Piazzaparola debutta con Nadia Fusini e Silvia Vegetti Finzi
Si è tenuto ieri sera, mercoledì 23 ottobre, l’incontro di apertura dell’edizione 2019 del Festival Piazzaparola, dedicata al romanzo di Mary Shelley e alla figura di Frankenstein.
Giuseppe Clericetti, moderatore dell’incontro, ha aperto la conferenza con una citazione tratta dal libro, dove si descrive il «mostro» dagli occhi «giallastri e opachi». È poi intervenuto l’Onorevole Manuele Bertoli, Consigliere di Stato, che ha sottolineato l’importanza fondamentale della rassegna, capace di suscitare molti quesiti e ragionamenti su quello che stiamo facendo attualmente come genere umano. L’Onorevole Roberto Badaracco, Capo Dicastero Cultura Sport ed Eventi, ha invece sottolineato che la manifestazione si svolgerà in cinque intensissime giornate, durante le quali il romanzo sarà analizzato in tutte le sue sfumature: quella dell’amore, l’aspetto legato al Grand Tour e il legame con la Svizzera. Yvonne Pesenti Salazar, curatrice del festival, ha poi spiegato il perché della scelta della figura del «mostro» descritto da Mary Shelley: il motivo è il fatto che si tratta di una figura archetipica e una vera e propria «icona pop».
La domanda «Chi è Frankestein?» ha poi aperto l’intervento della prima ospite della serata: la saggista e traduttrice Nadia Fusini che ha ricordato che per rispondere a questo quesito bisogna prima comprendere chi è Mary Shelley. La scrittrice inglese nacque da un’intellettuale femminista e da un filosofo illuminista radicale. La madre morì però per una tragica ironia della sorte, e nel modo in assoluto più femminile di perdere la vita: di parto. Mary Shelley fu allora educata alla scuola del padre, maestro di vita per intere comunità di intellettuali non conformisti e proprio qui conobbe il futuro marito. Si sposarono e si trasferirono a Londra dove vissero tormentati dagli usurai.
Il romanzo Frankenstein nacque per gioco una sera a Ginevra: era la notte del 16 giugno 1816, nel cosiddetto anno senza estate poiché una gigantesca eruzione di un vulcano aveva sconvolto il ritmo delle stagioni. Come passatempo fu indetta una gara di scrittura (nel luogo era presenti altri “letterati” tra cui Lord Byron); la scrittrice aveva inizialmente in mente l’idea di una serie di racconti da brivido, ma quella sera in uno stato di dormiveglia vide l’immagine del volto pallido di uno studioso di arti profane e l’orrenda sagoma di un corpo disteso. Fu così che nacque il romanzo: da un ricordo onirico.
Dopo l’intervento della relatrice Nadia Fusini è seguito un intermezzo transmediale con immagini tratte dai film sul romanzo e musiche di Zeno Gabaglio mixate dal deejay Fabrizio Rosso. Si è trattato – nelle parole di Silvia Vegetti Finzi – seconda ospite della serata, della perfetta introduzione al suo intervento che ha costituito un cambio di paradigma: dalla dimensione biografica a quella dell’inconscio. Frankenstein è prima di tutto un romanzo di personaggi maschili, ma «partorito» da una mente femminile. Ma che cosa rappresenta la figura di Frankenstein? La fantasia propria dell’inconscio femminile del figlio autogenerato: un figlio che non ha bisogno della controparte maschile per essere concepito. Nel romanzo infatti lo scienziato crea il «mostro» da solo, ma così facendo finisce per escluderlo dal contesto civile; così finirà la creatura: a vagare tra i ghiacci.
Frankenstein è un romanzo dalle mille possibilità di lettura la cui grandezza, ha ricordato Silvia Vegetti Finzi, sta però anche nella sua capacità profetica: l’inquietudine che ci suscita la figura del «mostro» è la stessa che attualmente ci provocano i robot antropomorfi sempre più autonomi.
Francesca Rossetti