Michel Poletti in una super sintesi leonardesca

Certo, una bella sfida condensare in circa un’ora di spettacolo la vita e la creatività di una figura complessa e sfaccettata come quella di Leonardo. Ma nemmeno Michel Poletti manca di coraggio e d’inventiva, sempre schiacciando ironicamente l’occhio, a costo di risultare anacronistico, al sistema-evento contemporaneo (con qualche siparietto persino rockettaro). Un po’ in carne ed ossa, un po’ pupazzo, il protagonista procede come fosse all’interno di un documentario aperto da una presentatrice e da un professore secondo la formula di uno show-dibattito. Agli spettatori sono stati distribuiti cartoncini bianchi e una penna ed invitati a scrivere una frase, quella che per loro meglio poteva riassumere il personaggio. Subito raccolti e letti: alcuni bianchi (bambini piccoli in sala…), molti i “pittori”, due “genio universale”, o “inventore”… Un espediente-pretesto per simulare un minimo d’interattività, presto dimenticato, perché il resto deve essere affidato alla narrazione, utilizzando una struttura a finestrelle e a fondale sulla quale proiettare le scene, di volta in volta utili, come sfondi all’animazione.

Si parte dunque addirittura dalla nascita del “bastardo”, figlio di un notaio ma allevato da contadini. Il prete gli dà i primi rudimenti e già lo troviamo incantato dal castello e dai boschi di Vinci, osservatore di natura e misteri. C’è anche una fantomatica strega Cassandra che subito sparisce. Poletti ogni tanto offre degli spunti che però si perdono per strada. Comunque la storia procede lineare con alcuni piccoli effetti speciali per vivacizzare e catturare l’attenzione dei bambini (la produzione è dai 5 anni). Dalla provincia parte per la città principesca, a bottega fiorentina dal Verrocchio Leonardo potrà dimostrare le sue doti di pittore: ad Aymone Poletti è stata affidata la parte del discepolo che trascrive anche (a macchina!) le memorie, ma con il compito di definire alcuni concetti: ottima la sintesi didascalica di cosa sia la prospettiva! (Ma non molto gentile sarà  il suo commento sulla Gioconda). Leonardo però guarda lontano, si sente pure inventore e propone alla Milano ducale il suo genio militare. E inizia gli esperimenti sul volo: una specie di uccello, tenuto con un filo, attraverserà spettacolarmente la sala, sulla testa del pubblico.

Fallimento dopo fallimento, arriva finalmente in Francia, dove viene consacrato dal titolo di “Artista”. Esalò l’ultimo respiro nel castello di Le Clos Lucé, il 2 maggio del 1519 (i sette ettari del parco di questa famosa residenza reale, sono seminati attualmente dalle riproduzioni di tutte le sue invenzioni: e se qui troviamo il letto dove morì, pare che sia sepolto al castello di Amboise, ma trattandosi di Leonardo, nulla è certo… ndr).  E così arriva improvvisa la fine del “documentario” .

Molto efficaci ed evocative le musiche di Lucia Bassetti, di risonanza un po’ rinascimentale, in altri momenti alla maniera psichedelica-elettronica. Così come l’uso delle luci.

Poletti, Aymone e Michel, danno il giusto corpo ai personaggi; e poi non manca nemmeno un piccolo bestiario, con l’immancabile mascotte-pappagallo che si lancia in un divertente siparietto con un gatto.

Forse, ma è tipico dei debutti, la rappresentazione di oggi è risultata ancora un po’ lenta, in certe parti, ma acquisterà fluidità nel tempo. Domani si replica I segreti di Leonardo, sempre al Foce di Lugano, alle ore 16. Sperando anche in una più nutrita affluenza.

Manuela Camponovo

 

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