Leggere è (di nuovo) un’arte per pochi?
Voi siete liberi; ma che gioveravvi la libertà del pensiero, se voi non avrete pensieri? (Carlo Cattaneo)
Giovanni Boccaccio, nel suo Trattatello in laude di Dante, racconta che il sommo poeta, recandosi a Siena, sedutosi su una panca e iniziando a leggere un non specificato libro, «cupidissimamente cominciò a vedere». La concentrazione dell’Alighieri fu tale che non si accorse della «general festa de’ Sanesi» – e quindi del chiasso delle persone e degli strumenti, così come dei «balli di vaghe donne» e «giuochi di molti giovani» – tanto che «né alcuna volta [lo videro] levare gli occhi dal libro». L’imperturbabile vate prosegue nella lettura, iniziata ad «ora di nona» e conclusa nel «passato vespro»; solo dopo che «tutto l’ebbe veduto e quasi sommariamente compreso» distolse i suoi occhi dal libro. Passando dal tredicesimo al ventunesimo secolo, potremmo forse forzatamente dire che se Dante fosse vissuto nel nostro tempo non si sarebbe certo fatto distrarre dalle continue sollecitazioni (se così vogliamo definirle) cui siamo sottoposti: notifiche dei vari social network, avvisi di mail e aggiornamenti di ogni sorta, squilli del telefono, comunicazioni di news dell’ultima ora… Il paragone è brutale, ma nei tempi bui in cui viviamo, il “progresso” scientifico ci ha più o meno consapevolmente scagliato a migliaia di anni luce… nel passato. Nessun Indice dei libri proibiti, nessun rogo delle biblioteche è più “necessario” oggi: i libri – di qualità, ossia in grado di veicolare esperienza e contenuti – sono semplicemente e tragicamente ignorati, i lettori diminuiscono, e tra questi è necessario fare una distinzione tra chi si informa consapevolmente e accresce la propria cultura, e chi si aggiorna su contenuti di bassa qualità o della più becera attualità. La capacità di concentrazione del lettore sul web è ancor più preoccupante: diversi studi hanno dimostrato che si riduce a poco meno di un minuto. La follia di Don Chisciotte è dunque scongiurata, ma che ne è del nostro pensiero critico?
Il tema della crisi della lettura, così come del mercato librario, è stato l’oggetto degli interventi di Luca Saltini, Jacopo Guerriero e Marco Maggi, in occasione dell’incontro tenutosi il 12 novembre alla Biblioteca Cantonale di Lugano: Un lungo apprendistato. La lettura e lo sguardo sul mondo nell’era dei social. Jacopo Guerriero, Capo Ufficio Stampa della Giunti, ha esordito portando alla luce un dato allarmante: tra il 2015 e il 2018 gli editori italiani hanno perso oltre un milione di copie vendute. Di fronte a un mercato editoriale in caduta libera si cerca di supplire con la produzione esagerata di titoli, circa 60’000 annui. La sovrapproduzione di informazioni e notizie si verifica anche su internet, fattore che incide da un lato sulla capacità di concentrazione del lettore, e dall’altro sui contenuti su cui ci si orienta. Sia nel digitale sia nel cartaceo la lettura profonda è una rarità, prevale quella superficiale: la parola poetica e letteraria non affascina più.
Sul “lungo apprendistato” della lettura si è soffermato anche Luca Saltini, responsabile delle attività culturali della Biblioteca Cantonale, sottolineando che leggere richiede del tempo, per l’atto stesso, ed anche, e soprattutto, per entrare nel mondo dell’autore, cogliere la sua esperienza e i messaggi che intende veicolare. Il problema è che la frenesia del mondo contemporaneo – che ci vuole iper-connessi e iper-aggiornati – va nella direzione diametralmente opposta: oggi viviamo nel quotidiano e nel contingente, sembra quasi che la Storia non conti, ma che ad essere importante sia solo l’immediato. Anche nel settore professionale, commenta Saltini, è esploso il settore della formazione continua, finalizzata non a comunicare un sapere, bensì necessità pratiche e immediate. Ad emergere in questo mondo sono i cosiddetti “influencer”, l’omologazione totale delle mode del momento. È la letteratura, conclude Saltini, ad avere il potere di spezzare questo circolo vizioso, questa omologazione, e di far maturare quella capacità critica che andiamo perdendo.
L’intervento di Marco Maggi, Professore dell’Istituto di Studi Italiani dell’USI, come ha sottolineato lo stesso, contrappone al pessimismo della ragione, l’ottimismo della volontà: la circolazione di libri di qualità genererebbe nuovi lettori; se pur è innegabile che l’avvento dei supporti digitali comporti spesso una lettura breve e informativa – aggiunge –, si possono tentare nuove vie per promuovere una lettura profonda, anche sullo schermo. È necessario far fronte alla rivoluzione digitale, insegnando che la lettura è una vera e propria arte, rendendo consapevole il lettore che essa richiede un esercizio continuo, e creando nuovi spazi per una “lettura libera”, costruendo – propone il professore – delle nicchie nelle biblioteche che prevedano anche la possibilità di disconnessione dalla rete.
Lucrezia Greppi