La cultura chiude, ancora

Mentre si continua ad assistere ad assembramenti alle fermate dei mezzi pubblici (con e senza mascherina, tanto nessuno controlla), sui bus, nei grandi magazzini dove l’entrata non è contingentata come nei piccoli negozi, e si hanno continue notizie di assenze per virus nelle scuole e di contagi… le nuove disposizioni annunciate domenica dalle autorità cantonali, bloccano del tutto, ancora una volta, cultura e sport (quest’ultimo con alcune eccezioni, ma senza spettatori). Massimo cinque persone per le manifestazioni, sia pubbliche sia private, significa non avere il coraggio di dire: chiusura di cinema, teatri e qualsiasi altro tipo di evento, come in Italia. Avevo già espresso dubbi sul senso di operare in questo modo. Se la situazione pandemica è tragica allora si proclami un altro lockdown, non si prendano provvedimenti così inutili, perché se ci sono ambiti controllabili sono proprio quelli delle attività culturali, come già scritto, dove sono possibili in maniera chiara tracciabilità, distanziamento, igiene, osservanza generale delle norme di sicurezza. Affidarsi alla responsabilità individuale va bene per tutto il resto, ma non per questo? O si ritiene che le ricadute economiche in tali settori non siano poi così gravi? Le somme, anche sanitarie, le tireremo fra qualche settimana, ma le autorità cantonali non dimostrano particolare lungimiranza in tale frangente. Senza contare quanto significhi per l’essere umano allenare il corpo e la mente, non solo vivere per una sopravvivenza materialistica.

Manuela Camponovo

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