Ricordi di viaggio
![](https://dev.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/giardino_di_okayama_copertina.jpg)
ll mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina. (Agostino d’Ippona)
Come un flash, non si possono conservare tutti i dettagli, ma emozioni del momento, associazioni che conducono a quei precisi luoghi o istanti. Ad iniziare dai suoni, il barrito d’elefante prodotto da WC del treno e il gentile cucù o il dolce cinguettio dei semafori giapponesi…
![](https://www.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/veduta_dal_finestrino_della_transiberiana-300x225.jpg)
Veduta dal finestrino della Transiberiana.
Mosca, il gattone di Bulgakov, troneggiante come graffito sulla parete della sua casa e i camerieri ossequiosi e in divisa del ristorante Pushkin.
La stazione notturna affollata e il quadro che annunciava finalmente il binario, lungo sei giorni e alcune ore. Dormire cullati dal ritmo quasi ronfante e regolare, sferragliante di un treno d’antica memoria. Le albe sulla campagna infinita, sfilata di alberi e prati, la scoperta dei fiorellini indaco, il tè di Ivan. Le colazioni in uno squallido ristorante, ripagate dallo sguardo sul paesaggio e andare, andare… Le scoperte delle stazioni, alcune da visitare. La rudezza della Provodnitsza, molto diversa da quella incontrata durante la Transmongolica. La piacevole convinzione di poter vivere senza sapere che ora è…
![](https://www.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/Vladivostok-300x225.jpg)
Vladivostok.
La magia di un così lungo attraversamento coronata dall’arrivo in una fredda mattinata, 7 di mattina, a Vladivostok, la meta terminale, davanti al monumento alla ferrovia e ai suoi 9288 chilometri. Vladivostok, una città alla disperata ricerca di glorie future, un saliscendi e scalette di ferro che non ne fanno San Francisco, palazzi consunti dal passato e infrastrutture megalomani che sviliscono invece la quotidianità. Il ponte delle meraviglie proteso verso un’isola preda più di memorie che di avvenire.
I cavallini sul lungomare, bardati a festa, l’acuto odore di grigliate, ma anche ristoranti di piacevolezza e tranquillità vintage. La funicolare che mi ha riportato atmosfere domestiche. La monumentalità che vuole racchiudere ogni eroica storia. E già proiettata verso un’altra partenza, un’altra avventura.
![](https://www.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/arrivo_in_giappone_via_mare-300x225.jpg)
Arrivo in Giappone via mare.
L’enorme nave che deve essere passata sotto molti ponti, a giudicare dall’usura… Quasi un cargo che si apre in un vasto aperto ventoso. In mezzo alla nebbia, la tappa coreana, le lunghe pratiche doganali, una grotta connotata da molti simboli e suoni artificiali più che naturali, pur con enormi e scolpite concrezioni del tempo. Una spiaggia desolata e semi-deserta che non reclama, come tutta la città portuale, voglie turistiche.
E ancora, spiare l’orizzonte, dove si materializzano per ore lunghe e sottili, verdeggianti, strisce delle coste giapponesi, che non sembrano finire mai. Il porto e il treno dei Manga, questo il benvenuto orientale.
![](https://www.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/karasuma_dori_fonte_della_purificazione_kyoto-300x225.jpg)
Karasuma-dori, fonte della purificazione, Kyoto.
E da questo momento saranno giardini, vivi di piante, stagni, ponticelli oppure stilizzati in gocce d’acqua, sabbia e rocce… Templi declinati nelle correnti spirituali del buddhismo, solitari o frequentati, raccolti o fotografati, con pagode e trionfali portali bruniti o rossi squillanti, annunciazioni di sentieri e scalinate, caldo umido, sudate e panorami conquistati e degnamente apprezzati.
E storie di perdite e ritrovamenti, lasciandosi andare ad una temporalità che non conosce orologi. E gli animali, le gru rumorose, le carpe colorate, i cervi sacri, mansueti in mezzo alla folla di turisti e fedeli. Grandi pagode e grandi inarrivabili Buddha, i luoghi ammantati di leggende, chiassosi, pacchiani, festosi o concentrati di spiritualità stregante.
![](https://www.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/via_storica_di_kyoto-300x225.jpg)
Via storica di Kyoto.
E quel mitico padiglione d’oro evocando Mishima, emblema di se stesso e di quelle tante apparizioni e cancellazioni e riapparizioni da cui è contrassegnata l’architettura nipponica…
E ovunque, un misto di contaminazione occidentale e di autodeterminazione tradizionale, inchini ma anche il rifiuto dell’originalità come parte integrante del valore dell’opera d’arte. Il fatto, il rifatto e ancora duplicato all’infinito, uguale a se stesso e mai potersi chiedere realmente a quando risale.
L’interno di un castello trasformato in una esibizione di multimedialità. E il non visto qui ma in tante mostre dell’Ovest.
![](https://www.osservatore.ch/wp-content/uploads/2019/08/giardino_di_okayama-300x225.jpg)
Giardino di Okayama.
Tornare a casa e riprendere quello scritto di Parise che fece epoca, L’eleganza è frigida sui viaggi di Marco alla scoperta proprio del Giappone, così vicino e così lontano.
Alla fine un consiglio: andate a Okayama, infinitamente più armoniosa, di una bellezza estatica, rispetto alla caotica e spesso commercialmente sgraziata Kyoto, compressa tra modernità e l’antico rifatto ad uso turistico (salvo naturalmente le oasi di templi e giardini), ma da Okayama, come base, poi potrete andare dove vi pare. Ogni viaggio, qualcuno ha detto, si vive tre volte, io penso che non si smetta mai di viverlo.