Teatro Paravento: “Piccoli passi” e una storia che è sempre la stessa

È approdato al teatro Foce di Lugano la creazione del Teatro Paravento, Piccoli passi che fa parte di quella Trilogia della lontananza che include anche Jemmy Button e Il Winnipeg, quest’ultimo lavoro visto nella stagione autunnale del Foce (i nuovi spettacoli debuttano infatti nella sede locarnese della compagnia, prima di approdare nel Sottoceneri).

Piccoli passi va benissimo anche per piccoli spettatori (dai 12 anni) e lo spunto originale è intelligente. Si parla di emigrazione, un tema che, di questi tempi, pare interessare molto pure il nostro teatro più impegnato, alla ricerca di risvolti sociali. Quando si affronta l’attualità dell’argomento, rispetto a reazioni ostili, spesso si chiama in causa il passato più o meno recente e che riguarda una umanità sempre in cammino. Di fronte a chiusure ed egoismi, mancanza di generosità d’accoglienza e compassione, si ricorda che tutti noi siamo stati emigranti o discendenti di emigranti e che fa parte del nostro essere lasciare i propri luoghi dove, per infinite ragioni, non si può più vivere e, affrontando abbandoni e rischi, cercare di trovare situazioni di esistenza migliori. È sempre stato così. Per metterci davanti all’evidenza di questo semplice concetto, l’autore e regista storico della compagnia, Miguel À. Cienfuegos ha immaginato la storia di due bambini, diversi per epoca ed origine, ma molto simili per tutto il resto, dei simboli, uno fa parte della nostra storia, uno spazzacamino dell’800, l’altro è un bambino africano dei nostri giorni, le due vicende trascorrono parallele, narrate dalle attrici Luisa Ferroni e Laura Zeolla che un po’ interpretano i protagonisti e altri personaggi, un po’ muovono due pupazzi, utilizzando anche i cilindri, scatole colorate, che compongono la scenografia. Giacomo e Nadir, l’uno, pelle bianca e vestito nero, l’altro pelle nera e vestito bianco. Ma i colori si confondono quando, per il suo lavoro, Giacomo diventa nero, così come qualcuno può cercare di pulire la faccia di Nadir. Li accomuna anche l’acqua, per uno il vasto mare, per l’altro, il Lago Maggiore, ma comunque fonte di tragedie e annegamenti. Così si racconta il travagliato viaggio di Nadir, per camion stipati e per deserti tra la crudeltà dei trafficanti e quello di Giacomo che diventa proprietà del suo padrone: grazie all’essere piccoli e magri i bambini venivano sfruttati, utilizzati per arrampicarsi all’interno dei camini, pulirli per un tozzo di pane. Ciascuno farà le sue esperienze con la gente che li tratterà male e con gente che dimostrerà un minimo di gentilezza e pietà. Poi succede ciò che solo la fantasia può far accadere a teatro. Durante una notte fantastica, i due ragazzini s’incontrano, attraversando le epoche, parleranno della loro vita, così distante ma così simile, dei loro costumi, danze e canti popolari, dei giochi che appartengono ai propri paesi. I riferimenti sono documentati e storici, porti con immediata semplicità, senza particolari pretese di raffinatezza, ma con una impronta didattica che, pensiamo, potrebbe viaggiare benissimo tra le scuole. Poco pubblico, purtroppo, sabato sera, ma si replica questa sera, sempre al Foce di Lugano (ore 20.30).

Manuela Camponovo

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