“In fondo agli occhi”: Tiresia racconta la cecità fisica e morale
Un inedito e moderno Tiresia, sul bancone di un bar qualunque in Italia, grida con scanzonata ironia i pregiudizi sui ciechi e i mali che affliggono il suo paese, o meglio, i suoi abitanti, molti dei quali troppo spesso si abbandonano a un vuoto lamento. A interpretarlo è Gianfranco Berardi, insignito del Premio Ubu 2018 come miglior attore, che insieme alla socia Gabriella Casolari, ha ideato In fondo agli occhi, spettacolo messo in scena ieri sera al Teatro Foce di Lugano, e che si inserisce all’interno delle iniziative proposte da Orme, il Festival internazionale di arti inclusive della Svizzera italiana.
Sorprende la capacità di Berardi, cieco dall’età di 18 anni, di dominare il palcoscenico, sul quale si muove molto spontaneamente, catalizzando l’attenzione degli spettatori. A confrontarsi con Tiresia è Italia, una donna delusa dalla vita che, dopo la separazione dal marito, è divenuta la sua amante. Impersonata da Gabriella Casolari, è la co-titolare del “Bar Italia”, ormai non più frequentatissimo, ma dove in passato si riunivano le più diverse e bizzarre persone, come l’ubriaco del paese, la più bella della classe e il ricco imprenditore in perenne debito.
Le cose sono però cambiate, Tiresia e Italia sono ormai soli, e anch’essi vorrebbero abbandonare il paese in cui vivono, definito in più occasioni come un “cimitero”. Entrambi guidati da desideri semplici e comuni – Italia vorrebbe vincere alla lotteria e vivere in un’isola tropicale, Tiresia ambisce a diventare ricco e famoso, e ad avere un figlio calciatore – sono insoddisfatti dalla vita che conducono. In particolare, Italia, è amareggiata per il tradimento del marito, scappato con quella che credeva una sua amica. Mentre racconta la vicenda agli spettatori imbocca Tiresia, il quale, a casa dell’euforia della donna, che continua ad agitare le sue mani, compie non poca fatica ad addentare il frutto che Italia ora offre ed ora allontana. Questa scena in particolare ha massimamente divertito gli spettatori del Foce, così come i continui battibecchi tra i due.
Il pungente spettacolo, tra il serio e il faceto, affronta il tema della cecità da due punti di vista: quello reale, dove la malattia fisica diventa un filtro speciale attraverso cui analizzare il contemporaneo, e quello metaforico, in cui la cecità è metafora della condizione di un intero paese. Il racconto, privo di ipocrisia e retorica, descrive i limiti ma anche i vantaggi di questa condizione: l’impossibilità di vedere la donna amata, ma anche il lusso di non vedere i mediocri; il limite fisico, ma la preziosa possibilità di vedere la vera realtà. «Siccome avete gli occhi, credete di vedere, ma quello che guardate, non è la verità!» – così commenta Tiresia in un momento dello spettacolo, in cui riassume chiaramente il concetto che la vera cecità è quella di chi non riesce a capire il mondo in cui vive e brancola nel buio senza via d’uscita.
Lucrezia Greppi