Il “folle volo” di Piero Boitani sulle metamorfosi: da Omero a Kubrick
Ripercorrere quattromila anni di storia delle metamorfosi: è stata questa l’audace impresa affidata ieri all’accademico Piero Boitani in occasione degli appuntamenti organizzati dall’associazione NEL – Fare arte nel nostro tempo. In compagnia di un fedele equipaggio, il folto pubblico accorso per l’evento, la prima tappa del viaggio condotto da Boitani non poteva che essere l’Odissea di Omero, ove si narra del divino Proteo, oracolo mutaforma in grado di predire il futuro a chi fosse stato in grado di catturarlo. Metafora della conoscenza instabile, mutevole e in perenne trasformazione, Proteo assume qualsiasi sembianza: Menelao, che riesce ad afferrarlo, lo vedrà trasformarsi in leone, serpente, leopardo, suino, acqua e albero, prima di riprendere la forma umana e predirgli il futuro. La divinità marina svela così al Re di Sparta diverse verità, tra queste, dove si trova l’eroe dal multiforme ingegno: Ulisse è in un’isola lontanissima ai confini del mondo, Ogigia, dove è prigioniero e amante di Calipso. Agli antipodi del mondo si trova anche Ovidio quando scrive Le metamorfosi, cacciato da Roma ed esiliato a Tomi, sul Mar Nero, dove cerca di riconquistare il favore di Augusto. Il poeta canta le trasformazioni che si verificano nell’universo, dal Caos primigenio sino al catasterismo di Giulio Cesare, divenuto un astro del cielo. Nel fitto reticolato di metamorfosi raccolte, rielaborate e rinnovate da Ovidio (sono ben duecentocinquanta) Boitani ha rievocato quella di Dafne, che sfugge alle brame di Apollo trasformandosi in alloro; quella di Narciso in fiore, tradito dal suo amato, agognato e irraggiungibile riflesso; quella di Eco, prosciugata per l’amore di lui, che non la ricambia, e diventa una sola voce; e ancora, quella di Arianna in Corona Boreale, e quella di Licaone, tiranno d’Arcadia trasmutato in lupo da Giove per punire la sua ferocia.
Il poema mitologico di Ovidio affascinerà anche i cristiani, che non potendogli resistere, lo allegorizzeranno. «Il Cristianesimo promette la metamorfosi», ha commentato il relatore, ricordando il Vangelo secondo Giovanni, che promette la trasformazione nei figli di Dio, per chi accoglie la Parola; la Prima lettera ai Corinzi, dove San Paolo annuncia che «i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati»; e la Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino, in cui si afferma che risorgeremo come stelle. La promessa di questa trasformazione è parte del successo dello stesso Cristianesimo: che l’anima fosse eterna lo aveva già affermato Platone, nel suo Fedone; il filosofo, ha inoltre ricordato Boitani, ne La Repubblica aveva ispirato il mito della metempsicosi trattando del mito di Er, ove si dice che prima della nascita l’anima di ciascuno di noi sceglie un disegno di vita che poi vivremo sulla terra; si tratta di una vera e propria reincarnazione (non resurrezione, tiene a sottolineare il relatore): Ulisse stanco di rischiose avventure, preferisce la vita di un qualsiasi uomo tranquillo, mentre Agamennone decide di vivere come un’aquila. In asino, invece, sarà trasformato Lucio – il protagonista de Le metamorfosi di Lucio Apuleio, altresì noto, per l’appunto, come L’asino d’oro – che dopo varie peripezie riuscirà a recuperare la sua forma umana mangiando le rose che adornano il sistro di un sacerdote, presente alle celebrazioni indette in onore di Iside. Dovrà lottare per riconquistare il suo originale aspetto anche Gregor Samsa, ne La metamorfosi di Franz Kafka, risvegliatosi nel corpo di uno scarafaggio.
«Per me l’immagine più perturbante e affascinante è quella della trasformazione definitiva dell’uomo sapiens», ha affermato Boitani, individuando nel capolavoro di Stanley Kubrick il paradigma essenziale dell’immaginazione tardo novecentesca. In 2001: Odissea nello spazio viene ripercorsa la genesi dell’uomo – celebre la scena in cui uno dei primi ominidi, dopo aver visto un grande monolite nero, impara istintivamente a maneggiare gli oggetti e ad usarli come utensile e arma – e la sua evoluzione. Scrutando sempre il monolite, il protagonista, sdraiato nel letto e al massimo della vecchiaia, rinasce in forma di un enorme feto cosmico, il “Bambino-delle-Stelle”, che scruta la Terra dallo spazio. David Bowman si è evoluto trasformandosi da essere umano in una forma di vita superiore, quella che Boitani chiama «uomo sapiens sapiens sapiens» o, riprendendo Friedrich Nietzsche, il «superuomo». Non per niente la musica che accompagna questa estrema metamorfosi è l’inizio del poema sinfonico di Richard Strauss: Così parlò Zarathustra. «Credo che siamo alla vigilia di quella che chiamo nuova età volgare: un mondo nuovo di cultura, letteratura, musica e pittura», ha concluso Boitani, precisando che non è detto che questo «superuomo» sarà meglio di noi, ma crede, e spera, che sarà dotato di nuove capacità morali («virtute») ed intellettuali («canoscenza»).
Lucrezia Greppi