Nelle “città fantasma” di Poestate

Ci sono molti modi per declinare Città fantasma, dentro e fuori di noi, al confine tra prosa e poesia, è anche una maniera di scrivere e concepire la letteratura e l’arte tutta in quell’“essere qui ma anche altrove”, sfasamento e sovrapporsi di mondi nello stesso momento. Con il loro tavolino pieno di libri, in un percorso antologico, lo hanno dimostrato ieri, in apertura del Festival Poestate e in collaborazione con Rete Due (introduzione a cura di Sandra Sain), Yari Bernasconi e Andrea Fazioli, autori che spesso viaggiano in tandem e che dell’argomento, uno con i versi, l’altro con la narrativa, hanno l’aria di intendersi. Il ritmo calibrato lasciava poco all’improvvisazione, forse perdendo un po’ di spontaneità, nella prima parte soprattutto, ma guadagnando in teatralità e avvalendosi anche degli interventi musicali a tema del chitarrista Stefano Moccetti… Così il non foltissimo pubblico è stato condotto in un tour della memoria, a due voci di lettura e considerazioni. Partendo dalle città fantasma più classiche, quelle del lontano ovest americano, diventate miti di carta, di pellicola e anche di fumetti. Quei luoghi che, dopo un periodo di fama, con l’esaurirsi dei giacimenti, delle vene minerarie, si sono improvvisamente o a poco a poco spopolati, abbandonati, privati di anime, trasformandosi in spazi di solitudine, immaginazione e mistero. Racconti, saggi, romanzi, Tex Willer, lo svizzero Alex Capus, Steinbeck… Fascino e desolazione, abitare e disabitare, la natura, animali e piante selvatici, che s’impadronisce dei manufatti umani. E questo senso di deperibilità, di trasformazione attrae sinistramente perché specchio di un disagio esistenziale, della fragilità e precarietà umane che rimandano alla fine ineluttabile, la “città fantasma” riguarda il fluire del tempo, quindi, la morte.

Una città che diventa anche emblema di assenza, di ferita, pianto, sanguinante e spaccata isola di silenzio come Sarajevo, la Stalingrado di Sidran. E naturalmente questo filo rosso è portatore di memoria, di quello che si lascia e che si può ritrovare sepolto dalla polvere, un motivo inquietante di interrogativi, di irrisolto, di stati d’animo, come appare anche nei richiami poetici, Mario Luzi, Eliot, Franco Loi, Cesare Viviani… senza dimenticare di passare per Italo Calvino. La città fantasma come proiezione sociale (le periferie dormitorio…) e dell’intimo umano. Con la lettura di brani dalle rispettive opere (l’ultima plaquette di Bernasconi è proprio dedicata, con significato eponimo, a questo filo conduttore, così pure un capitolo della raccolta di racconti di Andrea Fazioli, Gli svizzeri muoiono felici), ci si è avviati alla fine in un’incursione nel futuribile, accompagnati dalle Cronache marziane di Bradbury.

Con l’ospite Franco Buffoni che ha anche ricevuto l’inaspettato (per lui) Premio Poestate 2019 (ogni sera ne sarà assegnato uno), la sua a volte perfida ironia, tra letture che hanno attraversato l’opera, e dialoghi, il tema conduttore ha continuato a svilupparsi andando persino alle origini, ai segni rupestri che Buffoni ha studiato, all’uomo di Similaun, a cui ha dedicato una poesia. Aneddoti hanno movimentato il “salotto” di Yari e Andrea: irresistibile quello di Montale che pur di andare a ricevere un premio nella proibitissima (ai tempi di Scelba) San Marino, attraversa il bosco come un clandestino, concludendo la missione inzaccherato e con abiti strappati, ma negli anni ’50 un milione era tanto, faceva comodo, questa la fonte di ispirazione del testo Montale sul Titano.

Si è concluso questo primo atto di Poestate (che continua oggi e domani e un “after” il 2 giugno) con la presenza delle poesie di Prisca Agustoni e Azzurra D’Agostino; le città fantasma sono diventate un confronto con la geografia, con le personali radici plurime, le devastazioni territoriali causate da crimini ambientali, per la prima, e quelle dei luoghi visitati, spopolati, ma dove sopravvive un tempo arcaico… per la seconda, per entrambe è in gioco appunto il senso di appartenenza. Ancora una volta in questo simbolo di abbandono si riflette l’interrogazione sull’esistenza umana.

Perfettamente in tema, alla fine, ha rischiato di diventare una città fantasma anche la platea del patio, che si è gradualmente svuotato, forse il giorno di festa o forse molti dei potenziali interessati erano alle coincidenti Giornate Letterarie di Soletta… chissà… Vedremo questa sera.

Si prosegue infatti oggi, sempre dalle 18, nel Patio di Palazzo Civico con un fitto programma che in apertura vede la presenza di Gilberto Isella e Vincenzo Guarracino e, più avanti nella serata, Cristina Castrillo. Programma su www.poestate.ch.

Manuela Camponovo

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