Italia, tre su quattro teatri in profonda crisi

In Italia il settore della cultura ha subito danni a causa della pandemia e la ripresa sembra una strada difficile dall’editoria alle mostre, dal cinema alla musica. Ma pare che la situazione più drammatica sia quella del teatro con 3 aziende su 4 che hanno fatto ricorso ad ammortizzatori sociali e hanno dovuto risolvere i contratti con fornitori e compagnie.

A sottolinearlo è uno studio SDA Bocconi che sostiene la necessità di «Rivedere il modello di businnes»; in particolare, si sottolinea nello studio coordinato dal professor Andrea Rurale, il 76,5% dei teatri ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, contro il pur ragguardevole 48,7% dei musei. E anche le prospettive di ripresa, viene fatto notare, sono molto diverse.
La ricerca, svolta nell’ambito dello SDA Bocconi Arts and Culture Knowledge Centre, prende in esame un campione costituito da musei (musei civici, poli museali regionali, gallerie, fondazioni musei nazionali autonomi) e teatri (fondazioni liriche sinfoniche, teatri di tradizione, associazioni teatrali indipendenti) per il periodo 20 aprile-12 maggio 2020.

Secondo Rurale, lo studio dimostra che i musei avranno più facilità a ripartire: «il distanziamento sociale è impensabile in una sala teatrale sia tra il pubblico, dove metà della platea risulterebbe vuota, sia sul palcoscenico dove si potrebbero mettere in scena solo monologhi. Nei musei invece le opere sono già presenti ed esposte e possono organizzarsi per limitare gli accessi e predisporre nelle sale percorsi obbligatori, mentre i teatri devono interagire con manager e artisti oltreché con il pubblico».

«Se entrambi hanno sofferto per i mancati introiti derivanti dalla vendita dei biglietti e dalle sponsorizzazioni – spiega ancora Rurale – i musei sono avvantaggiati dal fatto di avere in molti casi i dipendenti pagati dallo stato, mentre nei teatri il personale è quasi sempre a carico delle stesse istituzioni». Senza ovviamente dimenticare il gran numero di persone, i cosiddetti lavoratori intermittenti, come maschere e guide turistiche, che sono stati esclusi da tutti gli ammortizzatori sociali previsti nei primi decreti.

Nonostante entrambe le categorie prese in esame abbiano garantito una presenza costante sui social utilizzando soprattutto materiale d’archivio per creare storyrtelling (lo ha fatto il 77% delle istituzioni del campione) e contenuti per il giovane pubblico (65%), queste attività, fa notare ancora Rurale, «sono completamente gratuite e non fanno altro che sottolineare ulteriormente la precarietà di un modello di business che dipende troppo dagli introiti dei biglietti e dalle sponsorizzazioni, che in questa fase sono state quasi interamente riversate sul fronte sanitario. Il sistema si regge su un equilibrio precario che coinvolge il più grande finanziatore delle attività teatrali, che è la pubblica amministrazione insieme con le sponsorizzazioni private spesso con un orizzonte a breve periodo e i ricavi della biglietteria».
Dall’analisi, e dalla conclusione di Rurale, emerge «la necessità di un approccio strategico a medio lungo periodo, la necessità di programmare più a lungo non solo il calendario di ogni stagione ma anche l’evoluzione delle altre attività». (Fonte ANSA).

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