A La Venezia sconosciuta (1)

12 giugno – Mi metto in movimento il primo giorno per me possibile, sperando che Venezia non sia già presa d’assalto. Di nuovo. Non sarà certo deserta come l’ho vista alla tv durante il lockdown, ma forse… pare che siano tornati anche i pesci nel Canal Grande… Rondini e farfalle a volare indisturbate… Ma adesso ho già visto bambini a cavalluccio dei leoncini di San Marco. Chi sperava in un turismo post-Covid più rispettoso, resterà deluso.

Viaggio macchinoso, la frontiera è aperta, almeno per gli svizzeri, ma i treni non la varcano ancora, così raggiungo Chiasso e mi faccio accompagnare in auto fino a Como. Nessun controllo alla dogana, ma l’Italia sembra un altro mondo: senza mascherina non si va e non si entra da nessuna parte, anche i guanti sono graditi, altrimenti c’è l’obbligo di disinfettarsi e addirittura prima di passare la soglia di un bar misurano la febbre. Annunci a ripetizione e segnaletica ovunque, ossessiva persino, ad indicare distanze e flusso di direzione. La biglietteria della stazione comasca è chiusa e c’è un’aria di abbandono e ristrutturazione, con impalcature e recinzioni rosse. Ma il treno, contrariamente a quanto mi avevano detto alla biglietteria di Lugano, arriva fino alla Centrale ed è un TiLo (mi avevano informato che non viaggiavano sulla tratta italiana, per cui si arrivava a Porta Garibaldi), meglio così.

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