Il terremoto del Belìce, un viaggio per immagini

Il Belìce devastato dal terremoto e rivisitato dopo una rinascita lenta e incompleta. È un viaggio per immagini, ma non solo per immagini, sulla grande tragedia di oltre mezzo secolo fa quello che l’Istituto nazionale di vulcanologia propone nel libro “Belìce punto zero” (Ingv edizioni, 191 pagine).

L’impianto del volume si regge principalmente sugli scatti dei fotoreporter de L’Ora tratte dall’archivio del giornale acquisito a suo tempo dalla Biblioteca centrale della Regione siciliana. Quelle foto raccontano paesi distrutti, vite stroncate, volti devastati dal dolore. La narrazione visiva della tragedia del gennaio 1968, che riempì le pagine del giornale, viene ora aggiornata con le foto degli allievi del corso di fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Tornati nel Belìce, vi hanno trovato scenari spettrali (erbacce, ruderi e macerie) ma soprattutto paesi rinati come Gibellina, Salaparuta e Poggioreale ricostruiti per intero in altri posti secondo visioni urbanistiche che hanno suscitato discussioni per avere cancellato memorie, sistemi culturali, modelli di vita. Le immagini più recenti, scrive Mario Mattia ricercatore dell’Ingv, “ci mostrano la durezza estrema di un processo di ricostruzione lentissimo e goffo e infine quelle del territorio belicino così come si presenta oggi, con le sue ferite ancora aperte, in mostra per chi abbia ancora voglia di ‘guardare’ il corpo vivo e ancora sanguinante di questo tessuto sociale”.

Oltre ad alcune testimonianze di sopravvissuti e di personaggi simbolici, il libro contiene i contributi di esperti, studiosi, giornalisti. Viene tra l’altro descritta la tecnica di valorizzazione dell’immagine fotografica da parte del giornale L’Ora e viene inquadrato, con l’apporto di studi sociologici, quello che già prima del terremoto era un territorio di frontiera da sempre alle prese con i problemi di uno sviluppo mancato oppure ritardato.

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