FIT: “L’universo è un materasso”, dalla mitologia alla scienza

Manuela Camponovo

C’è un filone tematico, probabilmente involontario, che lega alcune proposte del FIT, il tempo. Lo troviamo al centro delle due coreografie di Sproccati e Tabea Martin e, attraverso la memoria, della creazione di Rodriguez. Per quanto riguarda la rassegna in concorso Young&Kids, ieri Baby Terra per piccolissimi raccontava la nascita del Mondo e quindi del tempo, ancora più pertinente appare nella produzione di oggi pomeriggio, L’universo è un materasso dell’italiana Compagnia del sole. Il monologo (l’autore, Francesco Niccolini, è lo stesso che collabora con Marco Paolini, figura storica del teatro di narrazione) si avvale anche della consulenza scientifica del prof. Marco Giliberti. Diretto e interpretato da Flavio Albanese affronta una materia complessa, che attraversa i millenni, con l’aiuto di battute, sdoppiamenti vocali per determinare buffi dialoghi e qualche trovata scenografica ad effetto come il fondale punteggiato di luci, gli immancabili fumi, la terra-palloncino.

La visione (che non include aspetti della religione cristiana) prende avvio dalle origini mitologiche greche con Gea e Urano fino al protagonista-narratore Crono. Il più piccolo ma determinante dei Titani coglie l’umanità nelle sue iniziali false credenze cosmologiche, successivamente confutate dall’esperienza di una mela che cade, di un cannocchiale, di viaggi esplorativi. Fino a giungere alla teoria della relatività che mette in discussione l’esistenza stessa del tempo, almeno come assoluto. La scena si focalizza nel dialogo con un certo Einstein… Per poi arrivare ai quanti che rivoluzionano i concetti della fisica tradizionale.

Questa volta la proposta si rivolgeva a classi dagli otto anni fino agli adolescenti accompagnate anche dagli insegnanti di matematica. Interessante la conversazione a fine spettacolo, peccato che i docenti hanno trascinato via buona parte degli allievi, alcuni dei quali avrebbero voluto porre delle domande. Flavio Albanese in ogni caso è stato esauriente nello spiegare l’elaborazione del lavoro che riesce a rendere divulgativa una tematica che si presume difficile ma che può diventare anche un’avventura affascinante se trasmessa nel modo giusto, pur con certi schematismi inevitabili. Ma come è stato sottolineato in effetti nemmeno il racconto di Esiodo era troppo lontano da quella verità che sarebbe stata scoperta millenni più tardi, cioè come dal Caos, attraverso la separazione di terra, cielo e mare, sarebbe nato il nostro mondo.

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