Transiberiana immaginaria
Possedevo se non altro, una carta geografica; era appesa alla parete del mio studio e lì, finché ne avevo voglia, potevo correre per il vasto mondo con la punta dal naso e del dito. (Robert Walser, La passeggiata)
Ogni viaggio si compie almeno tre volte (o si dovrebbe): prima con l’immaginazione, quando s’inizia a pensarlo, a desiderarlo; la seconda quando lo si fa, si parte realmente; la terza quando, una volta tornati, lo si archivia nei ricordi.
Ora, per quanto riguarda un percorso impegnativo che ho intenzione di intraprendere magari nel corso dell’anno prossimo, sono ancora nella fase iniziale: la Transiberiana. E mi dicono: l’hai già fatta, la vuoi rifare di nuovo? No, io ho fatto la Transmongolica, Pechino-Mosca, che si svolge, è vero, in parte, su quel mitico tracciato, ma non ho fatto quella che ho chiamato l’autentica, la storica linea ferroviaria, Mosca-Vladivostok, la più lunga del mondo con i suoi 9.288 chilometri, divisa in un 19,1% territorio europeo e un 80,9% asiatico. Arriva fino al Pacifico, ma la mia follia immaginaria mi porta al punto di pensare che, una volta arrivata a destinazione, potrei prendere una nave, attraversare quel tratto di mare, e approdare sulle coste giapponesi…
C’è anche un’altra differenza per me sostanziale: la Transmongolica l’ho compiuta con un treno e un programma turistici, con tappe e organizzazioni previste. Adesso voglio fare un diverso tipo di esperienza che ritengo più immersiva, personale e contemplativa. Anche per la storica Transiberiana c’è un’offerta di tour che dura una quindicina di giorni e la cui tabella di visite non si discosta molto da quella che ho già fatto, Baikal compreso: scrivono, tra l’altro, che la temperatura del lago più profondo del mondo non supera mai i 10 gradi; sulla mia guida c’era scritto 14 gradi e quando ho fatto il bagno ce n’erano almeno 22!
Se invece il viaggio si compie senza scendere dal treno, la durata è di circa sei giorni. Sei giorni in treno, senza mai scendere? E già qui iniziano a guardarmi con allarmato sospetto. Ma cosa fai tutto il giorno? Mi dicono. Perché viviamo in un’epoca che ha orrore del vuoto e che deve riempire ogni attimo del tempo, epoca del fare, del muoversi continuativamente. Per questo sono anche così poche le persone che trascorrono ore a leggere. Il computer è già più azione, anche se si sta seduti e ormai pure sui treni si vede gente immersa freneticamente nelle operazioni da schermo. Ma sul treno ci sono un sacco di altre cose che si possono fare, quasi tutto quello che si può fare a terra e se il convoglio è abbastanza lungo si può anche passeggiare. E poi ci sono le fermate, dai venti minuti alle mezzore, e si può scendere a sgranchirsi le gambe e a guardare le stazioni che, in Russia, sono quasi sempre edifici particolarmente interessanti.
Ma quando andare, in che stagione? Per un attimo, devo dire, mi ha tentato l’idea dell’inverno: la Siberia come tutti l’abbiamo immaginata, una coltre a perdita d’occhio di purezza bianca, visionaria, come quella descritta da Pasternak e di cinematografica memoria. Ma già sono un tipo freddoloso: quando tutti gli altri boccheggiano dal caldo, io sto benissimo, il gelo invece mi terrorizza e quelle sono terre che già adesso si trovano parecchio sotto zero, poi le giornate sono corte, arriva buio presto e addio contemplazione dal finestrino e una volta arrivata non potrei godermi nemmeno qualche passeggiata e dovrei rinunciare anche all’idea della tappa giapponese.
Per tutti questi motivi, ho fatto presto a decidermi: sarà in estate o al massimo ad inizio autunno. L’idea è di fermarmi anche qualche giorno a Vladivostok; a Mosca, tanto per cambiare, ci arriverei pure in treno. Lo sapete che c’è una comodissima e anche di successo linea Nizza-Mosca? Che passa per Milano e Verona?
Come si prepara un viaggio così? Avendo le idee ben chiare, qualche guida cartacea, internet con parsimonia, i consigli e le prenotazioni di un’agenzia locale… E leggendo, leggendo molto. Naturalmente con una carta geografica che risulterà consunta dallo sguardo… È magico il momento in cui l’itinerario tante volte seguito sulla carta diventa reale e praticabile, nel momento in cui si è lì e sembra di essere ancora in un sogno. È la ragione per cui, sullo Zarengold, il treno della Transmongolica, una delle nostre attività preferite, di noi passeggeri, era di contemplare la cartina geografica appesa nel nostro vagone e notare i progressi del viaggio, in quella vastità inconcepibile.
Insomma vi ho portato nel laboratorio segreto di una viaggiatrice, non una turista, ben inteso. E se vi ho incuriosito almeno un po’, sappiate che fra poco uscirà un libretto con il mio racconto della Transmongolica, dall’editore Alla chiarafonte di Viganello, quella terza fase, di cui vi dicevo all’inizio. Quindi sono sempre sospesa tra immaginazione, azione del viaggiare e memoria. Che è il modo migliore per non sprecare il proprio tempo e farlo fruttare tre volte!