Trilogia del viaggio – Le esperienze di Andrea Bocconi

Andrea Bocconi, psicoterapeuta, scrittore di viaggio e schermitore.

Secondo appuntamento della Trilogia del viaggio (la relazione del primo è pure disponibile online), evento organizzato da Rete Due e Scuola Club Migros Ticino, nella cui sede luganese si è svolto ieri l’incontro. Davanti ad una nutrita platea, seduti su un divanetto rosso, Sandra Sain, produttrice della nostra radio e il suo ospite, Andrea Bocconi, scrittore di viaggio ma non solo (ricordiamo almeno il libro, con Claudio Visentin, In viaggio con l’asino), psicoterapeuta, molto orgoglioso di essere anche uno schermitore.

La conversazione, intitolata Viaggio e cambiamento – Perdersi, ritrovarsi, crescere, stimolata dalle domande di Sain, ha avuto in realtà come centro il racconto delle esperienze di Bocconi, seminate da qualche gustoso aneddoto.

Come si diventa viaggiatori? Con genitori e 700 chilometri in auto, lunghi e faticosi, che, partendo dalla nativa Lucca, lo portano a scoprire un’altra costa, costiera, quella amalfitana… e con un padre marinaio dalla valigia sempre pronta… E il primo viaggio, l’epifania, quello che non si scorda mai? Naturalmente, il primo senza la famiglia, lui di diciassette anni e gli amici diciottenni, in auto, in Europa, proprio l’anno dell’invasione della Cecoslovacchia, ma loro hanno deciso di scegliere la Jugoslavia… I viaggi fondamentali, formativi, sono quelli però che non si ricordano, ha sottolineato Bocconi, la nascita, le prime esplorazioni del bambino che va gattonando, che va avanti ma si volta anche indietro per assicurarsi che ci sia la mamma, riproducendo la dinamica del viaggio, misto di istinto di conoscenza e di stabilità e sicurezza.

E oggi, che il mondo è diventato così piccolo, con le nuove tecniche, i droni che ci fanno vedere tutto, che senso ha viaggiare? Ci sono ancora posti da scoprire, anche vicino a casa, basta scegliere percorsi alternativi, spostarsi, sia che si tratti della casalinga Lucca o dell’esotica Bali, occorre superare la pigrizia mentale di andare dove vanno tutti… È il concetto espresso.

E anche la brava Sain è arrivata alla domanda delle domande: turista o viaggiatore? Il primo guardato con una certa sufficienza, persino disprezzo, dal secondo… La differenza che riguarda non la meta ma il modo di viaggiare? Per il “nostro” evidentemente non è una questione di snobistica cultura: quello che torna da una meta lontana e afferma «ci siamo fatti l’Iran» è un turista, mentre la sua parrucchiera che con mente magari ingenua ma occhi freschi racconta la “sua” Parigi, quella è una viaggiatrice. E poi andando più in profondità, la vera questione è il rapporto con il tempo: non visitare in 48 ore Lugano ma dedicarle anche 4 o 5 giorni, per esplorare zone inedite, diverse, periferiche. Per lui il polso di un luogo lo si prende nella bottega di un barbiere o sedendosi su una panchina, ad esempio. Viaggiare è anche scegliere e allora ecco il rimpianto di non essersi fermato in Ladakh, di non aver accolto l’offerta di ospitalità in una fattoria, perdendo un’occasione straordinaria… A proposito di tempo, si parla anche della montagna, dove si misurano le distanze a piedi, in maniera organica, con tutti i sensi aperti, allerta, un modo per mettere il tempo in armonia con lo spazio…

Cosa cerca nel viaggio? Altro interrogativo fatale… Innanzitutto un divertimento, poi mettere alla prova i sensi, mettersi in relazione con un bisogno o una dipendenza… Esserci pienamente (cosa che non avviene in un ambiente divenuto troppo famigliare, abitudinario…), sviluppare dunque la curiosità di capire, d’incontrare persone diverse. Una recente statistica dimostra che il 20 per cento di ciò che ricordiamo sono esperienze di viaggio, perché appunto siamo più presenti (aggiungiamo noi: anche Thomas Mann, a proposito della Montagna incantata, affermava che, contrariamente a quanto si crede, il tempo della noia, ripetitivo, quello della routine, è un tempo breve, perché privo di spessore, di eventi da ricordare…). Il piacere dell’avventura dunque, dell’incontro inaspettato, come in India, quando alla stazione degli autobus, Bocconi è stato importunato da un folle che straparlava e voleva abbracciarlo ma che poi, saputo dove voleva andare, lo ha guidato all’autobus giusto…

Gli scopi del viaggio possono mutare nel corso della vita: oggi, egli afferma, «m’interessa viaggiare per fare, non per vedere», cioè per collaborare a progetti educativi, come Los Quinchos in Nicaragua, lavorando con i bambini del luogo, quelli che vivevano in strada, frugando tra l’immondizia per sopravvivere, ma grazie a questo progetto creato da una professoressa sarda, Zelinda Roccia, oggi abitano in una fattoria, vanno a scuola, imparano un mestiere.

Il viaggiatore è dunque un umanista? Per Bocconi, in effetti, contano le persone, in un confronto con le proprie diffidenze, come quando nella metropolitana di New York, superando le paranoie, ha chiesto informazioni a degli adolescenti neri… Viaggiando, non solo si sconfiggono i pregiudizi, ma anche quelli degli altri nei nostri confronti, qui si è inserito un buffo episodio alle isole Fiji, dove la popolazione del luogo lo ha praticamente costretto ad andare in chiesa (sull’altare l’animale tabù, un polpo in plastica) e persino a tenere un discorso, come ospite straniero!

E a proposito della Scuola del Viaggio, creata dall’amico Claudio Visentin, Sain chiede: Si può imparare a viaggiare? Come qualsiasi tecnica, come disegnare, si può insegnare a viaggiare e a raccontare, perché scrivere è anche terapeutico. E poi ancora, quando si viaggia in coppia, è una prova di resistenza del rapporto, il viaggio. E gli stanziali? Hanno molte frecce al loro arco, è certo che viaggiando non si risolvono i problemi, ci si porta dietro le proprie angosce, è comunque un lavoro duro, si cambia identità, non si è più gli stessi. Infine, può essere un ritrovarsi, viaggiare è raccontare, ascoltare, guardare e anche leggere. L’importante, sembra di aver capito, è che qualsiasi cosa si faccia, la si compia con una buona dose di consapevolezza.

Aspettiamo la primavera per il prossimo e ultimo appuntamento di questa Trilogia: il 21 marzo, sul tema Io viaggio da sola – Storie di donne, protagonista Alessandra Beltrame, in dialogo con Barbara Sangiovanni, responsabile della formazione della Scuola Club Migros, nel cui atrio si terrà l’incontro, alle ore 18.

Manuela Camponovo

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