A L’arte contemporanea e il sacro

Arrivandoci, la prima opera è di Tony Cragg, alluminio dipinto di rosso realizzata per l’occasione. L’ultima, XIV Stazione, di Tatsuo Miyajima, una corona rosso accesa di led programmati. La seconda di Alberto Garutti, una corona-pellegrinaggio in fili d’ottone, la penultima, XIII, di Felice Varini con le sue forme geometriche bidimensionali in rosso, colore di passione, che nettamente prevale. Dove siamo? In un Museo della migliore arte contemporanea? Potrebbe benissimo, invece siamo a Carona, nel bosco, nelle cappelle della Via Crucis alla Madonna d’Ongero. Tra gli estremi, tra l’artista inglese e il giapponese, l’italiano che frequenta la Svizzera e lo svizzero che vive in Francia, altre 10 opere di artisti internazionali e giovani ticinesi (un’autentica scoperta) lungo la dolce ascesa ritmata dalle cappelle. 14 Stazioni che introducono a quel gioiello barocco che è il santuario della Madonna d’Ongero: prima chiesetta del 1515 con l’immagine miracolosa, poi santuario della prima metà del ‘600, interno armonioso a croce latina, pregevoli stucchi dei Casella, ampi affreschi di cui uno certo del Petrini.

Lo spazio, dentro e fuori, è indiscutibilmente sacro. Le 14 opere confermano che la sacralità è accogliente: oltre a Cragg, Miyajima, Garutti e Varini ecco susseguirsi, ognuna fortemente caratterizzata, le opere di Miki Tallone, Livio Bernasconi, Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger, Bettina Pousttchi (Take a stone and place it here below, e la risposta è corale…), Tonatiuh Ambrosetti, Wolfgang Laib, Lawrence Carroll, Daniela Droz, Marta Margnetti, Fiorenza Bassetti. Ne nasce un dialogo-confronto tra artisti e generazioni, materiali e stili, recuperi e slanci (Cragg che torna all’alluminio, Livio Bernasconi fedele all’acrilico su tela) centrato sul tema del sacro, uno dei perni attorno al quale ruota l’arte contemporanea. Anche qui ha quali referenti la storia e la vita, lo spazio e il tempo, che in forme diverse si richiamano e rilanciano avendo sullo sfondo la prospettiva della morte e della rinascita. Indicativa l’opera di Wolfgang Laib: commovente osservarlo, tutto solo in quella radura architettonica, dipingere a matita, ricollegandosi al memento mori da cui erompe in S. Maria Novella a Firenze la Crocifissione di Masaccio, e pastello ad olio bianco, su sfondo bianco…

Le cappelle vanno centellinate una ad una e poi razionalizzate nell’insieme. Per capire nell’intimo dei pensieri e delle formulazioni espressive il viaggio degli artisti (e, in concentrato, dell’arte contemporanea) verso quel tanto di sacralità che è nell’intimo di ognuno e fuori nella natura, nella storia, nel cosmo infinito. A questo molto soccorre l’attraversamento di Carona con la sua storia di magistri e di emigrazione, e quel breve, intenso percorso iniziatico che attraverso il bosco conduce alla radura della Via Crucis e alle opere di una singolare, straordinaria mostra (da un’idea di Elena Buchmann) in un museo fatto di natura, storia, spiritualità, silenzio e tempo sospeso.

Dalmazio Ambrosioni

Carona, Via Crucis della Madonna d’Ongero, “14 artisti”. Fino al 16 settembre.

 

Felice Varini, Cappella. Senza titolo, 2018, pittura acrilica

 

Tony Cragg, Versus, 2018, alluminio

 

Tonatiuh Ambrosetti, La Soglia, 2018, legno, abete Rosso del Malcantone carbonizzato

Per gentile concessione di Buchmann Galerie Agra/Lugano e degli artisti
Foto:
Antonio Maniscalco

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