigrazione con quello della maternità? È il rapporto morte-vita?

È emerso durante le interviste e abbiamo deciso di svilupparlo. Qui si rivela come conflitto tra le due sorelle, Teulada desidera avere un figlio, Sulcis è rimasta incinta a sedici anni, ha una bambina, ma non vuole crescerla perché troppo giovane e l’affida alla sorella, ma Teulada vorrebbe avere anche un figlio proprio, partorito da lei e chiede a Sulcis una donazione di ovuli…

Una storia un po’ complicata… Leggo dal vostro volantino di promozione: “Questi personaggi sono come cargo, contenitori di emozioni, di vite potenziali, di corpi mercificati”. Mercificati, in che senso?

Sulcis, lavorando in quella fabbrica, si trova ad essere uno strumento di capitalismo, di guadagno, fa un piccolo lavoro che però ha un grande impatto sull’economia del suo paese, perché tutto resta concentrato su questa industria, non si creano nuove possibilità di lavoro. Abbiamo fatto anche interviste sulla questione della riconversione di queste fabbriche di armi. Abbiamo parlato con Franca Faita, la sindacalista operaia che aveva lavorato nell’ industria di mine “Valsella” in Lombardia, poi riconvertita negli anni ’90 in industria di auto elettriche, infine chiusa.

Siete quindi una compagnia che vuole impegnarsi nell’ambito di temi sociali?

Per noi il teatro non è una semplice rappresentazione, ma deve essere un modo per interagire con la comunità in cui viviamo.

C’è un messaggio finale?

Non vogliamo giudicare, lasciamo allo spettatore la possibilità di farsi una idea sua. Perché il problema delle armi, almeno in Sardegna, è che manca il lavoro, è l’unica possibilità, la fabbrica di armi… Quindi abbiamo fatto una riflessione anche sul diritto al lavoro. In Svizzera è diverso.

Dopo la tappa ticinese, lo spettacolo, che ha avuto piccoli sostegni dal Cantone di Basilea e da diverse fondazioni culturali, sarà in tournée nella Svizzera tedesca.

L’appuntamento con Deriva è questa sera al Teatro Foce di Lugano, ore 20.30.

Manuela Camponovo

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