L’ardente Angela da Foligno di Antonio Zanoletti

Un personaggio, oggi una santa, che è un enigma e per questo ancora più affascinante. Non si conosce la data esatta della sua nascita (1248?) ma quella della morte, 1309, che per qualcosa di più di una semplice coincidenza corrisponde anche a quella dell’apertura della Chiesa di San Giorgio a Morbio Inferiore, dove ieri sera si è tenuta la rappresentazione L’amore crocifisso – Le parole ardenti di Angela da Foligno. Una donna che condusse una vita disordinata, prima della conversione e di cui si hanno notizie vaghe. Rimasta in un’atroce solitudine dopo la morte della madre, del marito, dei figli, distribuì i suoi averi ai poveri e da allora volle seguire l’esempio di San Francesco. Ci restano gli scritti. Ma come è possibile che una donna illetterata, ignorante, abbia potuto esprimersi con quelle parole, ardenti, sapienti, profonde? Antonio Zanoletti che, sul tradizionale invito (da anni esiste questo sodalizio) del Circolo “Cultura, insieme” di Chiasso, ha curato la messinscena, si è dato una risposta: nel “vuoto”, che il mistico crea dentro di sé, ha potuto rivelarsi, manifestarsi, “accasarsi” potremmo dire, la voce di Dio. Che è voce per i poveri, in pieno spirito francescano (e non a caso Angela da Foligno, beatificata da tempo, 1693, è stata proclamata santa dall’attuale Papa Francesco nel 2013), ma anche voce di dolore, di sofferenza, e al tempo stesso, d’infinito amore (da qui anche il titolo ossimorico del lavoro). Gli scritti sono stati raccolti dal frate Arnaldo che ha funzionato da scrivano. Quindi lei ha dettato le sue memorie. Zanoletti, regista, ha deciso di non utilizzare le traduzioni in lingua, ma di conservare gli originali, quel misto di italiano medievale e dialetto umbro, per trasmettere in tutte le sue luci e ombre, l’icasticità espressionista di questo verbo. Il frate (Giacomo Lisoni appena visto nei panni di San Lorenzo in Cattedrale a Lugano) introduce e “cuce” il racconto, ma lo spazio è tutto per lei (Marialaura Ardizzone) sviluppato ora in un monologo, ora in un dialogo con la croce che domina, figurativamente, anche la scena e che “parla” (con interventi dello stesso Zanoletti), parola di Cristo e parola di Dio, creando una sorta di comunione, di fusione. Angela grida, si contorce nei tormenti e nei dubbi della prescelta, il dolore, tra penitenza e paure, è tanto spirituale quanto fisico. Di fronte allo spettatore è lo sviluppo di una ricerca lenta che cresce e si scopre in anni, condensata qui in poco più di un’ora, la peccatrice che non si sente degna ma si trova collocata in pieno dettato evangelico degli ultimi elevati a primi. Lei è tutta passione, slancio irrefrenabile, mentre Dio è colui che contiene, che dà la necessaria misura, che reclama calma ma anche un amore senza limiti. In questa aporia si dibatte l’anima irrequieta di Angela. Illuminazioni e notti che sono necessarie le une alle altre per arrivare ad un compimento. Con tutti i passaggi che richiede una vera passione amorosa, rapimento e abbandono, insicurezza e condivisione, essere una cosa sola, soffrire e gioire insieme. È il processo mistico, al di là della comprensione, Angela ne diventa vittima sacrificale e artefice. Il frate trascrive ma è impossibile il racconto, senza perderne parte del significato. Diciamo allora che, oltre lo scritto, qualcosa in più ci può dare il teatro, attraverso il corpo e le sonorità dell’interprete, intensa, mai risparmiata, senza cedimenti, in una prova che immaginiamo faticosa e che richiede anche da parte dello spettatore una concentrazione non comune, in questa facilità e frenesia dei tempi. Ma se la rappresentazione è stata all’altezza della Settimana Santa, lo è stato anche il pubblico che ha assistito.

Manuela Camponovo

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