Frankenstein, la scienza e l’amore a Piazzaparola
L’apertura della seconda serata di Piazzaparola nell’atrio del LAC, ieri sera, si è svolta all’insegna della scienza con Gianfranco Pacchioni, chimico e divulgatore (L’ultimo sapiens il suo recente libro che dava il titolo all’incontro), affiancato da Giovanni Pellegri. Quest’ultimo, per contestualizzare l’epoca e i suggestivi racconti in cui si è formata l’autrice di Frankenstein, ha fatto riferimento a due aneddoti, gli esperimenti di galvanizzazione operati ad inizio ‘800 sul cadavere di un criminale, ucciso dalla forca, macabri effetti di “rianimazione”, di movimenti indotti attraverso stimoli elettrici e poi il castello tedesco legato alla figura dell’alchimista Dippel (siamo nel XVII secolo), ossessionato dalla ricerca della pietra filosofale e da un intruglio spacciato come Elisir di lunga vita. Entrambe testimonianze del desiderio insito nel genere umano di voler vincere l’ineluttabile suo destino di finitezza, di morte. Ad ogni costo. Questo è stato il punto tematico attorno al quale si è mosso anche il discorso di Pacchioni, l’etica della scienza, l’eterna questione: se tutto quello che diventa possibile, sia lecito realizzarlo. Quando fermarsi, quali i rischi di una tecnologia ad oltranza?
Anche l’ospite è partito dalla letteratura, dalla raccolta Storie naturali, racconti fantascientifici che appartengono alla produzione meno nota di Primo Levi, chimico come lui, scritti tra gli anni ’60 e ’70, incredibilmente profetici. La linea telefonica che per una stranezza di funzionamento diventa globalizzata e che, nell’assurda diffusione di dati, finisce per anticipare la “rete” che oggi ben conosciamo; un bambino diverso dagli altri perché privo di ombelico, il sospetto è che non sia nato naturalmente ma in un laboratorio, a prefigurare le future provette; nel frattempo le scoperte intorno al DNA e al genoma hanno aperto la strada a possibili modificazioni di geni, riparazioni magari, ma da qui a cercare di avere bambini perfetti, esattamente come si desiderano, forse la strada non è così lunga.
E poi un chip impiantato nel corpo che permette di telecomandare le funzioni di apparecchi esterni, ma potrebbe anche succedere il contrario, cioè del cervello comandato da un computer; e quel casco che, indossandolo, provoca la simulazione di esperienze vissute da un’altra persona, che si tratti di calarsi nei panni di un calciatore oppure di un assetato nel deserto… A profetizzare la realtà virtuale, aumentata. Così come è colta anche la futura riproducibilità in 3D di pezzi di ricambio per l’essere umano (e torniamo quindi al mito di Frankenstein).
Levi aveva già intuito i pericoli di un mondo lanciato ad una velocità irrefrenabile verso ogni tipo di conquista e sperimentazione. Ma chi potrà arrestare, chi controllare? Il problema per Pacchioni non è solo di responsabilità, conoscenza, consapevolezza, controllo, ma riguarda anche l’accesso alle innovazioni che per costi e cultura sarà permesso solo ad una parte della società. La discussione tra tecnicoscettici e tecnicoentusiasti è aperta.
È seguito poi l’incontro (Mostruosamente umano) con Lidia Ravera: per quanto interessante la sua figura, non si è capito perché non sia stato affrontato almeno parzialmente il tema dell’amore e della sua mancanza in relazione alla solitudine della creatura di Frankenstein. Le domande di Simona Sala si sono concentrate tutte sulla persona e le opere della scrittrice che si è raccontata con la sua solita graffiante ironia. Di come, non sapendo far altro, negata per qualsiasi tipo di attività e manualità, abbia considerato la scrittura come l’unico mezzo per vivere, per non ridursi alla mendicità… E anche per combattere l’inarrestabile franare del tempo; scrivere, ma anche leggere, nutrirsi dell’intelligenza degli altri, aiutata in questo anche dal fatto che non c’erano distrazioni mediatiche, dopo il Rin Tin Tin televisivo… Un vantaggio, un privilegio, quindi, ha affermato l’autrice prolifica, senza mancare di soffermarsi sulle relazioni maschile/femminile: da allora per la donna non è poi cambiato molto, sia nella giovinezza, sia negli svantaggi della vecchiaia. Ma ha dimostrato di essere orgogliosa di aver fondato l’unica collana d’amore over ’60, Terzo tempo (che è anche il titolo di un suo libro), romanzi “rosa”, da lei personalmente commissionati, di autrici e con protagoniste anziane., per sconfiggere un tabù, nuova frontiera della sua battaglia.
Dal mostruoso alla bellezza, se ne parlerà nella terza serata.
Manuela Camponovo