Una divertente lezione introduttiva al Festival delle marionette

Una sorta di “ouverture” propedeutica ha inaugurato oggi il Festival internazionale delle Marionette, dopo l’ironica gag del taglio del nastro offerta da Michel Poletti, il “patriarca” della manifestazione come lo ha battezzato Daniela Ferrari che appartiene alla quarta generazione della storica compagnia di burattinai. Propedeutica proprio perché l’animatrice ha proposto un percorso narrativo e dimostrativo tra le tecniche, le manipolazioni, i nomi che hanno fatto la storia di questo genere teatrale. Non solo cronologico, anche se si è iniziato con le ombre create dalla mano, quelle cinesi, ma soprattutto con le silhouette thailandesi e giavanesi, fino a toccare il comico greco di Atene. Spiegata poi la differenza tra morbidi fantocci a guanto, mossi dal basso, e i pupazzi, i cui movimenti sono prodotti da tre persone invisibili, nel buio, che li sorreggono e spostano gli arti, facendogli fare qualsiasi cosa. Personaggi che con l’avvento della televisione hanno conosciuto una fama internazionale, come Topo Gigio o protagonisti di trasmissioni come Bim Bum Bam che ha segnato un’epoca e lanciato Bonolis e Licia Colò. Tra le marionette ecco un cimelio ottocentesco e vari esempi di tecniche, dalle più complicate con numerosi fili, a quelle più semplici che riesce a far camminare anche un marionettista per caso, come un volontario (e coraggioso) spettatore munito (lui) di stampelle. Passando per la marionetta di Holden che porta la flessibilità all’estremo della separazione di pezzi del corpo, testa, tronco, gambe. Senza dimenticare quell’area a sé rappresentata dai pupi siciliani, pesantissimi con le loro fedeli armature e operanti nel clangore metallico dei loro combattimenti realistici. E poi naturalmente si entra nel regno dei burattini, quello classico dei Ferrari, un capo, le mani che possono fare tutto come le nostre e un corpo… che non esiste, essendo solo un sacco di stoffa nel quale s’infila il braccio del marionettista. E qui si è aperta la carrellata di maschere della Commedia dell’arte, ciascuna delle quali ha dato un assaggio di sé e del proprio dialetto, a partire da quella più famosa, Pulcinella e via tutte le altre, in un tour regionalistico d’Italia, per terminare con la coppia proprio a Parma, la città dei Ferrari, Fasolino e Sandrone. Una tecnica a parte è anche quella della luce nera che permette di creare suggestive e poetiche immagini, mosse nel buio, fiori, ranocchi, farfalle. Qualche incursione anche nelle produzioni e invenzioni della Compagnia, come il lupone enorme in cui uomo e pupazzo diventano una cosa sola. L’unico neo, nella prima parte soprattutto, era il sottofondo musicale, affatto sottofondo, il cui assordante volume rendeva molto faticoso l’ascolto contemporaneo delle parole di Daniela Ferrari che presentava le diverse tecniche e i vari personaggi. Voce della verità lo ha anche detto una delle due ragazzine che sono arrivate sul palco, anche loro a chiamata volontaria, per offrire una dimostrazione di manipolazione di un fantoccio.

Ma adesso, dopo La storia di burattini, Ombre, Marionette dei Ferrari, si è pronti per assistere a qualsiasi spettacolo. Come al solito avvio un po’ in sordina per il festival, complice il tiepido clima quasi da fine estate, ma domani da non mancare, al mattino (ore 11) la versione di un classico fiabesco, I vestiti nuovi dell’imperatore del Teatro Glug (dai 4 anni) e nel pomeriggio, alle ore 16, sempre al Teatro Foce di Lugano, Personaggi misteriosi di Roberto White (dai 5 anni)

Manuela Camponovo

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