A “Infernum”, tracce dantesche nelle tracce rap

«L’enfer, c’est les autres»: il monito di Sartre sembra aleggiare sulle note di “Infernum”, il concept album di Claver Gold e Murubutu uscito il 31 marzo 2020 per Glory Hole Records, e anticipato dal singolo Paolo e Francesca, pubblicato esattamente un anno fa. Il 25 marzo, data del primo Dantedì e del giorno che oggi come allora segna l’inizio del viaggio ultraterreno del Poeta. Sette secoli ci separano da Dante: partendo da questo dato e seguendo una geniale quanto semplice intuizione, i due moderni cantori della perduta gente fanno riemergere dalla voragine infernale i dannati attualizzando il poema. Non una discesa agli inferi ma un viaggio nella città dolente, non nell’altro mondo ma in questo mondo. «L’inferno sono gli altri»: gli sguardi ostili che condannano l’amore di Francesca e la passione di Taide, gli occhi maligni che feriscono e spezzano l’innocenza di Pier, alter ego del cortigiano suicida che qui diviene un bambino vittima del bullismo.

I due cantautori rap, sulle orme di Dante, creano un’opera antropocentrica, con al centro l’uomo e le sue debolezze; indagate non con lo spirito di chi si erge a giudice dell’umanità affrontando una mitica catabasi, bensì con l’atteggiamento di due indulgenti osservatori che riscoprono l’inferno sulla terra. “Infernum”, pubblicato nel periodo più buio della pandemia, materializza così l’inconsistenza del dolente regno, giacché, come aveva intuito Mandel’štam «l’inferno in sé non racchiude nulla ed è privo di volume, allo stesso modo in cui ne sono prive un’epidemia, una pestilenza – allo stesso modo in cui un qualsiasi contagio semplicemente si diffonde, pur non essendo dotato di spazialità». Una sola schiera di dannati è oggetto delle più feroci invettive: coloro che hanno infettato la musica rap, in nome dei sùbiti guadagni.

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