La conferenza di Evelina Bernasconi sul librettista locarnese Angelo Nessi

Domani, martedì 4 febbraio, alle ore 18.00, presso la Fonoteca Nazionale Svizzera al Centro S. Carlo di Besso (Via Soldino 9, Lugano-Besso), prosegue il ciclo di incontri mensili promossi dall’associazione Ricerche Musicali nella Svizzera italiana. Evelina Bernasconi parlerà di Angelo Nessi: librettista, dal Ticino a Milano.

L’entrata del Centro San Carlo a Lugano, sede della Fonoteca Nazionale Svizzera.

Angelo Nessi (Locarno, 1873-1932) fu uno scrittore, poeta e librettista. Dopo gli studi liceali a Lugano e a Milano, conseguì la laurea in lettere all’Università di Pisa e quella in filosofia all’Università di Genova. Tornato nel Ticino si dedicò al giornalismo. Nel 1898 fu redattore del Corriere del Ticino e in seguito corrispondente di giornali e riviste italiani (Secolo, Verde e Azzurro, Unione, Gazzetta letteraria, La Festa). Collaborò con Francesco Chiesa alla breve stagione della Piccola Rivista Ticinese (1899-1901) dove pubblicò prevalentemente poesie. Nel 1907, ancora con il Chiesa, assunse la responsabilità per le questioni letterarie nella redazione di Pagine libere, la rivista fondata a Lugano da esponenti socialisti italiani. A quel tempo la sua attività artistica si riduceva prevalentemente alla poesia e a qualche tentativo di teatro dialettale. Decisivo fu l’incontro con Ruggero Leoncavallo che nel 1904 si era stabilito a Brissago. Non solo Nessi ebbe modo di frequentare la casa del prodigo compositore, ma ne divenne amico e collaboratore. Per Leoncavallo scrisse infatti i libretti di tre lavori: MajaMalbruck, La Foscarina. Assecondando la vocazione teatrale che l’esperienza con Leoncavallo aveva corroborato, nel 1910 si trasferì a Milano dove in vent’anni circa di lavoro sarebbe riuscito a produrre una sessantina di libretti d’opera, di operetta, di rivista e di azione teatrale con musica. Durante la guerra, venendo meno le occasioni teatrali, si guadagnò da vivere come insegnante nel ginnasio di Monza e nelle scuole serali di Milano. In un certo senso, l’attività di artista indipendente lo espose anche in seguito a situazioni di precarietà economica; precarietà accettata in nome dell’identificazione dello scrittore locarnese con la Scapigliatura che, pur avendo ormai concluso la sua stagione storica, ripercuoteva la sua eco nell’ambiente milanese del tempo. A Milano fu critico teatrale dell’Opera Comica e del Messaggero dell’Operetta, mentre, accanto al giornalismo e alla librettistica, scrisse poesie, novelle e un romanzo, Cip. Con il Ticino, e soprattutto con la città natale, mantenne rapporti stretti e tormentati: molte pagine dei suoi scritti dedicate al paese d’origine sono solcate da causticità, ironia e anche amarezza di fronte a un mondo provinciale che gli fu spesso ostile. Nel 1927 il comitato di organizzazione della Festa delle Camelie lo chiamò a Locarno per affidargli il compito di allestire lo spettacolo della festa. I suoi libretti furono destinati soprattutto al teatro leggero, ma non per questo si adagiò alla disinvoltura del consumato mestiere che tutti gli riconobbero, come dimostra Lapiccina dei fiammiferi, un’azione mimicolirica che combina nello stesso contesto diverse e moderne direzioni di ricerca (canto, recitazione, pantomima e cinematograto). Si spense a Locarno, qualche tempo dopo aver terminato la stesura dell’Antologia degli scrittori ticinesi che gli era stata commissionata due anni prima dal governo cantonale, ma che le autorità non ritennero mai di pubblicare.

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