Piccoli aneddoti sul pensatore Ceronetti

Oggi è morto Guido Ceronetti. Aveva 91 anni. Era stato colpito in agosto da una broncopolmonite ed era stato ricoverato in ospedale. Era tornato a Cetona, in provincia di Siena, da pochi giorni e se n’è andato come avrebbe voluto, nella sua casa.

Sterminata la bibliografia, sterminati gli interessi, l’eclettismo onnivoro che lo portava a spaziare nei campi più diversi, ma non uno di quei critici e filosofi chiusi nelle sue speculazioni teoriche. Anche un militante, giornalista e opinionista, sulle barricate con uno spirito caustico, scomodo, polemico e controcorrente, con il coraggio delle idee, muovendosi tra conservatorismo, tradizione e strenua attualità delle avanguardie storiche e neo. Guido Ceronetti non era un autore, ma un mondo, un universo visionario come pensatore. E poi c’era l’uomo dalle fragilità, dalle curiosità, dalle ostilità nei confronti del moderno e di ogni forma di tecnologia, come l’automobile, salvo usarne (quella degli altri) quando ne avesse avuto bisogno. Come si fa a scriverne, senza limitarsi ad una piccola, minuscola parte dell’essere, quella che si è avuto il privilegio di conoscere?
E allora mi affido ad aneddoti. Collaborava con il Giornale del Popolo, vi era approdato grazie ad altri amici, i Marchand e Gilberto Isella. Aveva bisogno non solo di una tribuna libera ma anche di un contatto diretto con qualcuno che lo coccolasse, in un certo senso. Non gli bastava mandare il pezzo e basta. Gli serviva quel rapporto che, tra le diverse contraddizioni, magari rifiutava in apparenza. Usava il fax anche nell’epoca dei computer. Arrivavano i suoi scritti a macchina e poi appunto faxati, con la titolazione manuale in quella grafia chiara di uno stampatello che a me ricordava i graffiti delle lapidi latine…
E le telefonate. Due squilli di avvertimento, perché non rispondeva a chiunque. Sembrava un codice segreto. E poi le sue incursioni ticinesi. Una volta volevo intervistarlo e l’ho invitato a casa mia a pranzo, vegano quando ancora non era diffusa questa parola. Genericamente vegetariano. Non volendo sbagliarmi siamo andati a fare la spesa e ricordo che ha voluto del miglio, io pensavo agli uccelli, non era il massimo di una minestra stracotta e lui mastica con calma. Ho sempre pensato che la riflessione avesse a che fare con il masticare, non so perché, ma in quel caso era evidente. La massima medica, la prima digestione avviene in bocca, praticata. E quella volta che siamo andati al ristorante con il cameriere allibito dalla sua inquisizione per capire cosa ci fosse nel minestrone e lo spicco d’aglio e lo spicchio di limone. Una cena frugale trasformata nella corte del Re Sole…

Si possono raccontare queste storie? Ceronetti per me era anche questo. Altri potranno soffermarsi sull’uomo dei libri. Negli ultimi tempi non ci sentivamo, avevo notizie indirette, ma sapevo dei suoi problemi di salute, sapevo che non sarebbe più tornato nel Ticino, dove avevo assistito a sue performance, spettacoli teatrali, oltre all’infinita ricerca di una casa… Ma finché una persona è viva si ha sempre la convinzione che un giorno… Ora veramente restano gli scritti e soprattutto un Archivio qui a Lugano di cui andare fieri.

Manuela Camponovo

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