Marchionne: lo Svizzero


Figlio di Concezio, un carabiniere abruzzese che a 50 anni decide di andare a Toronto per aprire una merceria con abiti da sposa, Sergio Marchionne è socio come il padre dal 1973 dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Toronto. Tale resta fino al 1994 anche dopo la scomparsa di Concezio, quando si trasferisce in Svizzera. In precedenza si era iscritto a filosofia e laureato in legge. Lavora come avvocato prima a Deloitte e poi alla Lawson Mardon, attiva nel packaging industriale, comperata da Sergio Cragnotti, prima per il 32% e poi rivenduta al 100% ad Alusuisse nel 1993 dopo averla scalata, con un guadagno di 110 miliardi di lire e poi condannato dall’autorità di controllo per manipolazione dei corsi. Marchionne si schiera contro Cragnotti (attivo anche a Lugano con la Cirio) come rappresentante dei dipendenti. Così Alusuisse, s’accorge di aver comperato non solo una società parallela alla capogruppo, ma un fior di manager e gli chiede di trasferirsi in Svizzera. Lo incontriamo spesso alle conferenze di Alusuisse a Zurigo fra i tre boss: un manager alla mano che indossa i jeans e alieno alla cravatta, con cui leghiamo perché con noi parla in italiano non rinunciando a feroci battute. Martin Ebner il raider di BZ Group che acquisisce importanti quote in aziende farmaceutiche basilesi o industriali e finanziarie come CS, Lonza, ABB, UBS, scala Alusuisse e nomina Marchionne come AD. Sergio incide subito sui conti e svecchia l’azienda: taglia i gradi gerarchici da nove a cinque. Così il semplice operaio ha solo tre gradi intermedi per parlare col boss. Poi rivende Alusuisse ad Alcon, secondo produttore al mondo, assicurando un lauto guadagno agli azionisti. Non rimane senza lavoro e sbarca alla ginevrina SGS, leader mondiale nella certificazione. Il suo domicilio è a Zugo, ma la famiglia abita a Blonay (Vaud). In SGS, c’è Wornes, partecipata dagli Agnelli, con una buona quota ed è Flavio Cotti (dal 2000 consigliere di amministrazione indipendente della Fiat) a segnalare ad Umberto Agnelli le virtù del manager svizzero capace di raddoppiare in poco tempo il valore di Alusuisse. Luca di Montezemolo, poco dopo la scomparsa di Umberto, annuncia l’arrivo di Marchionne alla Fiat nel giugno del 2004. In dieci anni risultati eclatanti. Ma a Torino compie il suo capolavoro. General Motors aveva un accordo con gli Agnelli per acquisire Fiat Auto senza Ferrari in cambio di azioni GM. Nel 2004 il gruppo Fiat perdeva 1,57 miliardi dopo 1,5 nel 2003 con debiti complessivi per otto. Marchionne ottiene 1,5 miliardi da Detroit spaventata da un gruppo in perdita. Taglia i debiti e rinegozia l’onere con le banche risanando il gruppo. Dopo la crisi 2008, col settore auto allo sbando, negozia con Chrysler che termina di acquisire nel 2011. Ora restano i ritardi per l’auto elettrica e la Cina, ma la Fca di Marchionne è viva e GM si morde le mani. L’occhio vede tutto tranne sé stesso, diceva Morandotti. Marchionne ha visto ciò che altri non hanno immaginato. Ad altri il compito di completare l’obiettivo del manager svizzero.

Corrado Bianchi Porro

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