Louis Kahn e la sua idea di Venezia

Dalmazio Ambrosioni

Dall’esterno il Teatro dell’Architettura a Mendrisio appare costituito da un cilindro sormontato da un cono. Un progetto di Mario Botta, che ne è anche il direttore, un’idea di geometria bella efunzionale visto che all’interno, attorno ad un cilindro (appunto il “teatro”) si sviluppano cerchi concentrici su quattro piani, tre dei quali come spazio espositivo. È bello pensare che questo “teatro” sarebbe piaciuto ai maestri di Botta, da Carlo Scarpa a Mazzariol fino a Louis Kahn ai quali rimanda fruendo oltretutto della mediazione di Venezia, “architecture of joy”, luogo di storia arte e bellezza oltre che di ispirazione e formazione. Cosicché questo Teatro “nato originariamente insieme all’idea di Accademia ed ora finalmente realizzato”, come precisa Mario Botta, mentre è un complemento alla didattica e una palestra per gli studenti, parte da un’idea di cultura architettonica alta, vincente e perdente al tempo stesso. Di successo perché Louis Kahn (1901-1974) architetto ed artista americano di origine estone-ebraica, è uno dei riferimenti della cultura architettonica non solo del nostro tempo, per quella sorta di genio metodico che ne ha caratterizzato l’opera, segnata dal recupero e dalla valorizzazione dell’antico, della storia, della memoria; da qui la sua predilezione per l’Europa, per l’Italia, Venezia e Roma in particolare. La sua lezione rimane esemplare. Di sconfitta perché i due soggetti su cui verte la mostra “Louis Kahn e Venezia” non sono stati costruiti: né il palazzo dei congressi né il padiglione della Biennale. Sono idee, progetti, schizzi, disegni recuperati in archivi e biblioteche tra Europa e America in una commistione tra progetto architettonico e opera d’arte ancora più interessante perché rimasta pura, irrealizzata. Sono rimasti sulla carta e nella storia dell’architettura, nell’attesa che qualcuno andasse a recuperarli per riempire idealmente il vuoto (il rammarico, la nostalgia) della loro assenza. Per cui quello esposto a Mendrisio è un materiale bellissimo e straordinario, poco o niente conosciuto e assolutamente intrigante, che allude a qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato, se non nei rilievi in legno realizzati ora dagli studenti. Rimane il progetto, fondamentale per l’architetto, e l’ulteriore segno di quelle utopie che sono le vere fondamenta su cui si regge Venezia.

La visita alla mostra è una sorta di metodica, graduale, consequenziale ascesa. Dal ricamo urbanistico ed architettonico di Venezia disegnata nella laguna, alle magnifiche carte di Louis Kahn, idee disegni e progetti. Fino appunto a quanto avrebbe potuto essere e non è stato, e proprio per questo conserva tutta la sua energia su quei fogli che racchiudono un’idea di Venezia, di architettura e di raccordi storici di cultura. Quasi per magia, ma in verità con tre anni di ricerca e preparazione, compaiono sul palcoscenico di un teatro che inizia con una mirabile rappresentazione.

“Mendrisio, Teatro dell’architettura, “Louis Kahn e Venezia”, fino al 20 gennaio 2019. Orari: me-ve-sa-do 12-18, gio 14-20.

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