Professioni e realtà lavorative
Non è facile parlare di certe cose. Anche perché le «battaglie tra poveri» sono le peggiori. Ed mettendole in luce si finisce magari per «sparare sull’am bulanza»: nel nostro caso i giornali cartacei di una piccola comunità com’è la nostra. Soprattutto poi in questi tempi di grande emergenza sanitaria ed economica. Ma è forse proprio nei momenti in cui si evidenziano la precarietà e la relatività della vita umana che certe cose vanno dette. Se non altro per questioni di principio. Ma soprattutto per un minimo di dignità e di orgoglio territoriale, che nulla hanno a che vedere con l’autarchia.
Più di trentacinque anni fa (!), dall’allora direttore dell’Ente Turistico ticinese Marco Solari, mi venne offerta l’occasione di realizzare il manifesto “Ticino: Terra d’artisti”. Cartellone che sarebbe poi diventato famoso anche fuori dai nostri confini. Naturalmente non intendo qui ripercorrere l’iter di questa committenza. Di come sia nata e di quali siano stati nel tempo i riconoscimenti ottenuti da quest’opera grafica. Come pure di alcuni risvolti giudiziari su i diritti d’autore legati ad essa. Mi limito qui a dire che una causa legale, risoltasi per finire in mio favore, entrò a far parte della giurisprudenza sulla proprietà intellettuale: venendo addirittura discussa in un convegno interna–zionale di giuristi. Un vero unicum!
Ma rimaniamo al concetto «Ticino: Terra d’artisti», slogan sul quale si è fatta, oltre a molta retorica, pure – secondo me giustamente – della sana ironia. Al di là comunque della storia del nostro paese legata ai cosiddetti «mastri (o maestri) comacini», ancora oggi ci sono da noi molti giovani (femmine e maschi) capaci disegnatori, grafici, illustratori… Se però non vengono loro concesse nemmeno le rare occasioni di lavoro che si presentano…
Faccio un solo piccolo, ma emblematico, esempio limitandomi al solo campo della comunicazione visiva. Il «Corriere del Ticino» e il «Caffè della Domenica» fanno capo (il domenicale da più anni) a «creativi» (illustratori/vignettisti) della vicina penisola. Professionisti indubbiamente capaci che però, non vivendo da noi, non possono conoscere certe realtà del luogo. Una cosa è comunque certa: attraverso questo tipo di scelte editoriali non si favorirà mai il nascere nel nostro paese di un autentico know how (chiedo scusa per l’uso dell’inglese), con tutto ciò che logicamente ne consegue.
Senza poi aggiungere i costi per la formazione scolastica/professionale (CSIA, SUPSI, CISA…) di numerosi giovani ancora attratti da ormai dileguatisi mestieri. Costi ai quali noi tutti cittadini ticinesi dobbiamo naturalmente sempre partecipare. E senza contare gli oneri per il mantenimento di tanti giovani disoccupati; o per il finanziamento di una loro eventuale riqualificazione professionale.
Orio Galli