Eritrea, la Corea del Nord africana: la testimonianza di Daniel R. Mekonnen

No one leaves home unless 

home is the mouth of a shark.

[…]

No one leaves home until home

is a sweaty voice in your ear 

saying –

leave

run away from me now

I don’t know what I’ve become

but I know that anywhere

is safer than here.

[Warsan Shire]

Con queste parole, tratte dalla poesia Home di Warsan Shire, scrittrice britannica di origine somala, il Dr. Daniel Rezene Mekonnen apre la conferenza di ieri sera presso l’Università della Svizzera Italiana, dedicata all’Eritrea. Denominata spesso come la “Corea del Nord africana”, l’Eritrea condivide con questo paese l’ultimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa. Chiunque osi esprimere dissenso è incarcerato senza processo e di lui spariscono le notizie: i familiari non possono sapere dove sia detenuto, né le sue condizioni di salute.
A patrocinare l’evento è Maria Emilia Arioli, presidente del Centro PEN della Svizzera italiana e retoromancia, associazione apolitica che si pone come primo obiettivo quello di promuovere la libertà di espressione e di osteggiare ogni forma di oppressione delle libertà intellettuali.
Sul palco, accanto al Dr. Mekonnen e la Dr.ssa Airoli, c’è una sedia, vuota, e su cui non vi è posto nessun nome: volta a rappresentare tutti gli intellettuali che sono stati arrestati e di cui non si hanno più avuto notizie. Chi ha partecipato alla conferenza del Dr. Mekonnen ha potuto assistere alla diretta testimonianza di un uomo che ha provato in prima persona la dura repressione politica che vige in Eritrea. Direttore dell’Eritrean Law Society, nonché giurista, scrittore e poeta, Mekonnen è un attivista spinto dal desiderio di cambiare la drammatica situazione in cui versa il suo paese di origine.
Dapprima colonia italiana (1890-1941), passa successivamente sotto il dominio inglese (1941-1952) e infine sotto quello etiope (1952-1991), paese con il quale ingaggia una devastante lotta per l’indipendenza (i morti, fra entrambe le parti, ammontano ad oltre 100’000 persone). Dal 1991 l’Eritrea è nelle mani del dittatore Isaias Afewerki, il quale impone condizioni di vita intollerabili: repressione culturale e politica, servizio militare obbligatorio per uomini e donne (dai 18 ai 50 anni), per il quale non è previsto nessun compenso e nessun legame (non è permesso avere una famiglia).
Nel 2000, ad Algeri, viene siglato un accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea, che tuttavia non pone fine alla disumana leva imposta ai cittadini di quest’ultimo paese e alle tensioni. In questo periodo diversi intellettuali, militari, e ambasciatori mettono in questione l’inadeguatezza del governo autoritario vigente e per questo, nel 2001, vengono incarcerati. La storia si ripete con il recente accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea, dell’8 Luglio 2018. Ancora una volta tutti gli oppositori vengono imprigionati; tra questi, l’ex ministro dell’Economia, Berhane Abrehe, autore di Eritrea, My Country, che viene arrestato il 17 Settembre, reo di non aver risparmiato Afewerki da pesanti critiche.
Il Dr. Mekonnen tiene a sottolineare che l’Eritrea non è paragonabile a nessun altro paese africano, considerando anche il fatto che qui non vi è nessuna costituzione e nessuna forma di parlamento. Inoltre, ribadisce il giurista eritreo, non si può parlare per i suoi concittadini di “migranti economici” in quanto si tratta di uomini che fuggono da un paese ove – come ha attestato la Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite per i diritti umani in Eritrea – il dittatore Afewerki sta commettendo crimini contro l’umanità e i suoi stessi cittadini. Come emerge dai rapporti della Commissione stilati nel giugno 2015 e 2016, l’Eritrea è infatti un paese ove omicidi, abusi, prigionia e tortura vengono applicati con leggerezza e su larga scala.
Il Dr. Mekonnen ha coraggiosamente votato la sua vita a difendere i diritti dei cittadini eritrei, e ci lascia con un ultimo monito: quello di considerare che la massiccia emigrazione degli eritrei non è la radice del problema, ma il sintomo della situazione intollerabile che vige nel paese stesso.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al libro The African Garrison State: human rights & political development in Eritrea (2014), scritto dallo stesso Mekonnen e dal Prof. Kjeti Tronvoll.

Lucrezia Greppi

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