Poestate, prima dell’After


Ieri, atto 3° e ultimo almeno sotto il tetto del Patio: a questo proposito, sarà anche un ambiente suggestivo, ma è molto rumoroso, con il flusso continuo delle chiacchiere della piazza, della gente che si ferma all’entrata e questo, trattandosi poi di letture testuali, spesso corrompe la concentrazione. Ma d’altra parte, ognuno è libero di entrare e di uscire quando gli pare, molto più in libertà che davanti ad una porta chiusa. Nell’insieme un po’ più nutrita è sembrata la platea, rispetto ai due giorni precedenti, pur nel via vai naturale, dal momento che si inizia alle 18 e si prosegue senza sosta fino a tarda sera.

Gilberto Isella e Margherita Coldesina.

Un susseguirsi quindi, nella varietà di stili e generi, a cominciare dal Gruppo anni 80, composto da Lia Galli, Margherita Coldesina, il cileno Franco Barbato, Fabio Jermini, Mercure Martini (pseudonimo) Marko Miladinovic, ciascuno con la propria voce, ma anche in una comunità generazionale di sguardi freschi e diretti sul mondo, in un gioco spesso irridente, ironico, sarcastico, con le parole.

Non solo poesia, evidentemente, con qualche incursione nella narrativa. Infatti è stata ospitata anche la lettura di Alexander Hmine da brani del suo romanzo autobiografico La chiave nel latte, sospeso tra due mondi icasticamente a confronto, l’arabo d’origine e il ticinese d’arrivo, tra contaminazioni, contrasti, adattamenti, ricordi, la lingua, la religione, l’ambiente. Luca Monnier, conosciuto in altri campi professionali, con la prima raccolta La sintonizzazione del vuoto, si relaziona anche a livello terminologico con le diverse forme degli universi digitali. Freschissimo di stampa (La vita felice) è Povera Mucca di cui si è occupato a suo tempo anche il magazine dell’Osservatore. Sul palco, ad introdurre, Gilberto Isella che ne ha sottolineato la leggerezza e fluidità, per lasciare poi spazio alle letture dell’autrice Margherita Coldesina che, come già Isella, ha ricevuto la targa del Premio Poestate 2019. I suoi, sono testi surreali, sostenuti da abbondanti giochi verbali, a volte aforismi fulminanti, nonsense a sorpresa, ma sotto i quali scorre sempre una vena d’interrogazione o disagio esistenziali.

Assente la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, il palco è stato occupato per un improvvisato momento da Sergio Roic che ha voluto fare un breve omaggio a Giorgio Orelli con due composizioni tra le più famose Campolungo e Frammento della martora, a testimoniare il suo amore per la natura anche da cacciatore pentito.

Ancora prosa con il libro un po’ socio-descrittivo, dissacratore di costumi correnti, introdotto da Silvano Repetto, qui nelle vesti di editore, “All you, can read” tra cibo e religione… bisogna avere fede di Mirko Aretini, un’opera composita, la cui prima parte, basata anche su ricerche sociologiche, vuol soffermarsi sul rapporto distorto con il cibo, dalle stelle Michelin, una moda come un’altra per ricchi mangiatori più che per raffinati intenditori, ai comportamenti degli italiani in vacanza, incapaci di apprezzare e conoscere anche il cibo degli altri, alla pizza declinata nelle sue versioni più assurde e disgustose per un giusto tradizionalista del gusto. Ma l’impressione, ascoltando, è forse di un eccesso di prolissità e insistenza. La seconda parte, tema non nuovo già affrontato da diversi autori (pensiamo solo a Flaiano), vede Cristo tornare sulla terra e riferire al Padre le sue impressioni sull’umanità attuale. Sul tema si è dissociato lo stesso editore e la lettura è rimandata all’After in programma oggi.

Il momento successivo, Zugzwang Poesia, era stato organizzato da Marko Miladinovic (il titolo si riferisce, come ha spiegato, alla mossa degli scacchi, per cui un giocatore se muove perde e come alternativa ha solo quella di arrendersi) che ha accolto i suoi ospiti, poesia contemporanea di tre voci lombarde, Francesca Pels (che ha sostituito l’assente e previsto Filippo Balestra), che con ironia ed erotismo immette nei suoi testi anche una riflessione sociale. E poi la poesia-killer nutrita di paradossi di Gianmarco Tricarico e quella “brutta” da autodefinizione e un po’ cialtrona di Paolo Agrati che abbonda di doppi sensi, rievocando un semplice e antologico “mi voglio divertire”, divertendo anche il pubblico.

La famiglia Buccella.

Si è proseguito con la performance particolare, Bimbo Chat, della famiglia Buccella, lui, Lorenzo, serioso corrispondente RSI da Roma, qui in veste di voce recitante, in contemporanea con la moglie Gudrun De Chirico e il figlio Ruben e il loro duetto d’immagini gestuali e travestimenti che affondano le radici nel mito visionario, favolistico (il lupo, il serpente, le maschere, il mantello rosso, incubi metamorfici) fino ad arrivare alle mostruosità spettacolari delle serie tv, particolarmente apprezzato, in chiusura, il breve assolo coreografico del bambino.

È esistita, meno incisiva di quella originale americana, la Beat Generation italiana, più come un fatto sociale, un modo di vivere e di vestire trasgressivi, una sotto letteratura che si è sviluppata verso la metà degli anni ‘60 come ha spiegato Alessandro Manca a colloquio con Arminio Sciolli. Un libro, frutto di un’inchiesta tra i sopravvissuti, oggi ottantenni o giù di lì, di quell’epoca, ce la racconta lo stesso Manca con le parole, accompagnato dal sonorizzatore Andrea Viti, ce ne ha dato una dimostrazione, comune è il desiderio di fuga, in cerca di paradisi artificiali o meno. È stato quindi assegnato l’ultimo Premio Poestate 2019 (ma un riconoscimento concesso così a pioggia, non finisce per perdere di valore?). La lunga serata è stata conclusa da Dj-Set Le Chat di Misha Tognola.

Come sempre Poestate offre una panoramica ampia, di livelli qualitativi differenti, ma è poi il pubblico a decidere, anche nel comprare i libri degli autori invitati, sul tavolo, all’uscita…

Oggi, dalle 16, appuntamento al Bar Laura (via Bossi 3) per Afterpoestate, ospiti e letture curati da Mirko Aretini.

Manuela Camponovo

 

 

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