I colori della mia terra

Domenica 11 aprile su LA1 per Portrait alle 9.30 andrà in onda I colori della mia terra del regista Werner Weick. Il documentario ritrae l’artista Loredana Müller e la sua opera.

C’è un terreno comune, un common ground direbbero gli inglesi, sul quale si muovono spiriti affini. L’affinità si scopre nel momento in cui avviene l’incontro. Ne nasce un tripudio di emozioni, intese, moti d’animo e ispirazioni vivaci, contagiose, soprattutto, la cui bellezza sta nel raggiungere profondità inaudite. È ciò che si sente guardando il documentario I colori della mia terra, la magia scaturita da un incontro, quello tra l’occhio del maestro Werner Weick e l’artista Loredana Müller. Due mondi, due professionalità, due prospettive e un terreno in comune. Quello di casa nostra, tanto per cominciare, del bellinzonese e delle sue valli. La Valle Morobbia, in particolare, dove Loredana Müller camminando tra boschi, sentieri e ruscelli, saltando da un roccia all’altra, raccoglie le terre e gli ossidi che sono alla base dei colori delle sue opere. Camorino, dove l’artista ha il suo atelier e il suo centro culturale Areapangeart fondato insieme al marito Gabriele Donadini nel 2015.

Foto di Massimo Pacciorini

La tana del riccio appena risvegliatosi dal sonno dell’inverno e le grandi mani d’artista disegnate da bambina inaugurano il viaggio documentaristico. Grandi mani che sembrano voler sostenere e contenere ogni cosa. “Tutti gli organismi della terra fanno parte dello stesso albero genealogico” dice l’artista che è pittrice, incisora e ceramista. Dalla Grande madre generatrice, nascono e discendono tutte le cose, in lei troviamo nutrimento, aspirazione e slancio per raggiungere le vette alla costante ricerca di noi stessi. Se questo documentario indubbiamente ci parla dell’artista e del suo talento mettendone in luce la biografia, il carattere, l’essenza stilistica delle incisioni, la cifra delle opere pittoriche, dall’altra ha il merito di farci scoprire il potente tratto distintivo di Loredana Müller. Allieva di Massimo Cavalli, la sua arte trova espressione e compimento nella relazione intrinseca e profonda con il creato, nel rapportarsi e confrontarsi costantemente con ogni particella naturale, dalla formica fino agli alberi. Leale al suo sodalizio con la natura, l’artista rifugge gli schemi e i paradigmi esistenti alla ricerca di una verità propria. 

L’occhio del regista Werner Weick in questo lavora osserva con attenzione e meticolosità questa quotidiana ricerca e riflessione sul qui e ora, il  costante lavoro di modellazione e trasformazione della materia alimentato da un lento e tenace fuoco interiore, cogliendone tutta l’essenza. Con simpatia e delicatezza entra a piedi nudi nella vita e nel fare dell’artista, che lui stesso definisce un inno alle forze della natura, restituendoci un ritratto professionale e artistico che va al di là di ogni estetica e tocca la sostanza, le corde profonde dell’essenza umana. 

(di Natascha Fioretti)

n/a