Massacro di Srebrenica, sono passati 25 anni da quell’atto disumano

Massacro di Srebrenica

“L’odio esplode solo se c’è qualcuno che decide di servirsene”… Paolo Rumiz

Era l’anno 1995, quando dall’11 al 19 luglio l’esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina guidato dal generale Ratko Mladić ha assassinato 8.000 uomini e ragazzi musulmani nella città bosniaca di Srebrenica. Oggi, il massacro di Srebrenica è considerato il peggior omicidio di massa avvenuto in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale.

L’ONU aveva dichiarato quella zona “protetta” per tutti i civili in fuga dai combattimenti tra il governo bosniaco e le forze serbe separatiste durante lo scioglimento della Jugoslavia. Vi rifugiarono più 25.000 persone. Ma l’11 luglio 1995, quell’area considerata sicura viene attaccata: un piano ben studiato porta l’esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina a entrare definitivamente nella città di Srebrenica, che in quel momento si trovava sotto la tutela delle forze olandesi appartenenti al United Nations Protection Force, ovvero la Forza di protezione delle Nazioni Unite (conosciuta anche con l’acronimo UNPROFOR).
L’offensiva è stata studiata e pianificata nei minimi dettagli, e dopo aver sconfitto, con abbastanza facilità, le forze olandesi, le truppe dell’esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina hanno radunato adulti e bambini di sesso maschile dai 12 anni in su per mettere in atto quel genocidio calcolato con grande cura. Gli ostaggi sono stati trasportati con dei camion in zone prestabilite, uccisi, e poi gettati in fosse comuni. Coloro che hanno tentato la fuga tra i boschi sono stati cacciati e uccisi, mentre le donne e le bambine sono state torturate e violentate. L’obiettivo era quello di eliminare il gruppo etnico dei bosgnacchi, cioè i bosniaci musulmani; erano gli anni della guerra in Bosnia ed Erzegovina: dove da un lato i musulmani bosniaci e i croati bosniaci volevano l’indipendenza della Jugoslavia, mentre i serbi bosniaci volevano una loro repubblica cercando di espellere tutti gli altri da quello che definivano il “loro” territorio.

Il massacro di Srebrenica mostra al mondo, ancora una volta, cosa può portare un nazionalismo estremista: è la dimostrazione di cosa può accadere quando una campagna politica disumanizza il “nemico”, e quando entra in azione l’intento di dividere le persone tra il “noi” e il “loro”. Una strage che poteva essere evitata? Probabilmente sì. In quegli anni l’amministrazione Clinton voleva evitare il coinvolgimento, visti i recenti risvolti avuti dall’intervento USA nella guerra civile in Somalia; mentre le Nazioni Unite hanno rifiutato un’azione più incisiva per arrestare l’aggressione serba, ritenendo che dovessero rimanere neutrali per motivi politici. Ci è voluto il massacro di Srebrenica per convincere queste potenze internazionali a intervenire.

ASSUMERSI LE RESPONSABILITÀ DELLE PROPRIE AZIONI
massacro di SrebrenicaÈ importante sottolineare che non è il popolo serbo ad aver commesso il genocidio, ma i membri dell’esercito sotto il comando di Mladić, con il sostegno del presidente jugoslavo Slobodan Miloević. Infatti, l’International Criminal Tribunal for Jugoslavia dell’ONU ha condannato per crimini di guerra diversi ufficiali (molti di alto rango) e diversi uomini sotto il loro comando: lo stesso Ratko Mladić è stato ritenuto colpevole per “atti persecutori, omicidio, genocidio e azioni disumane”. Insieme a lui è stato incriminato anche il leader serbo bosniaco Radovan Karadžić e il presidente jugoslavo Slobodan Miloević con l’accusa di “genocidio, crimini contro l’umanità e gravi violazioni della Convenzione di Ginevra”. Queste condanne ricordano ai colpevoli che non possono mai essere certi di sfuggire alla giustizia e restano per le famiglie delle vittime un riconoscimento della loro perdita e del loro dolore.

Fino a oggi il sistema politico serbo non ha mai definito un genocidio ciò che è accaduto a Srebrenica, ma le immagini delle fosse comuni e i numeri delle vittime (8000) parlano da sé. Inoltre, anno dopo anno gli esperti forensi trovano ancora corpi nelle quasi 100 fosse comuni situate finora. I resti vengono identificati attraverso l’analisi del DNA, poi sepolti nuovamente in un centro commemorativo vicino a Srebrenica.
Perché è importante ricordare questa strage? Ricordare i genocidi passati come quelli avvenute a Srebrenica, probabilmente non impedirà quelli futuri; può forse essere una speranza: un’occasione per riflettere e celebrare l’umanità, e opporsi a qualsiasi tentativo di omicidio di massa in futuro.

MEA

 

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