Sulla Transiberiana – E il treno va…

Veduta dal finestrino della Transiberiana

9 /10 luglio – Nello scompartimento ho anche un televisore dove si possono guardare film, ma non si fa certo la Transiberiana per questo; il miglior film è fuori dalla finestra, la campagna sembra uguale ma non è così, cambia il cielo, mutano i colori, se non la vegetazione. Non si vedono molti animali, con tutto lo spazio che hanno, perché dovrebbero avvicinarsi alla ferrovia? mi dicono. Qualche cavallo solitario, mucche, radi uccelli.

Approfitto per leggere informazioni di storia, botanica, geografia e tanto altro sui territori che stiamo attraversando. Il tempo scorre lento, in un’altra dimensione. Sento i cambiamenti dei fusi orari soprattutto a sera tardi, quando non avrei mai voglia di dormire. Ormai la situazione temporale è fuori controllo, doccia alle dieci (ma che dieci?), colazione dopo, pranzo si salta e cena quando ci pare… Siamo fusi dai fusi…

 

Lungo la ferrovia ci sono pilastrini con numeri, 1, 2, 3… contano le centinaia di metri per arrivare a una tabella che ad ogni chilometro fornisce la distanza da Mosca.

Questo viaggio aiuta a relativizzare le misure. Ricordate che a scuola avete imparato che il Volga è il fiume più lungo d’Europa? Ma qui, nella vastità asiatica, ce ne sono di ben più lunghi come l’Irtish, l’Ob, lo Yenisei e l’Amur, per citare solo quelli che s’incontrano.

 

Cappella di San Nicola, Omsk.

Arriviamo ad Omsk (dove Dostoevskij fu esiliato nel 1849) e abbiamo il tempo per visitare la stazione, una delle più belle della Russia, architettonicamente e per il raffinato arredamento, lampadari, marmi, sale di attesa, anche con televisori sintonizzati, quando arriviamo, sulla coppa d’Africa, da una parte, e su un film dall’altra.

Particolare non trascurabile la cappella dedicata a San Nicola che ci riporta alla gloriosa tradizione della religiosità ritrovata in epoca post-sovietica, ospitata proprio in questi luoghi di transito e, prima della Rivoluzione, persino sui treni. Ogni elemento è curato e conservato con eleganza.

 

Stazione di Barabinsk.

 

Un bel tramonto ci accoglie a Barabinsk. Le fermate servono anche per cambiare locomotiva, ad ogni compartimento regionale la sua e a volte se ne trovano dismesse, in esposizione. Si ha anche l’occasione di osservare il treno su cui viaggiamo, le decorazioni, la storia che è narrata sulle sue fiancate. Venditori da marciapiede cercano di rifilarci di tutto, dal pesce essiccato a pupazzetti di peluche, meglio non farsi tentare.

A proposito del nostro treno, non ho trovato quella multiculturalità che mi aspettavo. Qualche russo, pochi stranieri, famiglie, giovani, coppie. Indagherò.

 

Intanto, con qualche rallentamento, abbiamo raggiunto, di notte, Novosibirsk, chilometro 3332, circa un terzo del viaggio, splendida anche qui la stazione che avevo visitato con la Transmongolica del 2015.

Quando da voi è buio pesto, qui è già mattina. La temperatura si sta leggermente alzando, oltre i venti gradi, ma il cielo è spesso imbronciato. Mariinsk, una volta fiorente città industriale, oggi le fabbriche sono chiuse e la stazione appare deserta. Mi crogiolo nel risveglio e non scendo.

La tappa successiva, Krasnoyarsk (4098 km) viene raggiunta nel pomeriggio, tra lentezza e arresti improvvisi, con un paio d’ore di ritardo (dov’è finita la proverbiale puntualità della Transiberiana?). Pioviggina ma l’aria è tiepida, avrei voluto vedere il mosaico di epoca sovietica appena fuori dalla stazione, ma il tempo di fermata da venti minuti è stato ridotto a quindici. È troppo rischioso, non voglio complicarmi la vita, se il treno dovesse partire senza di me… Una passeggiata lungo i binari e si ritorna in carrozza. Adesso siamo nel pieno della taiga che scorre eternamente davanti ai nostri occhi. Fra non molto il nostro orologio andrà ancora avanti di un’ora. Tre orologi: 11.12 la vostra, 12.12 quella di Mosca, 16.12 quella Transiberiana, di quando ho finito di scrivere questo testo.

3. Continua

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